Storia di Alessandro, da artista circense a videomaker davanti all’altare. Spiritualità non è solo una parola

Alessandro Nembro

INTRODUZIONE

“In questi due anni ho raccolto un sacco di nozioni ed esperienze che mi hanno cambiato e mi aiuteranno molto nel mio futuro”

Conosco Alessandro dall’età delle scuole medie, poco prima che scoppiasse in lui una immensa passione per le arti circensi. Classe 1998, figlio di una famiglia simile a tante altre, dotato di una particolare creatività e di un attento spirito di osservazione, come tutti quanti ha vissuto uno shock quando l’arrivo del virus cinese nella primavera del 2020 ha sconvolto l’esistenza di ogni persona. 

Questa è la storia di un viaggio che ancora non ha una meta definita ma che ha già collezionato alcune tappe importanti e certe. In questa vicenda ci sono molti tratti che accomunano il protagonista ai giovani della sua generazione e altri dettagli che invece aprono delle domande pronte a trasformarsi in prospettive da perseguire. È il viaggio della spiritualità.

LA STORIA: 

In viaggio verso di sé

Palline, clave, cerchi e altri oggetti tipici delle arti di strada hanno costellato l’adolescenza di Ale e dei suoi amici. Inizialmente era un gioco da condividere al parco, poi si è trasformato in un impegno per superare i propri limiti e guadagnare nuove abilità, infine è diventata una prospettiva di vita: qualcosa che ha a che fare con un possibile lavoro ma che al contempo tratteggia l’identità di una persona. La tradizione della Chiesa suggerirebbe la parola “vocazione” per sintetizzare ciò che il teatro-circo contemporaneo rappresenta nella vita di questo giovane.

Negli anni del liceo artistico Alessandro respira tutte le forme espressive che riesce a captare. La sua passione per l’espressività si esprime ogni giorno di più attraverso il corpo e il movimento: la giocoleria, le arti acrobatiche, gli spettacoli in strada.

Insieme a un gruppo di amici fonda perfino una compagnia itinerante che si esibisce specialmente in estate con successo. Così approda al FLIC di Torino, una prestigiosa scuola di circo e subito dopo cerca di accedere ad altre scuole europee di perfezionamento nello stesso settore. La strada è in salita e nell’autunno 2019 decide di partire alla volta di Toulous – Tolosa, in Francia. Qui spera di trovare le opportunità che cerca da tempo e le occasioni giuste per fare il grande salto.

È in questo momento di grande speranza e di desiderio di novità che entra in scena una presenza tanto ingombrante quanto necessaria per chiunque provi a prendersi sul serio: il vuoto. In Francia Alessandro deve ricreare una routine, stringere nuove relazioni, impostare un percorso di vita: deve prendere in mano la sua vita e modellarla. Dare forma alla materia piena distinguendola dall’assenza è l’arte che accomuna lo scultore a chi diventa grande. Il dramma è dover fare i conti con la paura di non essere all’altezza e con l’incertezza del domani: non sapere che cosa accadrà e chi si diventerà è una vertigine.

Il tempo scorre attraversato da tentativi e incertezze. Il calendario segna già marzo 2020: il mese del Covid19 in Europa. Alessandro interrompe la sua esperienza in Francia e torna a casa, a Nembro. È la settimana in cui il contagio dilaga e il numero dei decessi brucia ogni giorno un nuovo, macabro, record. Il vuoto si allarga e porta con sé altro smarrimento. 

Avviene quasi per caso l’ingresso di Alessandro in chiesa per dare supporto ai ragazzi che da pochi giorni si stavano cimentando nella trasmissione in diretta della Messa domenicale. È l’avvio timido di un’esperienza che sarebbe cresciuta rapidamente: il pavimento della chiesa si sarebbe ricoperto di cavi elettrici, al posto dei primi banchi sarebbero comparsi fari teatrali, telecamere e microfoni. Alcuni giovani, non particolarmente avvezzi all’assemblea liturgica, si sarebbero trasformati nei più assidui frequentatori della sagrestia per una lunga successione di settimane.

