La ripartenza dei nuovi parroci. La bellezza di arrivare in una nuova comunità

In queste settimane, i parroci e i curati che hanno ricevuto dal Vescovo la nuova destinazione stanno vivendo il momento del trasferimento. Nella mia comunità di Grumello abbiamo vissuto e stiamo vivendo questo: abbiamo salutato don Angelo Domenghini, l’abbiamo visto partire e l’abbiamo accompagnato nella nuova parrocchia di Sant’Anna in città; abbiamo accolto don Massimo Fratus che, lasciata dopo 10 anni la parrocchia di Sabbio di Dalmine, ha iniziato, una settimana fa, il suo ministero di parroco a Grumello del Monte.

Anche diversi confratelli e amici stanno vivendo questo passaggio delicato e mi stanno raccontando, in questi giorni, cosa si prova, quali sentimenti abitano il cuore, quali fatiche fanno versare un po’di lacrime e quali speranze forniscono stimoli per mettere il massimo impegno nella ripartenza dell’anno pastorale nella nuova comunità.

L’impegno di partire da una comunità e arrivare in una nuova

Mi sembra che le grandi questioni si giochino esattamente sui due verbi di movimento, “partire” e “arrivare”. Partire, innanzitutto. Un famoso proverbio popolare afferma che “partire è un po’morire”.

Non c’è prete che stia cambiando parrocchia che non affermi la profonda verità di questo proverbio. In poche ore, quelle persone che sono diventate la tua famiglia, con le quali hai condiviso le gioie più grandi e i dolori più profondi, quella casa che hai sentito tua, quei volti che appena ti svegli appaiono alla tua mente, li devi lasciare.

Ed è forte il dolore che provi nei primi mesi, nei quali tutto quel vissuto e quei volti continuano ad apparire per primi nei tuoi pensieri, ma la realtà, a partire da quando apri gli occhi e sperimenti di essere altrove, ti sbatte in faccia che tu là non ci sei più.

La fatica è tanta, per il prete che cambia tutto e tutti, ma anche per la gente che in quel prete ha trovato una roccia solida a cui aggrapparsi nelle tempeste della vita.

Essere aperti al nuovo che avanza, evitando i confronti

Poi c’è l’arrivare. Arrivare significa essere aperti al nuovo che avanza, cercando di fare meno confronti possibili con la realtà che si è lasciata.

Significa essere disposti ad innamorarsi di quella gente, di quella terra, dei loro pregi e dei loro difetti, senza con questo smettere di amare chi si è lasciato, il tutto con la speranza che l’amore sia ricambiato.

Sono giorni difficili, i primi in parrocchia.. e durano qualche mese. Non è un segreto il fatto che, a volte,  diverse persone che vogliono incontrare immediatamente il nuovo pastore sono quelle che, diciamo così (spero apprezzerete il mio stile diplomatico), non hanno fatto particolare fortuna col predecessore, così devono immediatamente presentarsi per riempirti di complimenti, dirti che salverai la parrocchia per il solo fatto di non essere quello di prima, reo di aver loro impedito di fare del bene (secondo loro, ovviamente).

Non solo, arriva anche chi deve insegnarti a fare il prete, chi ti racconta i difetti del curato, le trame nascoste della parrocchia, quelli del “te lo dico subito”, da depositari assoluti della verità, quali sono i problemi del gruppo “x” e “y”.

Attenzione alle chiacchiere, come avverte Papa Francesco

Grazie a Dio poche persone si comportano così, ma ci sono e occorre accorgersene. Cosa serve a tal proposito? Due cose, fondamentali: tanta preghiera e tanta umiltà. Innanzitutto è importante ascoltare chi c’è e c’è sempre stato, chi da anni collabora quotidianamente con i sacerdoti che si sono succeduti: hanno vissuto la comunità cristiana e davvero conoscono la sua storia nei dettagli.

Inoltre, diventa decisiva la fraternità sacerdotale, che non va semplicemente proclamata, ma vissuta. Chi da parroco trova un curato, o più di uno, presente da anni  (o viceversa, se ad essere nuovo è il curato) ha una gran fortuna: può fare un bel sorriso a tutti, ascoltare in libertà.. e poi informarsi.

La (buona) comunicazione è una carta vincente

Chi, come capita nelle piccole parrocchie, si trova da solo, ha comunque una straordinaria possibilità: usare il telefono! Dalla chiamata alla più moderna videochiamata, ha sempre la possibilità di mettersi in contatto con chi l’ha preceduto, per conoscere le situazioni dei diversi gruppi e delle singole persone, comprendere scelte pastorali passate o eventuali provvedimenti presi nei confronti di qualche parrocchiano.

Anche ad entrare nella nuova comunità ci vuole tempo.. e non poca fatica. Tuttavia, anche questi passaggi, nel loro essere contemporaneamente faticosi e promettenti, fanno parte del cammino di fede del prete e della gente, perché ricordano che i preti e i parrocchiani cambiano e passano: resta Colui che insieme, il prete con i suoi parrocchiani, cercano di conoscere e di seguire.

  1. ERA ORA CHE NELLE SINGOLE COMUNITA’ PARROCCHIALI CI FOSSE UN “RICAMBIO GENERAZIONALE”!!!!!
    Con la crescente URBANIZZAZIONE dei Singoli Quartieri Cittadini, e con l’Arrivo sempre più massiccio di Nuove Famiglie, Anche le Comunità Parrocchiali “sentono” il dovere di RINNOVARSI un po’!
    I Parroci più anziani, in termini di Servizio Pastorale, e quelli più anziani, per quanto riguarda l’età, richiedono molto spesso di venire “sollevati” dall’incarico pastorale, ed ecco che la Curia Vescovile è tenuta a mandare Sacerdoti più giovani, “prendendoli in prestito” da altre Parrocchie, oppure affidandosi ai Sacerdoti Novelli. Così facendo si apporta “Nuova Linfa” alle Simgole Comunità Parrocchiali, per avere Preti più Giovani, in grado di Relazionarsi con i Giovani della Comunità Parrocchiale.

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