Preti, celibato, Chiesa

Una comunità che non vede un prete da 18 anni

“La maggioranza delle comunità cattoliche nella foresta può fare l’eucarestia una volta all’anno, varie ogni  tre, quattro, cinque anni. Ho celebrato in una comunità di 40 famiglie: erano 18 anni che non vedevano un prete. Li ho raggiunti dopo due giorni di viaggio: un volo su un Piper, sei ore di jeep e otto di motoscafo”.

È un passaggio di una intervista che il vescovo nativo di Bergamo Eugenio Coter ha rilasciato al “Corriere” del 14 dicembre scorso. Eugenio Coter è vescovo di Pando, nella foresta amazzonica boliviana. La sua diocesi è grande come un terzo dell’Italia, con tredici (diconsi tredici) sacerdoti, 260 mila fedeli, 500 comunità.  L’intervista riguardava il celibato dei preti, tornato in auge anche con il pasticcio del libro sul tema, con il contributo non autorizzato di Papa Benedetto.

La “cosa” più importante è l’Eucarestia. Più importante anche del celibato

Tra le tante cose dette e da dirsi su questo tema, bisognerebbe tornare a una specie di graduatoria di importanza degli elementi in gioco. Si continua ad affermare che l’eucarestia, per una comunità cristiana, è fondamentale. Si continua a dire, infatti, che “la comunità fa l’eucarestia”. Ma si aggiunge anche, subito, che è ”l’eucarestia che fa la comunità”. Soprattutto nella tradizione cattolica e ortodossa – molto più che in quella protestate, dove il ruolo della “Parola” è molto enfatizzato – l’eucarestia è al cuore dell’esperienza comunitaria cristiana. È il cuore, ma molte comunità sono senza cuore. Il caso  citato da Eugenio Coter è emblematico. Ma si hanno notizie di preti francesi titolari di decine di parrocchie o di preti italiani che si affannano a celebrare 4, 5, 6 messe nella stessa domenica. Dunque aumenta il divario fra le ancora numerose comunità cristiane e i sempre meno numerosi preti. E si arriva o a negare l’Eucarestia o a banalizzarla con liturgie seriali celebrate da preti affannati.

Non si dà la moglie ai preti ma l’eucarestia alla Chiesa

Di fronte a questo dato, semplice e scoraggiante, bisogna tornare alla altrettanto semplice, ovvia graduatoria di valori si cui si parlava. E cioè: per la Chiesa è molto più importante l’eucarestia che il celibato. Se la Chiesa deve scegliere di lasciar perdere l’eucarestia per salvaguardare il celibato vuol dire che qualcosa non va. Perché, di semplice primo acchito, dovrebbe essere il contrario a funzionare: lasciar perdere il celibato per salvaguardare l’eucarestia.

In effetti, se vogliamo essere semplici fino all’estremo, si deve ribadire che non si tratta di dare la moglie ai preti, ma di dare preti alla Chiesa.  E questo, vale la pena ripeterlo, è molto più importante della stessa istituzione del celibato.

Banale ragionare in termini di maggiore o minore importanza? Forse. Ma, stabilito questo dato di base che, proprio perché di base, non si ama molto ricordarlo, si può poi procedere a ragionare un po’ più a fondo. Si deve allora ricordare, tra le altre cose, che se si ordinano degli uomini sposati non si elimina il celibato, che il celibato è della Chiesa latina e che nelle Chiese orientali cattoliche e unite al Papa, i preti si sposano, che il celibato obbligatorio per tutti i preti è relativamente recente… Eccetera eccetera…

Insomma la Chiesa cattolica senza celibato obbligatorio per tutti i propri preti può vivere e può vivere bene. Ed è importante ricordare che negare il celibato obbligatorio non è negare né la Chiesa, né i sacramenti, né tantomeno il Vangelo. Anche questo è banale, ma è importante almeno quanto è banale.