Incorniciati tra una prolunga da stendere e un microfono da collegare si fanno spazio nuovi pensieri. Mentre aumenta la consapevolezza del vuoto e il senso di spaesamento che la pandemia aveva sparso a macchia d’olio nella coscienza collettiva si aprono nuove domande. Abitare l’ambiente sacro permette ad Alessandro di raccogliere alcuni pensieri: c’è bisogno di ascoltare il cuore e leggere con pazienza il mondo che abita nell’intimo di noi, serve un tempo per andare al cuore di sé e sondare i sogni e pensieri che si annidano nella mente, servono parole condivise per dare forma alla spiritualità. 

Oggi non si ha più una pratica che ti porta a una ricerca di una fede, che ti permette di avere dei dubbi e di esprimere delle domande più grandi di te. La ricerca di un dio e la ricerca di sé stessi sono indivisibili. Credo che nella mia generazione ci sia molta confusione, che non ci siano più degli ideali chiari e soprattutto che ci siano a volte ideali fittizi. Tutto questo non porta a interrogarsi e a cercare una propria identità. Anzi, porta a mettere il tuo essere all’interno di qualcosa di già confezionato”

I mesi sono trascorsi, la pandemia ha cambiato volto e ha smarrito l’aggressività feroce della primavera 2020. Alessandro ha continuato a varcare il portone della chiesa. La sua lotta con il vuoto e il desiderio di una spiritualità capace di dare forma all’esistenza hanno cercato tempi e luoghi opportuni per esprimersi. Ci sono state altre liturgie, le settimane dell’avvento e del Natale e molte altre occasioni. La sua non è ancora una fede secondo i dettami del catechismo della Chiesa ma il viaggio intrapreso continua secondo i tratti caratteristici di questa nuova “generazione incredula” ma non oppositiva alla fede.  

Alla vigilia di una nuova partenza, ancora per la Francia e ancora nel tentativo di trovare spazio sul palcoscenico del circo contemporaneo Alessandro porta con sé un bagaglio interiore pieno di buoni pensieri. È troppo preso per scrivere il finale di questa storia: prevarrà il dubbio sulla certezza o lo spazio della spiritualità si incontrerà con la corporeità di Gesù? Il viaggio continua.

COMMENTO: 

Vuoto e libertà: occasioni per una imprevedibile alleanza

La sociologia conferma ciò che gli occhi di ogni sagrestano constatano con una buona dose di desolazione ogni giorno: in chiesa i giovani non si vedono. Ed è così da molto tempo. Gli esperti hanno studiato il fenomeno, cercato le parole per descriverlo e comprenderlo, tentato di suggerire vie percorribili per riaccendere nella coscienza dei nostri contemporanei la “nostalgia di Dio”. 

“I ragazzi di questa generazione non si pongono contro Dio, ma stanno imparando a vivere senza. La religione non gioca più un ruolo rilevante nella costruzione della loro identità adulta”

don Armando Matteo

La storia di Alessandro, il circense diventato per qualche mese videomaker davanti all’altare, mette in scena ciò che spesso resta nascosto e taciuto, anche da parte degli stessi giovani. Alcune parole chiave suggeriscono un discorso ancora tutto da pensare e da scrivere: vuoto, libertà, identità, spirito. 

L’esperienza della precarietà è uno dei tratti distintivi del nostro tempo, specialmente per la nuova generazione. Ha aspetti preoccupanti e spaventosi: grava sulla possibilità di un futuro roseo e sicuro se si parla di lavoro e di famiglia, minaccia la fiducia nelle relazioni famigliari e amorose, impedisce di trovare una definizione di sé definitiva e stabile.

Una vita precaria è sospesa a mezz’aria, combatte con la paura di essere risucchiati nel nulla. Eppure i giovani si sono abituati a vivere in sua compagnia mischiando tra loro il disorientamento e la capacità di adattarsi. Cercano la loro libertà in un mondo privo di riferimenti sicuri.

La Chiesa è affezionata a un passato nel quale i ruoli sociali, i ritmi di vita, le istituzioni erano chiare e perpetue. Nell’epoca del vuoto e della precarietà quella visione del mondo crolla lasciando campo libero per un’infinita (e spaventosa) libertà.

Forse è proprio questa condizione a rendere possibile un’inedita alleanza: Chiesa e giovani sono ugualmente smarriti, a entrambi è stato rubato il futuro e rischiano di perdersi nel vuoto di un mondo pieno di ricordi e illusioni ben capaci di intrattenere ma inadatte a dare senso all’esistenza.

