Danilo Gotti: da infermiere a missionario laico in Bolivia con «Casa Familiar» al fianco dei disabili

Una piccola grande goccia di speranza nel cuore della Bolivia. Questo è Danilo Gotti, classe 1956, missionario laico bergamasco, originario di Villa D’Almé, che, da trentasette anni, ha fatto della Bolivia la sua “casa” anzi la sua “famiglia”.  Venerdì scorso, all’interno del salone principale dell’Oratorio di Ponteranica, ha portato la sua testimonianza di missionario laico alla presenza del Parroco e di amiche della comunità.

A metà degli anni ’80, Danilo Gotti era un infermiere che, dopo aver svolto il servizio civile, lavorava in una clinica di Firenze a stretto contatto di chi soffre e di chi è emarginato. «Dopo quest’esperienza a Firenze, io volevo trovare qualcosa che valesse la pena di vivere e così, nel 1986, ho scelto la Bolivia», racconta Danilo Gotti.

Con una superficie di 1 098 581 km² e una popolazione di circa 12 milioni di abitanti, la Bolivia è ancora oggi uno degli stati più vasti del Sud America.  Sebbene, a livello economico, la Bolivia sia uno stato a medio reddito con un passaggio da un’economia di stampo liberista a un’economia mista, quasi il 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà nazionale e gran parte di essa non riceve un’adeguata assistenza socio-sanitaria. Cochamba è una delle principali città in Bolivia per la concentrazione maggiore di abitanti che vivono all’interno di agglomerati fatiscenti e baraccopoli prive di infrastrutture e servizi base quali acqua, elettricità e fognature. È lì che Danilo Gotti, nel 1986, ha dato una svolta alla sua vita diventando missionario laico.

Danilo Gotti racconta a Ponteranica la sua testimonianza di missionario laico

«Quando arrivai in Cochabamba, – prosegue Danilo –  cominciai a lavorare, per quattro anni, alla “Ciudad del niño”, istituto fondato e gestito dal Patronato San Vincenzo, che ospita bambini e ragazzi con difficili situazioni familiari; qui, ricevetti aiuto da vari preti missionari bergamaschi e presi una casa in affitto nella periferia della città per far studiare e lavorare insieme i ragazzi più disagiati».

Il suo obiettivo era di offrire un luogo dove i ragazzi con difficoltà familiari, fisiche e psichiche potessero sperimentare più da vicino un clima di famiglia, imparando ad accettarsi, a condividere vari momenti della quotidianità e a valorizzarsi reciprocamente. Questo luogo l’ha chiamato «Casa Familiar» e, a oggi, si occupa di accoglienza e riabilitazione per giovani e adolescenti con disabilità in Cochabamba. «È una casa di 600mq: all’interno c’è la cucina con la cocinera (la cuoca in spagnolo) che prepara da mangiare, una sala da pranzo, dei bagni e delle stanze da letto per i ragazzi, mentre all’esterno la casa è molto colorata per i murales ed è circondata da un piccolo giardino», descrive Danilo.

Danilo Gotti con i suoi “figli” nella «Casa Familiar» a Cochabamba. Fonte: Facebook

Nel contempo, a 80 km da Cochabamba, negli anni ’90, Danilo Gotti, ha comprato un terreno a Corani Pampa per dare vita a un progetto alberghiero per i ragazzi della Casa Familiar e godere la vita in campagna e fare anche terapia occupazionale. Oltre a Danilo, a gestirlo, si erano uniti Julio Córdova e Víctor Araníbar. Nel complesso, il progetto è composto da “tre pilastri”: il primo è l’area sociale con il lavoro svolto con i giovani; il secondo è la proposta turistica e ristorativa; il terzo è la coltivazione agricola del podere. Alla costruzione di quest’albergo sono stati coinvolti non solo i gestori, ma anche i ragazzi della Casa Familiar che si sono subito messi all’opera, dalla fattoria alle stanze. L’hotel si chiama «Campo Aventura, núcleo de actividades y servicios turísticos» ed è amministrato da Valentina Rossi, anche lei venuta in missione come Danilo. In quest’albergo, situato in altura, è possibile, godere di giornate all’aria aperta e a contatto con la natura; vengono offerti dei piccoli circuiti a cavallo, passeggiate o fuoristrada.

In questi anni, la sua Casa Familiar ha ospitato ragazzi con deformazione o handicap di natura fisica o psichica: dai ragazzi con tumori incurabili, ai sordomuti, a quelli in carrozzina a causa di incidenti stradali. Sebbene ci sia un mondo variegato di sofferenza, il clima che si respira in questa casa è di armonia, di cooperazione e di lavoro grazie a Danilo Gotti e ai volontari che si sono succeduti qui, in missione.
Ad oggi, i ragazzi accolti nella Casa Familiar sono diciotto e sono tutti maschi: «alcuni sono tetraplegici, altri paraplegici, uno ha la sindrome di down;  c’è un clima di collaborazione e si fanno diverse attività: c’è chi pittura, chi fa lavoretti manuali e chi ascolta la musica, in particolare brasiliana, boliviana e reggaeton», dice Danilo Gotti. Inoltre, di recente, ad assistere i ragazzi o i “figli” di Danilo, c’è Bismark, un ragazzo di trentatré anni, boliviano, che sta studiando assistenza domiciliare all’università. «Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, in Casa Familiar c’è un fisioterapista e, in caso di visite da un dottore, io mi occupo di accompagnare i ragazzi, affinché possano relazionarsi con il mondo esterno», aggiunge Danilo.

«Quello che voglio dire ai giovani che vorrebbero andare in missione è di imparare ad accogliere e rispettare prima in casa propria perché è importante», afferma Danilo Gotti. E ora, prossimo alla pensione, «voglio godere la mia vecchiaia in Bolivia, perché non è più solo un progetto, ma è la mia casa e se Dio vuole mi piacerebbe ritrovarvi tutti», conclude Danilo Gotti.

Per coloro che volessero ulteriori informazioni sulla struttura «Casa Familiar di Danilo Gotti», si può consultare la pagina Facebook.