L’identità, il nuovo vitello d’oro. Cultura, politica e antropologia nel dibattito sul Ddl Zan

identità

Sul DdL Zan questo giornale ha già proposto un’opinione, opinabile come tutte le opinioni. Per riassumerla in breve: serve una sanzione penale dei crimini commessi contro omo-transessuali. Si deve intendere come ulteriore e integrativa rispetto a quelle già previste dalla Legge Mancino n. 205 del 25 giugno 1993, la quale punisce frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitamento all’odio e alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Serve una legge? Se è vero che le leggi non creano una nuova etica pubblica, però aiutano parecchio a creare un costume. La repressione introiettata genera un ethos.

D’altronde, ricerche e sondaggi documentano da anni che nella società civile esiste tuttora una forte minoranza, che non riconosce come reati i comportamenti anti-omo/transfobici. E, dunque, esiste nello schieramento politico una minoranza che rappresenta direttamente in Parlamento questa mentalità e che la dilata, le offre voce, per l’appunto, la alimenta per ricavarne consenso elettorale da spendere in ben altre sfere della vita civile del Paese. La società è questa, la democrazia reale è questa.

Le radici di posizioni diverse sull’identità

Perché nella società civile italiana siano così condensati e resistenti/resilienti l’odio e il disprezzo verso tutti i fenomeni LBGTQUIA è stato, a sua volta, oggetto di indagini socio-culturali-antropologiche. 

Al fondo, sta la polarità maschio-femmina come base naturale, fino ad ora, della produzione-riproduzione delle società umane. Per ragioni legate ai caratteri biologici dei due sessi e per la sovradeterminazione di questi rapporti “naturali” ad opera dei rapporti di produzione, questo schema è stato modellato con uno squilibrio massiccio a favore del maschio. Il maschio o la femmina che non stanno in questo schema anathema sint! Che però si è venuto rompendo, non ancora nella sua base biologica – la riproduzione continua ad accadere more solito – ma certamente sul piano culturale. Giovanni Pico della Mirandola aveva sostenuto nel 1486, nella sua Oratio de hominis dignitate, che l’uomo è stato creato come creatore di se stesso: gli è stata data la libertà di diventare ciò che vuole. Non per caso Innocenzo III si irritò moltissimo. Forse per questo il giovane filosofo morì giovane, a 31 anni, avvelenato con l’arsenico? Ma la sua utopia ha fatto parecchia strada. Ora, pare che stiamo conquistando i mezzi tecnico-scientifici per incominciare a percorrerla fino a violare i confini di ciò che finora si è ritenuto “naturale”.

Tuttavia nel profondo della società resta la potenza di quello schema, con tutte le sue sovradeterminazioni socio-culturali. 

Orientamenti culturali e schieramenti politici

Eppure, è proprio nella società civile che si stanno determinando nuovi orientamenti culturali, che muovono dal principio della dignità umana come principio inviolabile e criterio di giudizio dei comportamenti. Conseguentemente, lo schieramento politico, da destra a sinistra, riflette questo cambio. Di fatto si è creata una maggioranza, da destra a sinistra, che converge su questo obbiettivo di base. Come ha detto Salvini, nessuno può essere perseguitato perché ama. 

Ci crede davvero? Lo dice per mettere in difficoltà il PD, barricato attorno al DdL Zan, infarcito di ideologia gender e di propagandismo ideologico? È possibile. Resta, tuttavia, che converge sull’obbiettivo minimo/massimo: quello di sanzionare i comportamenti  omo-transfobici. Sanzionare anche le idee? Qui i giuristi discutono, la Commissione Affari costituzionali della Camera ha fornito saggi consigli e raccomandazioni al riguardo. Se non si precisano i confini penali tra opinioni, propaganda, istigazione, il rischio è di consegnare a ogni singolo giudice la determinazione di quei confini, fino a pregiudicare la libertà di opinione. Fin qui tutto ragionevole?

No! Perché Enrico Letta ha deciso che il progetto di Legge si deve approvare così com’è. 

Le ragioni di una posizione politica ostinata

Restano da comprendere le ragioni di tanta ostinazione, considerato che al Senato una maggioranza non si dà e che anche all’interno del PD le obiezioni siano rilevanti e crescenti.

Le ragioni sono due. 

Una è di pura e semplice manovra politica. Non avendo voluto appoggiare fino in fondo e fin dall’inizio il Governo Draghi e avendo perseguito fino all’ultimo il disegno di un’alleanza con Giuseppe Conte, che si accingeva, all’ombra del semestre bianco, alla guerriglia e agli agguati contro il Governo, Letta si trova ora nella scomoda posizione di chi sta tra la porta e il muro, incapace di entrare, incapace di uscire, la porta essendo Draghi, il muro il passaggio all’opposizione.

Come disincagliarsi? Innalzando la bandiera identitaria della sinistra contro la destra. Mentre Mattarella ha proposto e Draghi ha praticato un governo politico di unità nazionale, dentro il quale ciascuno smussa qualche spigolo, Letta cerca lo scontro, nell’illusione di “farsi vedere”. Ha un bell’accusare la destra di fare manovra politica, utilizzando il DdL Zan.