Condividere la percezione del vuoto e la medesima situazione di instabilità sarebbe un grande atto di sincerità e un’occasione di dialogo.

Come fanno i giovani a navigare in questa libertà oceanica? Perché, pur disorientati, non sono terrorizzati. Possono rassicurare una Chiesa intimorita dalle alte onde della contemporaneità? In questa comune ricerca di una ritrovata identità la nuova generazione può offrire alla Chiesa la propria resilienza.

Dal canto suo, la comunità dei discepoli di Gesù dispone delle parole giuste per delineare le priorità e non essere fagocitati dai banali sentimentalismi di una spiritualità senza volto. Il cristianesimo ha nelle sue condizioni imprescindibili l’incontro tra il corpo e lo spirito, il tempo e l’eterno, l’ideale e il concreto: questo felice e improbabile binomio che in Gesù ha la sua perfetta realizzazione è ciò che al mondo oggi manca.

Si fugge dalla storia alla ricerca di una spiritualità che porti benessere ma si resta svuotati di verità; oppure si dimentica il mondo interiore lasciandosi soffocare di una materialità immediatamente appagante ma incapace di dare un respiro all’esistenza. Mai come oggi l’uomo Gesù – Figlio di Dio è l’interlocutore di cui c’è bisogno.

L’artista sa che la performance che lo rende apprezzabile dal pubblico non sta solo nell’esecuzione perfetta di un gesto atletico o nella recitazione senza errori di un copione ben confezionato.

È lo spirito che traspare da ogni minimo gesto che rende poetica un’esecuzione. Passione, intensità, autenticità sono forze trainanti quanto l’equilibrio, la precisione e la potenza di un gesto atletico.

Leggere il mondo interiore, ascoltare i propri desideri e affrontare l’abisso che abita il cuore di ogni uomo sono veri e propri bisogni.

Molti giovani li disattendono o li soffocano sotto una coltre di distrazioni, altrettanto fanno gli adulti e perfino le istituzioni, comprese quelle religiose. Spesso la liturgia è uno spettacolo privato della sua anima, un copione recitato alla perfezione senza la preoccupazione di comunicare con il pubblico, uno show non guardato da nessuno.

Ma a volte capita che chi si ferma a osservare con un po’ di pazienza scorga una bellezza in parole e gesti che, pur lontani dalla vita quotidiana, restano evocativi. I giovani non chiedono di inventare nuove e strane ritualità ma garantire la veridicità dei linguaggi che esistono. Loro che sono immersi nel dubbio sanno riconoscere un linguaggio che rinuncia all’arroganza e alla doppiezza. La medesima scelta dovrebbe essere di tutti i credenti e delle comunità.

Oggigiorno tante “storie” condiscono le nostre giornate, specialmente sulle reti sociali, spesso costruite ad arte con tanto di set, telecamere, sfondi vari. Si cercano sempre di più le luci della ribalta, sapientemente orientate, per poter mostrare agli “amici” e followers un’immagine di sé che a volte non rispecchia la propria verità. Cristo, luce meridiana, viene a illuminarci e a restituirci la nostra autenticità, liberandoci da ogni maschera. Ci mostra con nitidezza quello che siamo, perché ci ama così come siamo”[1].
Papa Francesco

Quali passi compiere per una vera conversione, al passo con i tempi? Papa Francesco suggerisce di ispirarsi alla figura di Saulo – Paolo: il suo cambiamento di sguardo sulla vita e sulla fede passa attraverso l’incontro con una comunità di credenti – testimoni. La condizione del persecutore Saulo che diventerà Paolo “l’apostolo delle genti” non è distante da quella di tanti giovani. Probabilmente non è nemmeno dissimile dall’oscurità che avvolge la comunità cristiana adulta. Per incontrare Cristo serve il coraggio di abbandonare la presunzione di “sapere tutto di sé, degli altri e persino delle verità religiose”. Il cambiamento è possibile solo nell’incontro e nella comune disponibilità a rendere nuove tutte le cose.


[1] Papa Francesco, Messaggio per la XXXVI Giornata Mondiale della Gioventù, 21 novembre 2021.