Papa Giovanni XXIII, in un libro le lettere inedite dei genitori: “Una parte poco conosciuta della sua vita, fatta di semplicità”

Mercoledì 5 ottobre presentazione di “Tutto il mondo è la mia famiglia” (San Paolo) alle 18 nello Spazio Viterbi del Palazzo della Provincia (via Tasso 8 Bergamo. Intervengono il presidente della Provincia Pasquale Gandolfi, il curatore del libro Emanuele Roncalli, giornalista e saggista, il vescovo emerito di Fidenza monsignor Carlo Mazza, Giulio Orazio Bravi, già direttore della Biblioteca civica Angelo Mai di Bergamo. Modera Andrea Valesini, caporedattore de L’Eco di Bergamo. Ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

“Ora più che mai tutto il mondo è la mia famiglia. Questo senso di appartenenza universale deve dare tono e vivacità alla mia mente, al mio cuore, alle mie azioni”. 

La copertina del volume

A sessant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962) e a quasi sessant’anni dalla morte di Giovanni XXIII (Sotto il Monte, 25 novembre 1881 – Città del Vaticano, 3 giugno 1963), Emanuele Roncalli pronipote del pontefice bergamasco, cura una raccolta di “Lettere ai cari e risposte da cuore a cuore”, come recita il sottotitolo di “Tutto il mondo è la mia famiglia” (Edizioni San Paolo 2022, pp. 189, 18,00 euro), che dedica “A Giuseppe Roncalli, fratello di Papa Giovanni XXIII”.

Il carteggio comprende messaggi epistolari fra Angelo Giuseppe Roncalli e i suoi genitori, ed è composto da 84 documenti del periodo che va dal 1901 al 1935. Le 35 lettere del futuro pontefice, appaiono anche circa 50 missive inedite dei genitori Giovanni Battista Roncalli e Marianna Mazzola che scrivono al figlio, rappresentano straordinarie testimonianze dell’esperienza di fede, speranza e carità di una famiglia patriarcale, tipica della Bergamasca di fine Ottocento, dove i genitori e i giovani lavoravano nei campi, le donne a casa e nelle filande.

“La gente conosce soprattutto il periodo nel quale Roncalli è papa e non conosce tutte le tappe della sua vita. Il giovane Angelo Giuseppe in famiglia è stato solo per dieci anni, è stato in seminario prima a Bergamo, poi a Roma, per poi intraprendere la sua carriera all’interno della Chiesa. Nonostante ciò Roncalli è sempre rimasto vicino alla sua famiglia, al paese di origine. Ovunque andasse, e queste lettere lo testimoniano, il suo pensiero era costantemente legato ai suoi affetti. Nel periodo bulgaro, Roncalli portò con sé due sorelle, Ancilla e Maria, questo per dire che il senso della famiglia lo avvertiva sempre”.

Abbiamo intervistato Emanuele Roncalli, scrittore, saggista e giornalista de “L’Eco di Bergamo”, che ci conduce nel mondo e negli affetti di Angelo Giuseppe Roncalli, l’uomo di Chiesa fra i più amati del secolo scorso.

“L’educazione che lascia tracce più profonde è sempre quella della casa. Io ho dimenticato molto di ciò che ho letto sui libri, ma ricordo ancora benissimo tutto quello che ho appreso dai genitori e dai vecchi”.

  • Roma, 12 gennaio 1901. “Carissima famiglia, Forse è già da tempo che aspettate mie notizie”. Dove si trovava il giovane Angelo Giuseppe quando scrisse questa lettera ai suoi genitori?

«Angelo Giuseppe è appena entrato nel Pontificio Seminario Romano di Sant’Apollinare e qui racconta alla famiglia come è stato accolto. Dobbiamo pensare che il futuro pontefice a vent’anni si ritrova catapultato dentro una realtà, quella della Capitale, completamente diversa da quella dalla quale proveniva. Da questa lettera si vede tutto il trasporto e la gioia del giovane Roncalli per essere arrivato a Roma a vivere una nuova esperienza. Siamo nel 1901 e Angelo Giuseppe è ancora chierico. Nel volume, subito dopo questa lettera, c’è la risposta dei genitori, che si rallegrano per le notizie che giungono da Roma, il loro figlio ha già potuto vedere Papa Leone XIII: “Domenica sera in S. Pietro in mezzo a migliaia di splendori, l’ho potuto avvicinare, contemplarlo bene e riceverne la benedizione”. Nella missiva traspaiono sia sentimenti di natura spirituale sia notizie pragmatiche, come la notizia che proviene da Sotto il Monte della malattia della sorella Maria».

  • Sofia 10 aprile 1930. “Miei carissimi genitori, fratelli, e tutti di famiglia”.Una missiva del carteggio proviene da Sofia, Bulgaria. Desidera ricordare l’importante missione del diplomatico Roncalli in Bulgaria? 

