Cantoni d’Oneta: una piccola parrocchia, una grande famiglia. Il vescovo nelle “periferie” dell’Alta Valle Seriana

Superato il centro abitato di Oneta ci sono ancora cinque chilometri di curve per arrivare nella frazione di Cantoni. Nello spiazzo dietro la chiesa parrocchiale di Sant’Antonio abate c’è l’ingresso dell’oratorio, contrassegnato da una targa rustica di legno, e una balconata da cui si possono abbracciare con lo sguardo la valle e le montagne circostanti. È pomeriggio e per strada non c’è nessuno. Una signora esce sul balcone per stendere i panni, godendosi l’aria fresca e un silenzio buono.

Quando Papa Francesco invita la Chiesa a “uscire da se stessa e andare verso le periferie, non solo geografiche ma esistenziali” intende anche questi luoghi, lontani dalla frenesia delle metropoli, che il vescovo monsignor Francesco Beschi sta visitando nel suo pellegrinaggio pastorale, toccando le comunità della Fraternità 2 della Cet 2 dell’Alta Valle Seriana.

Cantoni d’Oneta è una delle quattro parrocchie dell’unità pastorale della Valle del Riso, di cui fanno parte anche Oneta, Chignolo d’Oneta e Gorno, a cui fanno riferimento in tutto poco più di duemila persone. “Ci sono 70-75 parrocchie nelle nostre comunità al di sotto dei 500 abitanti – ha detto il vescovo nei giorni scorsi ai preti della Fraternità – Il Papa parla delle periferie, ma cosa significa per noi? Mi interessano molto questo territorio e le provocazioni pastorali che arrivano dalle piccole comunità”.

La richiesta più pressante: non perdere la Messa domenicale

L’incontro con i volontari, i collaboratori pastorali e la gente di Cantoni d’Oneta – un’ottantina di abitanti o poco più – ha avuto un tono caldo e familiare. “È stato preparato con cura – osserva il parroco dell’unità pastorale don Federico Chiappini – i parrocchiani si sono incontrati più volte per ragionare sui temi da sottoporre all’attenzione del vescovo”.

Colpisce che nella relazione presentata a monsignor Beschi la richiesta più pressante posta dalla comunità sia quella di poter continuare a celebrare in parrocchia la messa festiva, vissuta davvero come momento culminante della settimana: “Qui si celebra il sabato sera – spiega Silvana Pizzamiglio, volontaria referente dell’oratorio – ed è l’appuntamento più importante per la gente del paese, dove la fede è ancora molto radicata. Per noi ha molto valore che il vescovo abbia voluto incontrarci anche se la nostra parrocchia è così piccola. Ci ha fatto sentire parte di una Chiesa più grande”.

I disagi non mancano per chi vive qui: gli ultimi negozi sono spariti ormai da anni, per portare i bambini a scuola bisogna spostarsi a Gorno. “La possibilità di stare a contatto con la natura – osserva Silvana – è un valore aggiunto che per noi fa la differenza. Ne abbiamo visto gli effetti benefici durante la pandemia”. 

La forza delle relazioni, i rapporti di buon vicinato

Un altro aspetto da considerare sono le relazioni umane e di buon vicinato, che fanno respirare davvero “un’aria di famiglia”: “Negli ultimi anni – osserva Silvana – i legami fra noi si sono rafforzati. Ci conosciamo tutti, se qualcuno è in difficoltà cerchiamo un modo per aiutarlo”.

Silvana ha tre figli ormai adulti e solo una si è stabilita in questa zona: “Uno vive a Londra – spiega – l’altro si è spostato a Vertova per lavoro. I giovani restano comunque legati al loro paese e spesso d’estate tornano e offrono un contributo importante alle attività della parrocchia”.

Continua ad essere molto sentita la tradizione del Cre, un momento di grande mobilitazione: “Di solito – sottolinea don Federico – partecipano un centinaio di ragazzi, sono tanti per la nostra piccola unità pastorale. Ci sono una trentina di persone che aiutano nella gestione, fra giovani adulti, papà, mamme e animatori adolescenti. Ci impegniamo molto per costruire percorsi di lavoro comune e di condivisione”.

Le famiglie giovani a Cantoni sono poche, i bambini ancor meno. “Non è facile vivere qui – spiega Clara Praieri, volontaria e mamma di due bambini di due e tre anni – bisogna abituarsi agli spostamenti. In compenso, però, si può contare su una comunità a dimensione familiare in cui è normale darsi una mano a vicenda”.

L’oratorio qui è un punto di riferimento fondamentale: “La sera – osserva Clara – ci troviamo lì, d’inverno solo nei fine settimana, per chiacchierare, giocare a carte, prendere un caffé, e ci passano tutti, dai bambini agli anziani, per i quali magari è l’unico momento della giornata in cui possono interrompere la solitudine”.