Campi adolescenti, scelte educative e conseguenti reazioni

Un amico prete mi ha raccontato un episodio avvenuto al campo scuola con i suoi ragazzi. Il fatto in sé è molto semplice: una decina dei ragazzi iscritti al campo adolescenti al mare, durante la prima notte della settimana di vacanza con l’Oratorio, ha pensato bene di alzarsi di notte, uscire per le vie del paese combinando qualche guaio, scolarsi qualche bottiglia di superalcolici in compagnia, per poi fare ritorno nella casa vacanze dove, secondo i piani, gli educatori non avrebbero dovuto accorgersi di nulla. Ma così non è stato: gli educatori non solo si sono svegliati e si sono accorti che qualcosa non andava, ma, una volta rientrati i “furbetti di turno” li hanno aspettati, hanno ritirato le bottiglie ancora chiuse che si erano procurati per un’altra baldoria programmata e, insieme con il curato, hanno stabilito che questi ragazzi, la mattina presto, sarebbero stati fatti salire sul primo treno disponibile e rispediti a casa dopo nemmeno 24 ore dall’arrivo al mare. A nulla è valso, la mattina, il tentativo di alcuni adolescenti di perdere il treno o di impietosire gli educatori puntando sulle possibili forti punizioni che li avrebbero attesi: alla fine tutti sono saliti sul treno e sono tornati a casa, dove nel frattempo i genitori erano stati avvisati telefonicamente dell’accaduto e della decisione educativa presa da chi di dovere. Fine della storia? No, ovviamente. Anzi, quanto raccontato è la premessa per descrivere le reazioni più significative di qualche genitore illuminato.

Tra la casistica, scelgo di commentarne tre. La prima reazione, psicopedagogica: “sono ragazzi!”. Traduzione: i ragazzi devono combinarne di tutti i colori e l’educazione consiste nel permetterglielo, altrimenti non maturano. Da parte mia, invece, direi così: che i ragazzi debbano poter sbagliare è sacrosanto, ma proprio perché sono ragazzi, in età evolutiva, vanno corretti. Non è con la famosa “pacca sulla spalla”, che traduce un inutile “non è successo niente”, che si educa: educare significa chiamare “bene” il bene e “male” il male. Questo fa crescere. Se per educare, qualche volta è necessario giungere a decisioni forti come quella sopradescritta, che permetta di capire che le regole esistono e vanno rispettate, perché questa è la base della convivenza civile, ben venga.

La seconda reazione genitoriale illuminata afferisce all’area della fenomenologia della responsabilità, qui fondata su un sillogismo straordinario: “Dove erano gli educatori? Se gli educatori, alle due di notte, non fossero stati a letto a dormire, i ragazzi non avrebbero potuto uscire. Quindi la colpa è degli educatori”. Traduzione per chi non è avvezzo alla filosofia: è normale che un ragazzino di notte si alzi, in accordo con altri, per andare a bere superalcolici e a fare schiamazzi in giro; non è normale che un educatore dorma, perché egli deve vegliare giorno e notte senza stancarsi… Mi sembra di riconoscere, qui, uno dei problemi maggiori della nostra società: viene definito normale ciò che è evidente non esserlo, fino a giungere all’assurdo di assolvere chi ha colpa e punire chi non l’ha.

Terza ed ultima reazione genitoriale illuminata, di matrice teologica: “Ma il Vangelo non dice di perdonare? Che prete sei?”. Traduzione: tutto è lecito e, se proprio c’è un errore, basta riderci sopra insieme, tanto domani è un altro giorno. Beh, non mi sembra che questa sia una prospettiva che scaturisce dal Vangelo. Il Vangelo richiede carità e la carità fraterna consiste nella correzione dell’altro per il suo bene, non nella complicità nel male. Il perdono non è fingere che il male non esista, ma aiutare a superarlo prendendo coscienza della sua capacità distruttiva. E questo a volte va fatto con scelte che a molti possono sembrare impopolari, che fanno storcere il naso e togliere qualche saluto, ma che sono necessarie per far prendere coscienza del fatto che alcune azioni rovinano noi stessi e gli altri. Poi, certo, non ci sarà condanna, non verrà vietato a questi ragazzi di iscriversi al prossimo campo adolescenti, ma prima dovranno essere in  grado di capire cosa sia la libertà, che non può consistere nel dare libero sfogo ad ogni desiderio, a prescindere da ogni mediazione etica.    

  1. qui sta il punto: è la dimensione educativa che è ai margini di una società, ormai vuota ed opulenta che non capisce che concedere tutto e subito ai nostri ragazzi, non si fa loro del bene, ma li induce sempre di più ad oltrepassare quei limiti per provare a se stessi, quanto noi adulti ci importa di loro! Mi pare di capire che la questione non è solo dei ragazzi, ma anche delle famiglie che non sanno più trovare dei punti di riferimento a cui aggrapparsi perché tanto tutti fanno così!…Ne sono la prova di “noia” che questi ragazzi percepiscono, cercando in tutti modi di esibirsi per dimostrare che esistono, organizzando risse , pestandosi a vicenda e a secondo i parametri da loro stessi pensati e strumentalizzati! La Chiesa può far molto…ma haimè, anch’essa è in crisi, avendo una dimensione tradizionalista di vecchi ed obsoleti sistemi educativi, che lasciano spazio solo alla confusione!Vorrei avere almeno vent’anni meno, per coinvolgermi in una dimensione a me tanto cara e che invece, posso solo auspicare che altri abbiano lo stesso spirito di inoltrarsi in acque buie e tempestose…” Non abbiate paura… abbiate fede…”

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