«Sicuramente Roncalli nel 1925, nel periodo bulgaro affina le sue doti diplomatiche. Ha a che fare con ortodossi, musulmani e sa benissimo che l’unica via per poterli avvicinare è quella del dialogo. In Bulgaria il diplomatico Roncalli sarebbe dovuto stare pochissimo, invece vi rimase un decennio. Di questo periodo ho un ricordo personale. In una lettera Roncalli scrive che dopo qualche tempo sarebbe andato negli Stati Uniti. A casa ho un libro, che è appartenuto al mio prozio, donatomi da Mons Loris Capovilla, per oltre un decennio segretario particolare di Roncalli, che parla degli Stati Uniti. “Vedi”, mi disse Capovilla, “tuo zio teneva talmente tanto ad andare in America, che aveva comperato in Bulgaria una guida scritta in francese per imparare qualcosa su questo Paese”. Importante per il diplomatico Roncalli anche il periodo turco quando, insieme all’ambasciatore tedesco in Turchia, il cattolico Franz von Papen, riesce a salvare una nave piena di bambini ebrei. Come nunzio apostolico a Parigi, Roncalli salva alcuni sacerdoti considerati dei collaborazionisti». 

  • “Carissimo mio figlio”. Nel carteggio vi sono anche le lettere inedite, che papà Giovanni Battista e mamma Marianna scrivono al figlio. Ce ne vuole parlare? 

«Secondo il mio modesto parere con la pubblicazione di queste lettere inedite si colma un vuoto nella letteratura riguardante Papa Giovanni XXIII. Tutti conoscono le lettere che Roncalli scrisse ai famigliari, ora abbiamo pubblicato le lettere di risposta, chiudendo in tal modo un cerchio. Queste lettere hanno un secolo di vita, la maggior parte le ho ricevute da Mons Capovilla nel 1986, nel 1988 per Rusconi curai “Lettere alla famiglia”. Da lì poi, con il tempo, ho cercato di recuperarne altre, il problema maggiore è stata la trascrizione delle lettere, chiaramente tutte scritte a mano. Importante scrivere le note, ai nomi citati ho dovuto dare un volto, quindi contestualizzare tutto». 

  • È vero che il pensiero alla sua famiglia, e a quelle di tutto il mondo ha sempre accompagnato tutta la vita di Papa Roncalli? 

«Sì. Nelle pagine di introduzione del testo, voglio far comprendere al lettore cosa significava il concetto di famiglia per Roncalli. La famiglia era sì quella di origine, ma poteva anche essere quella degli studenti quando il giovane Angelo Giuseppe studiava al seminario o quella dei bulgari quando si trovava in Bulgaria. Quando viene eletto Papa Roncalli dice: “Sì, voi siete la mia famiglia d’origine, però tutto il mondo è la mia famiglia” ». 

  • Gli originali dei documenti pubblicati, dove sono custoditi? 

«Li custodisco io, come altre memorie di Roncalli lasciatemi da Mons Capovilla o da mio padre. Conservo come una reliquia una vecchia sveglia, che non funziona più, che Papa Giovanni fece spedire ai miei genitori. Mio padre, nipote del papa, che si chiamava Privato, credo che sia stato l’unico nipote presente nella stanza di Papa Giovanni il giorno della sua morte. Roncalli chiamò ad uno ad uno le persone che gli stavano vicine, perché aveva compreso che stava per morire. A mio padre disse, benedicendolo: “Mi raccomando, ricorda ai tuoi figli, Marco ed Emanuele, chi sono stato. Mi piace il nome Marco, mi ricorda San Marco, la mia Venezia, Emanuele è un bel nome, perché significa Dio è con noi”. Una sorta d testamento spirituale da tramandare ai nipoti».

  • Qual è, oggi, l’attualità del pensiero di Giovanni XXIII? 

«Sicuramente il dialogo e la pace, pensiamo alla “Pacem in Terris” l’ultima enciclica di papa Giovanni XXIII pubblicata l’11 aprile 1963, che in questi momenti difficili va (ri)letta soprattutto alle giovani generazioni e quindi rivalutata, perché incentrata sulla pace fra tutte le genti nella verità, nella giustizia, nell’amore e nella libertà. Infine desidero aggiungere una cosa che ritengo sia importante. Tra pochi giorni saranno sessant’anni del Concilio Vaticano II. Tutti ricordano il celebre discorso noto come “alla luna” del “Papa Buono”, la parte dove il Pontefice dice: “Tornando a casa, date una carezza ai vostri bambini e dite questa è la carezza del Papa”. Ma se andiamo a rileggere bene quel discorso c’è un passaggio poco ricordato: “La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato Padre per la volontà di Nostro Signore, ma tutt’insieme: paternità e fraternità e grazia di Dio, tutto, tutto!”. C’è in questa frase tutto il senso dell’umiltà e della semplicità di Roncalli, che amava stare tra la gente e non sul trono».