Gaetano Donizetti, messa da requiem, per ricordare. Presente Mattarella

Racconta Ovidio, nelle «Metamorfosi», come Orfeo, disceso agli inferi, avesse addolcito, col suono della propria lira e la voce del proprio canto, persino Ade e Persefone. Un miracolo, quello di dare forma alla sofferenza e vincere la morte, concesso solo alla musica e, in generale, all’arte.

È questa la convinzione che, il 28 giugno, animerà la Messa da Requiem di Gaetano Donizetti, che, in ricordo delle vittime del Coronavirus, verrà eseguita davanti a uno dei luoghi simbolo di questi ultimi mesi: il cimitero Monumentale di Bergamo. Un’iniziativa congiunta, promossa dal Comune di Bergamo e dalla Fondazione Donizetti Opera, che verrà trasmessa, in diretta, su Rai 1 e che vedrà la presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Il dolore delle molte separazioni, l’idea di riprendere la Messa da requiem

«L’esperienza del virus mi ha colpito molto, come, del resto, ha colpito tanti altri bergamaschi – afferma Francesco Micheli, direttore artistico del Festival Donizetti Opera –. A partire dall’8 marzo, dopo aver dovuto, fra l’altro, rinunciare a due progetti professionali molto importanti, mi sono chiuso nella mia casa a Milano. Quotidianamente, però, mi giungevano notizie di persone care che, inevitabilmente, morivano in ospedale, in solitudine. Più di dieci le persone che ho perso, fra cui mio cugino Giovanni e Irma, amica alla quale ero molto legato. Quando pure mia zia mi ha lasciato, il dolore si è fatto profondo. Il pensiero che tutte queste persone fossero morte in solitudine, senza che parenti e amici avessero potuto, attraverso il rito funebre (momento fondante della civiltà), salutarle in modo dignitoso, si è fatto in me insostenibile».

Un sentimento negativo, fonte di frustrazione, che viene arginato, però, proprio grazie al genio donizettiano: «In occasione del 10 aprile, ovvero venerdì Santo, si era deciso, assieme al Comune di Bergamo, di rendere omaggio alle vittime dell’epidemia – spiega Micheli –, rendendo disponibile, sui vari canali social, la registrazione audio della Messa da Requiem di Gaetano Donizetti, nell’esecuzione realizzata, nel 2017, nella basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo e diretta da Corrado Rovaris. La trasmissione di questa registrazione mi ha fatto quindi sorgere un’idea: perché non riproporre il Requiem, così da commemorare, con una cerimonia collettiva, i morti causati dalla pandemia di Coronavirus?

L’incredibile bellezza del capolavoro donizettiano

Questa composizione, scritta da Donizetti nel 1835 per la morte di Vincenzo Bellini ed eseguita, per la rima volta, nella basilica di Santa Maria Maggiore, il 28 aprile del 1870, è, infatti, di una bellezza incredibile. Poco nota, forse, perché meno metafisica rispetto al Requiem di Mozart, meno teatrale rispetto a quello di Verdi e meno struggente di quello di Fauré, ma, indubbiamente, non meno emozionante».

Il 28 giugno, a dirigere l’orchestra (composta da oltre cento elementi), ci sarà Riccardo Frizza (direttore musicale del Festival Donizetti Opera); di fama internazionale il cast di interpreti, come Eleonora Buratto (soprano), Annalisa Stroppa (mezzosoprano) e Piero Pretti (tenore). Protagonisti della cerimonia, alla quale parteciperanno i 243 sindaci del territorio bergamasco, saranno il coro e il primo dei due bassi, Alex Esposito.

Una messa corale, il basso canta a nome di tutti

«L’idea è quella di una vera e propria messa corale – illustra Micheli –, in cui, a farla da padrone, sarà il coro (diretto da Fabio Tartari), concepito come immagine della comunità bergamasca, come se ci si trovasse in una chiesa di campagna, in cui le varie voci si fondono, sapientemente, in un unico flusso di parole e suoni, in modo, così, da suggerire l’idea di una collettività atterrita e attonita, che si stringe a sé.

