La bicicletta per l’integrazione. Un progetto di A.Ri.Bi e Caritas Treviglio per costruire reti di comunità

Spesso basta avere un grande cuore e i problemi che sembrano insormontabili si trasformano in colline che appaiono meno dure da superare, magari in sella ad una bicicletta. Un bel respiro, qualche pedalata difficoltosa in piedi sui pedali per raggiungere la cima e scollinare verso una discesa che porta senza fatica alla meta.

È un po’ quello che è successo metaforicamente con il progetto “Una bicicletta per l’integrazione” fortemente voluto da A.Ri.Bi. e Caritas Treviglio. Un’idea nata in sordina, ma che fa della sua semplicità la forza per essere dirompente: regalare bicilette a persone in difficoltà per fornire loro un aiuto concreto e per aiutarle a sentirsi parte di una comunità. 

Il tutto è partito da un intreccio di sensibilità che sul territorio di Treviglio pare abbia trovato l’humus perfetto per fiorire rigoglioso: sono numerose infatti le associazioni della comunità che da anni fanno rete e collaborano nelle iniziative più diverse, generando bene comune e arricchendo il territorio, il tutto favorito anche dalla condivisione, per alcune di loro, degli spazi che ospitano le sedi.

Costruire sicurezza per chi si muove su due ruote

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Per questo progetto le realtà più attive sono A.Ri.Bi. e Caritas Treviglio. La prima, il cui acronimo significa “Associazione per il Rilancio della Bicicletta”, nasce a Bergamo il 26 marzo 1981 e da quel giorno è un costante punto di riferimento per ciclisti e cicloamatori bergamaschi, non solo per l’organizzazione di escursioni (ovviamente in sella ad una bicicletta), ma anche per attività di promozione collaborando con le istituzioni per analizzare le migliori soluzioni per la sicurezza dei ciclisti e la crescita della cultura dell’utilizzo di questo prezioso strumento. Grazie alla sua esperienza e alla rete di contatti, per il progetto A.Ri.Bi. si occupa di raccogliere e revisionare biciclette usate da consegnare poi a Caritas Treviglio che ha l’onere di assegnarle alle persone più bisognose, con un’attenzione particolare a donne e bambini.

Corsi sul codice della strada e lezioni pratiche

Il valore aggiunto del progetto non è il dono della bicicletta – ci spiega con grande trasporto Claudia Ratti, presidente di A.Ri.Bi. – ma l’opera di formazione e sensibilizzazione che ne segue. Con tutte le persone che le riceveranno, ci preoccuperemo di realizzare dei corsi per spiegare loro il codice della strada e le accompagneremo per mostrare dal vivo come comportarsi nelle varie situazioni. Abbiamo a cuore la loro sicurezza e ci auguriamo che questi momenti di contatto si trasformino in occasioni di vera integrazione”. 

Questo è solo un aspetto del prezioso lavoro che A.Ri.Bi. sta compiendo con le istituzioni sul tema della sicurezza dell’utilizzo della bicicletta, che non passa solo dall’ampliamento della rete ciclabile, ma che deve essere parte di una cultura che guardi anche oltre al presente.

“Da anni ci adoperiamo – continua Claudia Ratti – perché le segnaletiche siano sempre più chiare e possano essere scritte in più lingue. Sulle nostre strade sono sempre di più le persone di altri paesi che si muovono in bicicletta per andare al lavoro o fare la spesa. Spesso per loro questo è l’unico mezzo di trasporto che si possono permettere e a noi spetta il compito di aiutarle a muoversi in sicurezza. In primo luogo utilizzando i mezzi passivi di protezione quali casco e giubbotto catarifrangente, che sono fondamentali insieme alle luci”. 

Una vera e propria missione quella dell’Associazione che è affiliata al Centro Sportivo Italiano e che si muove da anni per sensibilizzare e fornire idee concrete: “Una bicicletta per l’integrazione” è una di queste, ma non possiamo dimenticare altre proposte come quella che ha permesso di raccogliere caschi usati da mettere a disposizione gratuitamente, dopo un opportuno trattamento di pulizia e sanificazione.

Si parte dai migranti della zona di Treviglio

Ora invece è tempo di donare biciclette e fare integrazione: “Forniremo insieme al mezzo anche un certificato di proprietà – continua Claudia – affinché nessuno possa accusare i riceventi che siano state rubate. Oggi pensiamo ai migranti della zona di Treviglio, ma nulla vieta che il progetto possa essere esteso ad altri Comuni con la stessa sensibilità. Crediamo che possa essere replicato anche per altre necessità, come per le badanti, donne spesso sole che devono muoversi con semplicità e a costi ridotti”. 

In attesa che altri Comuni capiscano le potenzialità di questo progetto e lo diffondano sul loro territorio, tutti possono essere parte attiva donando una bicicletta in buono stato non più utilizzata. Basta scrivere a treinbici@gmail.com per ricevere informazioni su come procedere alla consegna.

Il trasporto con cui Claudia Ratti ci parla delle sue iniziative è contagioso e carico di passione per il mondo delle due ruote e per il bene comune.
“La bicicletta è magica – ci racconta – e sa unire i popoli, non a caso è stata candidata al Nobel per la pace perché è il mezzo di spostamento più democratico a disposizione dell’umanità, che non causa guerre, non inquina e fa bene al corpo e alla mente”.

La bicicletta candidata al Nobel: dona libertà di movimento

Motivazioni che sono state consegnate ufficialmente ad Oslo insieme ad una raccolta firme nel lontano gennaio 2016, in una iniziativa tanto insolita quanto lungimirante, soprattutto alla luce di ciò che sta avvenendo in questi giorni di guerra nel mondo, dove interessi di parte e poca democrazia stanno prevalendo sul bene comune e sulla libertà. Quella libertà (di movimento e non solo) che una bicicletta sa donare a chi non può permettersi mezzi più costosi, ma anche quella sensazione conquistata da bambini quando siamo riusciti a pedalare per la prima volta senza rotelle sentendoci finalmente liberi di percorrere il nostro cammino. Oggi come allora lasciamoci trasportare da queste sensazioni, apriamo il nostro cuore e sapremo scalare anche le vette più impervie della vita.