Papa Francesco: “Lì dove i nostri errori diventano scandalo chiediamo perdono e ricominciamo umilmente”

Roma, 7 ottobre 2021: Papa Francesco inaugura istituzione del ciclo di studi sulla “Cura della nostra Casa comune e tutela del Creato” e della Cattedra Unesco “On Futures of Education for Sustainability” - foto SIR/Marco Calvarese

“Oggi è di tutti giorni criticare la Chiesa, sottolinearne gli errori, le incoerenze, i peccati, che in realtà sono le nostre incoerenze, i nostri peccati, perché da sempre la Chiesa è un popolo di peccatori che incontrano la misericordia di Dio”. Lo fatto notare il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, l’ultima del ciclo su San Giuseppe, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata a S. Giuseppe patrono della Chiesa universale.

“Domandiamoci se, in fondo al cuore, noi amiamo la Chiesa come è:  popolo di Dio in cammino, con tanti limiti ed errori ma con tanta voglia di servire e amare Dio”, l’invito di Francesco, secondo il quale “solo l’amore ci rende capaci di dire pienamente la verità, in maniera non parziale; di dire quello che non va, ma anche di riconoscere tutto il bene e la santità che sono presenti in essa, a partire proprio da Gesù e da Maria”.

“Camminare con la Chiesa”, ha proseguito a braccio: “la Chiesa non è quel gruppetto di preti che comanda tutti, no, è tutti noi: custodirci l’uno all’altro, a vicenda”. Di qui l’invito del Papa a domandarsi: “Io quando ho un problema con qualcuno lo custodisco, oppure lo condanno e lo distruggo? Custodire”. Gli errori non possono essere motivo di condanna senza ritorno.

“Chiedere perdono per gli errori e ricominciare umilmente”

“Lì dove i nostri errori diventano scandalo, chiediamo a San Giuseppe di avere il coraggio di fare verità, chiedere perdono e ricominciare umilmente”.

Lo ha detto il Papa, al termine dell’udienza di oggi, l’ultima del ciclo su San Giuseppe, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata a S. Giuseppe patrono della Chiesa universale. “Vi incoraggio a chiedere l’intercessione di San Giuseppe proprio nei momenti più difficili della vita vostra e delle vostre comunità”, l’invito di Francesco ai presenti.

“Lì dove la persecuzione impedisce che il Vangelo sia annunciato – ha proseguito il Papa – chiediamo a San Giuseppe la forza e la pazienza di saper sopportare soprusi e sofferenze per amore del Vangelo. Lì dove i mezzi materiali e umani scarseggiano e ci fanno fare l’esperienza della povertà, soprattutto quando siamo chiamati a servire gli ultimi, gli indifesi, gli orfani, i malati, gli scartati della società, preghiamo San Giuseppe perché sia per noi Provvidenza”.

“Quanti santi si sono rivolti a lui!”, ha esclamato Francesco: “Quante persone nella storia della Chiesa hanno trovato in lui un patrono, un custode, un padre! Imitiamo il loro esempio e per questo, tutti insieme, oggi preghiamo San Giuseppe con la preghiera che ho posto a conclusione della Lettera Patris corde, affidando a lui le nostre intenzioni e, in modo speciale, la Chiesa che soffre e che è nella prova”.

San Giuseppe, patrono della Chiesa universale

Il Papa ha chiesto ai fedeli di prendere il testo della preghiera, distribuito in Aula, e di pregare “insieme, ognuno nella propria lingua”, San Giuseppe, con queste parole: “Salve, custode del Redentore e sposo della Vergine Maria. A te Dio affidò il suo Figlio; in te Maria ripose la sua fiducia; con te Cristo diventò uomo. O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi, e guidaci nel cammino della vita. Ottienici grazia, misericordia e coraggio, e difendici da ogni male. Amen”.

“Gesù, Maria e Giuseppe sono in un certo senso il nucleo primordiale della Chiesa. E anche noi dobbiamo sempre domandarci se stiamo proteggendo con tutte le nostre forze Gesù e Maria, che misteriosamente sono affidati alla nostra responsabilità, alla nostra cura, alla nostra custodia”.

Così il Papa nella catechesi dell’udienza di oggi, l’ultima del ciclo su San Giuseppe, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata a San Giuseppe patrono della Chiesa universale. Al centro dell’udienza, un verbo: “custodire”, già scelto da Francesco nella prima messa celebrata da Pontefice. “Custodire lo sviluppo umano, la mente umana, il cuore umano, il lavoro umano”, l’elenco di Francesco a braccio.

Essere cristiano vuol dire custodire la vita

“Il cristiano è come San Giuseppe, deve custodire”, ha proseguito il Papa ancora a braccio: “essere cristiano è non solo ricevere, confessare la fede, ma custodire la vita: la vita propria, la vita degli altri, la vita della Chiesa”.

“Il Figlio dell’Altissimo è venuto nel mondo in una condizione di grande debolezza”, ha fatto notare Francesco rimandando più volte, nella catechesi, alla lettera apostolica Patris Corde, scritta in occasione dei 150 anni dalla proclamazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa cattolica: “Ha voluto aver bisogno di essere difeso, protetto, accudito. Dio si è fidato di Giuseppe, come ha fatto Maria, che in lui ha trovato lo sposo che l’ha amata e rispettata e si è sempre preso cura di lei e del Bambino”.

In questo senso, San Giuseppe “non può non essere il Custode della Chiesa, perché la Chiesa è il prolungamento del Corpo di Cristo nella storia, e nello stesso tempo nella maternità della Chiesa è adombrata la maternità di Maria”. “Giuseppe, continuando a proteggere la Chiesa, continua a proteggere il Bambino e sua madre, e anche noi amando la Chiesa continuiamo ad amare il Bambino e sua madre”, ha assicurato il Papa.