Sta assumendo simmetricamente la stessa postura. Si tratta di una mossa cinica, perché porta all’omicidio del Disegno di legge, a tutto svantaggio di una categoria di cittadini che pure si proclama con tutta intransigenza di voler proteggere. Fin qui, si potrebbe riconoscere sconsolatamente, nulla di nuovo: “così fan tutte”… le forze politiche. 

La crisi d’identità del Partito democratico

Ma c’è una ragione più profonda, che attiene al contenuto dell’identità che si vuole affermare. Già, quale identità? E qui la seconda ragione si spacca in due sotto-ragioni, reciprocamente intrecciate, l’una peggiore dell’altra. La prima è il mood identitario di origine “democrats” all’americana. La seconda è il contenuto dell’identità come metodo. Il Partito democratico americano ha cessato di essere il partito dei lavoratori-classe media per trasformarsi in un amalgama di identità: etnie, gruppi di interesse, culture, tra cui, crescenti, quella del “gender” e del “cancel culture”, il tutto convogliato dentro la cloaca maxima dei social e dei like. Biden ha vinto, perché è riuscito a tornare, almeno provvisoriamente, al “vecchio” Partito democratico rooseveltiano-kennediano e perché Trump ha fallito di fronte alla sfida interna del Covid e a quella del disordine mondiale, che ha preteso di affrontare senza alleati. 

Il Partito democratico italiano si trova nella stessa condizione. Se la sinistra storica italiana, PCI e PSI, aveva quale asse sociale principale la produzione, vista principalmente dal lato del lavoro, il PD ha smarrito questo eredità. Si dirà: e il sindacato non è forse legato al PD? I dirigenti sindacali sì, i sindacalizzati no: tessera del sindacato, ma voto politico ballerino tra destra e sinistra. Cos’è allora il PD oggi? Un puzzle disordinato di sotto-identità. Ne ha troppe, non ne ha nessuna. 

Se difendere le persone LBGTQUIA è un dovere etico-politico – è una questione di fedeltà al principio-persona –  assumere le visioni antropologiche del loro movimento no! Così, più l’identità è debole e più viene gridata. E più viene buttata in manovra politica. Così il PD si trova al traino di Fedez-Ferragni. Ecco perché il DdL Zan rischia di schiantarsi sugli scogli. In attesa che incominci il penoso rimpallo delle responsabilità del suo annegamento.

  1. Le identità oltre che ineliminabili sono preziose.
    Le identità possono essere agite in forma contrappositiva e bellica e fanno danni, oppure possono essere vissute come aperte in forma dialogante e collaborativa: da tempo sostengo che occorre lavorare per passare dalla prima alla seconda forma.
    Quando l’identità si cristallizza in ideologia inevitabilmente si chiude e diventa conflittuale.
    Riguardo all’omofobia tutte le proposte di legge oggi sul tappeto concordano sulla necessità di sanzionare i comportamenti violenti nei confronti di ogni diversità, ma la proposta Zan è intrisa di ideologia.
    Il segretario Letta fa bene a sostenere i principi di libertà e di difesa dei diversi, ma ora rischia di impiccarsi a quell’ideologia.
    Si può lavorare per giustizia ed uguaglianza senza cadere nell’ideologia comunista.
    Si può difendere le più esigue minoranze senza che tutti dobbiamo abbracciare l’ideologia “gender” e inculcarla nell’infanzia a scuola.
    O vogliamo imporre per legge oggi questa ideologia e magari domani una di segno diverso?

  2. “asessuati”, senza nessuna identità di genere…come i “robot”, questo è quanto viene prospettato nel futuro ma intanto, i “ricchi” della Terra, si stanno autoproducendo mezzi per oltrepassare altri confini, il clima ci sta facendo vedere sorci verdi, facendo aumentare le povertà nelle diseguaglianze già ben delineate, e sempre di più a largo raggio, anche fra le popolazioni che hanno vissuto momenti di gloria come l’Occidente, che sembra dover rincorrere non si sa cosa pur di mantenere la supremazia in civiltà! Peccato, che per almeno un terzo di questo pianeta, vi siano leggi(usi e costumi) che ancora mettono le donne fra le proprietà disponendo di esse come fossero capi di bestiame! Allora io dico, a cosa serve tanta civiltà con leggi sempre più a categorie, quando in un battito d’ali, verrebbero sopraffatte da altre culture che in alcune aree del mondo della globalizzazione, non hanno modo di avanzare nello stesso modo nostro? Dovremmo cominciare ad avere un mondo in reciproco rispetto, nel contrastare anche quel fenomeno del surriscaldamento della terra, che, se non risolto, non ci vedrà più come soggetti ne con alcuna identità! Mentalità a livello globale? chissà, forse le epidemie in corso, qualcosa di buono faranno nascere…si spera!

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