Francesco, Chiara e la presenza dello Spirito Santo

Mi chiedo che ruolo abbia nella vostra spiritualità di matrice francescana lo Spirito Santo… Si parla molto di Gesù, della sua umanità, della croce… Ma, mi sembra, relativamente poco dello Spirito Santo. Mi puoi dire qualcosa? Grazie. Lucia

Carissima Lucia la tua richiesta mi permette di offrirti qualche considerazione sull’importanza che lo Spirito del Signore ha nella spiritualità francescana.

Lo Spirito Santo nel cuore della Chiesa

La presenza dello Spirito è fondante la vita cristiana del singolo e della Chiesa poiché è Lui che guida e ispira. E’ lo Spirito del Signore che continua nella storia l’azione di Cristo sino alla parusia. Mi pare che nel nostro tempo la consapevolezza della sua importanza nella vita cristiana per tanti uomini sia sconosciuta, e più valorizzata dai gruppi carismatici.

In Francesco e Chiara d’Assisi la presenza dello Spirito è un aspetto centrale della loro esperienza credente. Avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione è ciò che sopra ogni cosa il credente deve desiderare: essi hanno infatti compreso che non c’è esperienza di vita cristiana se non sotto l’azione dello Spirito ricevuto nel Battesimo. Solo sotto la sua ispirazione noi possiamo chiamare Dio “padre” e vivere da suoi figli e fratelli tra di noi.

Francesco e Chiara guidati dallo Spirito

Francesco e Chiara sono testimoni che la loro conversione, il loro commiato da ciò che ha valore per il mondo e la loro nuova vita, sono dovuti allo Spirito. Guardando retrospettivamente alla loro vocazione vi riconoscono la sua guida. Tale testimonianza è così forte che nella prima parte del loro Testamento riconducono tutta la loro esperienza all’azione divina.

Lo Spirito è colui che forma uno sguardo credente e permette di fare il passaggio dal vedere al vedere e credere: ad esempio, vedere l’Eucarestia e credere che è la presenza di Cristo. Questa presenza operante dona uno sguardo spirituale che pervade tutta la vita e fa cogliere la presenza del Signore in ogni cosa, nella Parola, nel creato, nelle creatura. Il credente è colui che impara ad acquisire uno sguardo nuovo, quello della fede: vede oltre ciò che si presenta ai suoi occhi, e rilegge la sua vita e la storia non come una serie di eventi insignificanti, ma come storia di salvezza. Lo Spirito è quindi colui che è l’anima del credente!

Nell’esperienza di Francesco l’ascolto del Vangelo segna i momenti di passaggio fondamentali della sua vita: alla Porziuncola, quando giungono i primi compagni, e alla Verna, alla fine della vita. Quando ha bisogno di “ispirazione” (cioè di Spirito!) Francesco si rivolge al Vangelo, alle “sante parole che danno Spirito e vita”. La preghiera di Francesco e di Chiara si presenta come preghiera sempre intessuta di Parola di Dio: la scrittura e il luogo per attingere lo Spirito è dunque la vita, guardata con gli occhi di chi riconosce che ogni bene viene da Dio e non da noi. In una Ammonizione Francesco afferma che “il vero servo di Dio è colui che non si inorgoglisce del bene che fa ”.

In questo riconoscimento dell’azione di Dio nell’esistenza si può attingere lo Spirito del Signore. Era stata, in fondo, l’esperienza di Francesco che nell’incontro col lebbroso, riconosce un “passaggio” fondamentale di Dio, il luogo in cui attingere lo Spirito del Signore. Per avere lo Spirito del Signore i nostri due santi ci dicono che bisogna anche attuare una dimensione ascetica, una lotta spirituale che dura tutta la vita e che sconfigge la tendenza ad assecondare lo spirito dell carne.

Non spegnere lo Spirito che anima ogni evento della vita

A questa dimensione ascetica possiamo anche collegare la cura nel non estinguere “lo spirito di orazione e devozione, cui tutte le altre cose devono servire”. Essi ci fanno capire che un serio rischio è connesso con le attività che svolgiamo e, per questo, occorre porre una gerarchia delle nostre occupazioni, poiché tutto può essere fatto per Dio e non per assecondare il nostro io.

Da notare che a spegnere lo Spirito non sono necessariamente cose cattive, ma anche realtà buone come il lavoro, l’insegnamento della teologia, o altre opere o aiuti. Nessuno può “guadagnarsi” lo Spirito: è un dono dall’alto, che noi possiamo solo accogliere. Così nel Testamento, Francesco rilegge la sua esperienza con il ritornello:”Il Signore mi diede…il Signore mi rivelò…”, nella chiara consapevolezza che il soggetto è il Signore, non Francesco.

Il “luogo” in cui agisce lo Spirito, in cui lo possiamo incontrare, è dunque la vita. È l’insegnamento della Lettera a un Ministro: Francesco ricorda a questo frate che “tutto è grazia”, anche le difficoltà e le incomprensioni dei fratelli: nella vita bisogna riconoscere l’azione dello Spirito del Signore in ogni evento, lieto o triste.

Ecco cara Laura alcuni accenni a per dire quanto sia fondante per la spiritualtà francescna la presenza dello Spirito, ma la spiegazione più bella è nella vita dei nostri santi che, docili alla sua santa operazione, hanno lasciato una testimonianza luminosa di Vangelo che ha oltrepassato i secoli al punto che ancora oggi molti guardano a loro per alimentare e sostenere la loro vita cristiana.