Athletic Capüsì a Romano, il calcio come “cura”: il gruppo viene prima di tutto

Athletic Capüsì

Lavoro e sport rappresentano spesso due aspetti importanti delle vite di molte persone, che siano dirigenti, atleti, o entrambe le cose. Ma quando questi vissuti si intrecciano in un unico percorso spesso nascono storie di infinita dolcezza.

È il caso dell’Athletic Capüsì, una squadra come tante altre che milita nel campionato di calcio a 5 del Csi di Bergamo, capace di stare nella parte alta della classifica del proprio girone appaiandosi ad un più che onorevole terzo posto con odore di promozione. 

Ma non è il risultato sportivo al centro di questo racconto, perché dietro all’organizzazione di questo gruppo di amici c’è molto di più, come ci racconta uno dei protagonisti: “Oltre ad essere il responsabile e giocatore di questa squadra – ci racconta Luca Benini – sono un operatore socio sanitario che lavora nell’area dipendenze in un una Cooperativa Sociale denominata Gasparina di Sopra a Romano di Lombardia e che gestisce servizi terapeutico-educativi, socio-assistenziali e di housing sociale per persone con problemi di dipendenza”.

Cosa c’entra il calcio con le dipendenze patologiche?

Queste prime parole di Luca iniziano a stuzzicare l’attenzione, perché viene naturale chiedersi cosa accomuni una squadra di calcetto al lavoro come operatore socio sanitario in una comunità terapeutica come la Gasparina, che eroga attività di sostegno alla persona, di cura, remissione del sintomo e di ottenimento dell’autonomia possibile per chi soffre di dipendenze patologiche.

Ce lo spiega chi è stato il promotore di questo intreccio: “Lavoro in questa struttura da circa 5 anni – prosegue Luca –  e nel corso degli ultimi 3 anni ho iniziato a coinvolgere e a portare a giocare all’interno della mia squadra (costituita più di 20 anni fa e formata da amici di diverse età), ragazzi in percorso nella Comunità di Reinserimento, sia per aiutarci numericamente e sia per la grande valenza terapeutica che porta la pratica di un’attività sportiva”. 

Dalle parole di Luca traspare limpida la passione e la missione di una vita che si sta spendendo per la cura dell’altro, sia esso il compagno di squadra o il bisognoso di un percorso di cura. Ci racconta che oggi 3 ragazzi giocano in pianta stabile nella squadra, mentre altri 6/7 partecipano dalle tre alle quattro volte al mese ad amichevoli che vengono organizzate mischiandosi con gli atleti della squadra. 

La cura dell’altro parte dalla creazione di una “squadra mista”

Un percorso di socialità che è partito da due bisogni differenti che hanno saputo compensarsi: da un lato la necessità di infondere nuova linfa in una squadra che negli anni stava pagando una progressiva e naturale riduzione di organico, dall’altra la possibilità di integrare un percorso terapeutico con la partecipazione ad un’attività sportiva strutturata che porta con sé numerosi aspetti positivi. 

“Praticare uno sport (nel nostro caso il calcio a 5) – afferma Luca con la sicurezza di chi conosce molto bene la materia di cui si parla – permette di promuovere alcuni valori verso persone la cui identità e il cui corpo sono spesso compromessi da anni di tossicodipendenza, che anche attraverso la pratica sportiva possono fare proprie esperienze positive come: fare squadra, intesa come condivisione di un obiettivo comune con un gruppo di pari con i quali imparare a relazionarsi, solidarizzare, collaborare e confrontarsi.

Imparare la non violenza e il rispetto per l’altro, sia esso compagno di squadra da incitare o sostenere nell’errore, sia esso avversario da riconoscere nei meriti; promuovere la salute laddove lo sport è veicolo di benessere e di vitalità, se sganciato dalla logica della prestazione a tutti i costi; confrontarsi con le regole e con la disciplina, intesa come rispetto degli impegni presi e come ‘abitudine’ alla fatica; introiettare l’abitudine ad una quotidianità scandita dalle responsabilità personali, quali il lavoro, e della ricerca di attività ricreative gratificanti e socializzanti, quali lo sport come alternativa al tempo libero ‘vuoto’ e della noia; aumentare la conoscenza e l’accettazione di sé in termine di potenzialità e di limiti”.

Non siamo legati al risultato: il gruppo viene prima di tutto

Se poi, oltre all’aspetto terapeutico positivo arrivano anche i risultati sportivi, allora la soddisfazione è doppia. “Ma noi non siamo legati al risultato – ci dice Luca –. Infatti, in occasione dell’8ª giornata di ritorno del campionato provinciale (prevista giovedì 7 aprile, n.d.r.), l’ultima in casa per noi, come squadra abbiamo deciso di regalare a tutti i ragazzi che sono sempre venuti durante l’anno a fare le amichevoli, la possibilità di unirsi ufficialmente a tutto il gruppo (verranno per l’occasione tesserati) e di disputare una partita ufficiale di campionato, anche se siamo tutt’ora in corsa per il terzo posto.

Per noi il gruppo viene prima di tutto e qualora non dovessimo raggiungere l’obiettivo, non importa, perché come ripetiamo sempre: ‘Al di là dei risultati, prima di tutto gli amici’. E noi ci sentiamo come un unico grande gruppo di Amici”.

Una testimonianza vera di come lo sport possa essere veicolo educativo per il corpo e la mente, intrecciando storie di vita, lavoro e passione. Quando questo accade a beneficiarne, oltre ai ragazzi in campo, è l’intera comunità e tutta la grande famiglia del Csi di Bergamo.

Quel campo di calcetto alla Gasparina

Per chi volesse approfondire le opere della Cooperativa Sociale Gasparina di Sopra può visitare il sito www.gasparina.org nel quale si potrà anche leggere l’articolo che celebra la recente inaugurazione di un campo da calcetto all’interno della struttura che ha visto la partecipazione come ospiti Lovato e Pezzella, giocatori dell’Atalanta Bergamasca Calcio.

Le gesta sportive dell’Athletic Capüsì possono essere seguite nella sezione ‘Risultati e Classifiche” del sito www.csibergamo.it campionato di Calcio a 5 Gruppo C/D Girone L.