Di solito, nei requiem, primeggia il solista (soprano o tenore), dalla voce acuta e luminosa, qui, invece, emerge il basso che, con una voce un po’ oscura (da seconda fila, se così si può dire), fa, semplicemente, un passo avanti e parla a nome di tutti. Donizetti, facendo ciò, vuole dare voce a una persona che appartiene alla comunità. Per questo, il requiem donizettiano può essere definito un’opera da tempi moderni, in cui non è il protagonismo eroico del singolo a riscuotere l’attenzione del pubblico, bensì il sentimento accorato di una società umana, che desidera continuare a vivere».

A ricordo dei seimila morti della comunità bergamasca

Più di seimila i bergamaschi morti a causa del Covid-19 a cui la celebrazione del 28 giugno intenderà rendere memoria. «Bergamo, involontariamente, è diventata, purtroppo, il palcoscenico, tetramente spettacolare, di una tragedia, nazionale e internazionale – spiega Micheli –. La celebrazione non potrà sostituire le esequie mancate, ma si caricherà, comunque, della forza propria dei riti collettivi. Il mondo, del resto, ha estremamente bisogno di azioni rituali, che possano circoscrivere il dolore e alimentare la speranza.

Salutando le vittime dell’epidemia, ci faremo comunità e, come tale, ci impegneremo a guardare avanti, verso il futuro. Se Bergamo ce la farà, tutto il mondo potrà farcela, poiché nessuno è stato così vessato da questa sciagura quanto i nostri cittadini. La musica, ne sono convito, potrà dare una mano».

La musica è nata per rendere udibile ciò che abbiamo dentro

Musica che, come diceva Ezio Bosso, lenisce tutti i dolori. «La musica è nata per rendere udibile ciò che abbiamo dentro, per esprimere ciò che proviamo – dice Micheli –. Il dramma di perdere così tante persone, in così poco tempo, senza nemmeno il passaggio catartico del commiato, ci riempie di un dolore che non ha suono, sordo, a cui è difficile dare voce e forma. Ma la musica è infinita e universale, il più potente mezzo di comunicazione; quale migliore antidoto, ad angoscia e sofferenza, se non, quindi, la grande arte e la grande musica classica?».

Musica che è anche foriera di salvezza. «Diverse persone con cui ho parlato mi hanno confessato di essersi salvate grazie alla possibilità di attingere all’arte, sia che si chiamasse “Donizetti” o “Netflix” – racconta Micheli –. Proprio per questo, dopo aver curato i corpi, bisognerebbe, ora, occuparci delle anime.

Il dolore deve essere accudito. Quello dei giovani soprattutto

A tal proposito, sono molto preoccupato per i giovani: questa esperienza segnerà la loro vita e la loro crescita. E se il dolore, ancora oggi, è la prima forma di conoscenza (capace di forgiare spiriti forti), è anche vero che deve essere accudito. La sofferenza rende la conoscenza (di sé, dell’altro e del mondo) più profonda, ma dove non c’è un magistero che lo affianchi, il trauma muta in tabù e la conoscenza viene, inesorabilmente, soffocata.

Vorrei, dunque, che la musica e l’educazione artistica potessero guidare, il più possibile, gli studenti del nostro territorio». Territorio, quello bergamasco, che il 28 giugno verrà ricordato in tutta la sua bellezza. «Con la regista Rai Daniela Vismara, si è pensato di accompagnare la cerimonia con una serie di immagini – spiega Micheli –, che possano dare testimonianza della terra bergamasca e della laboriosità dei suoi abitanti, mentre, prima del requiem, verrà recitato l’«Addio ai monti» manzoniano, pagina di grande letteratura che mi è sembrata naturale scegliere per un momento come questo.

Appena i sindaci avranno preso posto, inoltre, la porta bronzea della cappella che si affaccia sul piazzale sarà aperta; nel momento in cui il requiem inizierà, verrà chiusa, ma, alla fine, sul libera me, Domine, verrà spalancata di nuovo: un gesto simbolico, affinché le anime dei defunti possano raggiungere, in pace, il cielo. Ma anche l’augurio di un nuovo inizio per tutti coloro che sono rimasti su questa terra».