Ddl Zan, la nota della Santa Sede richiama il Concordato: “Non c’è volontà di bloccare la legge, ma di rimodularla”

“Non c’è la volontà di boccare la legge, ma una richiesta di rimodulazione della legge per consentire alla Chiesa di agire liberamente sul piano pastorale, educativo e sociale”. È quanto si apprende da fonti vaticane a proposito del ddl Zan, dopo l’articolo pubblicato dal Corriere della sera di martedì 22 giugno che parla della consegna nei giorni scorsi (il 17 giugno) da parte di monsignor Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati per la Segreteria di Stato della Santa Sede di una “nota verbale” all’ambasciata italiana in Vaticano. Si parla del disegno di legge più dibattuto in questo momento, il ddl Zan. La nota, secondo quanto riportato dal Corriere della sera e poi ripreso anche dal quotidiano “Avvenire”, violerebbe “in alcuni contenuti l’accordo di revisione del Concordato”, e più precisamente finirebbe col ridurre “la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato”.

Il portavoce della Santa Sede Matteo Bruni ha in seguito confermato la consegna informale della nota verbale all’ambasciatore d’Italia. Il cardinale Kevin Joseph Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, rispondendo a una domanda nel corso della conferenza stampa di presentazione della Giornata dei nonni, ha manifestato la “preoccupazione della Santa Sede e di ciascuno di noi”.

Sono molte le polemiche innescate dal Ddl Zan sull’omotransfobia, approvato alla Camera e ora in commissione Giustizia al Senato.

Avvenire cita le criticità rilevate nel provvedimento da numerosi giuristi (tra i tanti Cesare Mirabelli Giovanni Maria Flick), “soprattutto sul rischio di sfociare in un vero e proprio reato d’opinione. Un rischio rilevato con due diverse note dalla Conferenza episcopale italiana, che ha invitato le forze politiche presenti in Parlamento ad un dialogo che consenta di arrivare ad una norma che combatta le discriminazioni legate all’orientamento sessuale ma senza comprimere la libertà di pensiero”.

Fra i nodi più discussi c’è la definizione di «identità di genere» contenuta nel ddl Zan, ovvero “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dal l’aver concluso un percorso di transizione”.

“Le pene previste dal ddl – sottolinea Avvenire – potrebbero riguardare anche chi assume posizioni nettamente e aspramente discordanti sul concetto di “identità di genere” e sulle sue applicazioni, ad esempio, dal punto di vista educativo”. Secondo il quotidiano la consegna della nota del Vaticano ha offerto uno spunto per far ripartire il dialogo politico, che appariva arroccato su posizioni “non negoziabili”.

La posizione sostenuta da più voci nel mondo cattolico è quella di rispettare l’unicità di ogni individuo e tutelare da ogni discriminazione senza privare nessuno della libertà di opinione.

Secondo quanto riportato dal Corriere, la nota del Vaticano fa notare che «Alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato». Un passaggio delicatissimo. Questi commi sono proprio quelli che, nella modificazione dell’accordo tra Italia e Santa Sede del 1984, da un lato assicurano alla Chiesa «libertà di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale» (è il comma 1 ); e, dall’altro garantiscono «ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (il comma 2 ). La contesa si svolge, quindi, su un piano squisitamente giuridico, sul piano dei diritti, e in particolare quello d’opinione. “Secondo il Vaticano, infatti – continua il Corriere -, alcuni passaggi del ddl Zan non solo metterebbero in discussione la sopracitata «libertà di organizzazione» – sotto accusa ci sarebbe, per esempio, l’articolo 7 del disegno di legge, che non esenterebbe le scuole private dall’organizzare attività in occasione della costituenda Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia -; ma addirittura attenterebbero, in senso più generale, alla «libertà di pensiero» della comunità dei cattolici. Nella nota si manifesta proprio una preoccupazione delle condotte discriminatorie, con il timore che l’approvazione della legge possa arrivare persino a comportare rischi di natura giudiziaria. «Chiediamo che siano accolte le nostre preoccupazioni», è infatti la conclusione del documento consegnato al governo italiano.