Chiese dismesse: la società cambia, ma la fede va custodita

Cara suor Chiara,
Sono rimasta colpita dalla notizia che in Germania molte chiese dovranno essere dismesse e adibite ad altri usi perché la gente non le frequenta più. Sono una studentessa di storia dell’arte e sono credente. Mi rattrista sia la crisi della fede, e il fatto che molti se ne allontanino, sia il destino degli edifici sacri. Mi sembra impossibile che possano essere adibiti ad abitazioni e negozi, oppure addirittura demoliti. Per di più costituiscono un pezzo importante della storia delle comunità, un tesoro anche dal punto di vista culturale e artistico. Che cosa ne pensa?
Sara

Cara Sara, comprendo la tua sofferenza di fronte alla realtà delle chiese che dovranno essere dismesse e adibite ad altri usi per la mancanza dei fedeli. È una situazione che preoccupa, non solo perché viene meno la ricchezza artistica e culturale di cui esse sono portatrici, ma perché è segno della secolarizzazione che colpisce l’Europa: in questo modo si rischia di dimenticare la storia di comunità cristiane che hanno celebrato in quei luoghi la loro fede e vissuto la loro esperienza di chiesa. 

Le chiese-edificio svolgono un ruolo importante nei paesi e nelle nostre città, oltre che una funzione polarizzante in termini urbanistici. Tale ruolo trae le sue origini non soltanto dal valore storico-artistico di cui l’edificio di culto spesso è rivestito, ma innanzitutto dal sentimento religioso di una popolazione, legato alla propria chiesa. Infatti, nonostante la secolarizzazione della società odierna, per molte persone essa è segno della presenza di Dio e della Chiesa nel mondo, anzi la chiesa è la casa di Dio. Pertanto la sua specificità, rispetto agli altri mezzi di cui essa dispone per la sua missione di salvezza, consiste, prima di ogni altra cosa, in un evidente segno di evangelizzazione perché gli edifici di culto sono indispensabili per mantenere, impiantare o risvegliare la fede in una popolazione.

Affinché un edifico sia sacro, occorre che esso non sia destinato a qualsiasi culto, ma soltanto alla celebrazione della lode del Signore che il popolo di Dio vive in tempi stabiliti. Cambiare il fine per il quale sono stati costruiti è svilire la loro missione. Dobbiamo però constatare il cambiamento radicale che stiamo vivendo, quel cambiamento d’epoca di cui il papa continua a parlare, perché le trasformazioni avvenute nella società influiscono in maniera determinante sulle persone, sulle abitudini e gli stili di vita, sul modo di relazionarsi, di vivere la fede, la scienza, la cultura, di rapportarsi fra generazioni.

Basta parlare con i giovani per comprendere come sia per loro lontana una visione di fede che interpelli l’esistenza. Non dobbiamo lasciarci sorprendere dalla progressiva diminuzione delle presenze in chiesa, se il clima nel quale viviamo è così distante da una certa sensibilità religiosa, ma dobbiamo e possiamo coglierlo come sfida a cercare nuove vie di presenza e di evangelizzazione. Il Vangelo ci dice che la dimora di Dio, dopo l’incarnazione è l’uomo e le sue tracce sono sparse nel mondo: come credenti cerchiamo di camminare in compagnia degli uomini e delle donne del nostro tempo ascoltando il soffio dello Spirito nascosto nella vita, abitata dal suo Creatore, anche là dove sembra essere più lontano.

Il Signore continua ad accompagnare e custodire i suoi figli e non li abbandona. Cambieranno le forme, ma non il cuore; tutto potrà passare, ma non Gesù che è per sempre, Lui, che è il principio e la fine, il compimento, la bellezza che salva. Lui, il Signore della vita e della storia ispirerà vie ora nascoste affinché il suo amore sia conosciuto. Forse la fede sarà custodita da piccole comunità che saranno lievito per tutta l’umanità: a loro anche il compito di continuare a valorizzare quel patrimonio artistico che rende le chiese luoghi di cultura e di bellezza per ogni uomo.

  1. Preoccupazione condivisibile e risposta confortante.

    Di questi problemi se ne é parlato anche a “REPORT”, nella trasmissione dello scorso 7 novembre, con il titolo: “LA MESSA E’ FINITA”.
    Vicenda triste, ancor più triste se si considera che l’origine del problema è la MANCANZA di FEDELI.

    Della mancanza di fedeli cristiani, nell’accezione più ampia, se ne da conto anche in un articolo pubblicato a fine novembre da “IL GIORNALE”, a firma di Erica Orsini, ripreso poi dal sito DAGOSPIA a questo link:
    https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/non-rsquo-nbsp-piu-religione-nbsp-galles-inghilterra-334011.htm

    Tale sito, riassume così il senso dell’articolo:
    “GALLES E INGHILTERRA NON SONO PIÙ PAESI A MAGGIORANZA CRISTIANA:
    SOLO IL 46,2% DEGLI ABITANTI SI DEFINISCE TALE
    – NEI DUE PAESI È AUMENTATO VERTIGINOSAMENTE IL NUMERO DEGLI ATEI, CHE TOCCA QUOTA 37,2%,
    MA CRESCONO ANCHE I MUSULMANI, ORMAI SOPRA QUOTA 3,9 MILIONI IN TUTTO IL REGNO UNITO

    – LA MAPPA:
    DOVE CI SONO PIÙ MINORANZE ETNICHE CI SONO PIÙ FEDELI,
    VICEVERSA DOVE LA POPOLAZIONE BIANCA È IN MAGGIORANZA CI SONO PIÙ ATEI…”

  2. Adesso c’è il Sinodo, sia a livello provinciale che nazionale, ma molte parrocchie col covid hanno deciso che si può fare a meno del Consiglio Parrocchiale…
    Non solo le chiese sono più vuote: anche i campanili sono coperti dai condomini…
    Certo non è più il tempo della Cristianità! Però c’è anche tanta televisione con il Papa…
    Forse all’esigenza di spiritualità si dovrebbe offrire un ecumenismo più convinto.

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