Luciano, Adriano… Una vita per la Chiesa, in semplicità

Due modi dimessi e significativi di essere credenti

A soli tre giorni di distanza l’uno dall’altro, nelle mie comunità di Grumello del Monte e Telgate, ci hanno lasciato due persone splendide, che hanno donato un amore straordinario alla Chiesa e alle loro comunità. Immagino che entrambi, in questo momento, mi staranno rimproverando perché “punto i riflettori” su di loro, allergici ad ogni tipo di visibilità e centralità, ma spero possano capirmi: sono due uomini che illuminano questo tempo caratterizzato da una fatica nella dedizione, nel volontariato, nel dono di sé (e non solo in questo tempo di Covid, nel quale la paura è comprensibile..), mostrando che è possibile vivere quel passaggio decisivo del Vangelo di Matteo che dice: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.”

Luciano, uscito di Chiesa, partito per il Paradiso

Ho salutato Luciano la scorsa domenica, a Grumello, mentre con le sue stampelle, che da anni erano parte di lui e che chiamava “le sue gambe in più”, usciva dalla Chiesa augurandomi una buona domenica e una buona giornata, come faceva ogni giorno, dopo quella celebrazione con la quale iniziava la sua giornata. La morte lo ha colto all’improvviso, mentre a piccoli passi  tornava a casa. Uscito di Chiesa, è partito per il Paradiso.

Sì, non può che essere là il caro Luciano. Era il primo ad arrivare in Chiesa la mattina, passava a raccogliere i lumini che i fedeli avevano acceso e che si erano consumati nella notte, metteva la sua offerta e ad ogni altare accendeva il suo lumino, prima della Messa. Commuoveva quando, con fatica ma in modo deciso, in occasione delle memorie di santi, passava dalla sacrestia per chiedere al sacerdote: “Don, stamattina facciamo le lodi della domenica della prima settimana?”. E che vocione il suo, nel recitare le lodi e nel cantare, soprattutto ultimamente, in quanto, sentendoci poco, alzava il tono della voce tanto da coprire le altre voci, diventando anche fonte di qualche benevolo sorriso.

La sua vita tutta, caratterizzata dall’amore per la Chiesa e per i bisognosi, è stata una lode a Dio. È stato splendido il gesto delicato di un fedele che, il giorno dopo la partenza di Luciano per il cielo, ha appoggiato su quello che era solitamente il suo posto in Chiesa l’immaginetta con la sua foto e il breviario che lui era solito lasciare tra le colonnine della balaustra dell’altare del Sacro Cuore. Spero, come ha ricordato don Angelo nell’omelia del funerale, che ora possa cantare in eterno, dinanzi al volto del Padre, quelle splendide parole del salmo della Domenica della prima settimana del salterio: “O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia..”.

Adriano, la Chiesa era diventata la sua casa

Insieme con Luciano, il caro Adriano. Per cinquantacinque anni sacrista di Telgate, ha amato la Chiesa come la sua casa, perché ha fatto della Chiesa la sua casa. Ho visto uomini di cinquant’anni, chierichetti ormai quarant’anni fa, di cui diversi oggi lontani dalla Chiesa e dalla liturgia, piangere per la morte di Adriano. Perché? Perché Adriano sapeva voler bene, a tutti. Se c’era una parola buona da dire, qualche lacrima da asciugare, lui c’era, come quando, con la sua bicicletta, nei decenni da sacrista, partiva di scatto dalla ditta Foppapedretti dove lavorava per andare a preparare la Chiesa per i funerali.

LECCO = CHIESA DI CASTELLO – FUNERALI DI VITTORIO CALVETTI – CARDINI – 23-12-2014

Inoltre, era uomo di umiltà straordinaria, unita a una simpatia travolgente. Avendo io i capelli rossi, mi diceva sempre: “Don Alberto, quando mettiamo anche la fascia rossa del monsignore?”; e io gli rispondevo: “Domani mattina alle tre in punto, Adriano. Ne mettiamo una io e una tu. Aspettami se arrivo con un po’di ritardo, visto che faccio fatica ad arrivare puntuale anche alle otto!”. E si rideva.  

La vita di Adriano ci insegna che non serve nessuna fascia rossa o di altro colore, serve solo chi vive come lui, dandosi da fare con tanta fede, umiltà, semplicità, cordialità e uno splendido sorriso. Non serve altro.

Dinanzi a Luciano e ad Adriano, provo tanto dolore per la loro scomparsa, che lascia un vuoto immenso nelle nostre comunità, ma, nel contempo, la loro fede mi aiuta a sperare che il loro esempio ci faccia vincere le nostre resistenze al dono, per continuare ad amare questa Chiesa affaticata, ferita, sporca, ma che custodisce Colui che è il tesoro più grande per la vita di tutti.