Adolescenza: il tempo della solitudine. Mai perdere la concretezza

Mi è sempre difficile trattare e analizzare i comportamenti dell’adolescenza. Nella “selva” dell’adolescenza entro in punta di piedi, consapevole delle difficoltà che mi aspettano.

Devo riconoscere di non essere in possesso di certezze assolute, ma solo di indicazioni e ipotesi semplici, frutto dell’esperienza e di tanti incontri avuti con gli adolescenti nella scuola, in oratorio, nei tanti incontri terapeutici. Il mio sforzo educativo si è sempre orientato verso i giovani con l’intento di capire i loro disagi e inventare un metodo comunicativo per interagire, fare in modo che lo scambio di idee e opinioni, avvenisse spontaneamente.

Non serve avvicinare l’adolescente con sospetto o con in tasca qualche etichetta da applicare gratuitamente. È inutile esprimere slogan di moda che vogliono far apparire l’adolescente un ribelle, un “pazzo”, incapace di relazioni, di contatto, di convivenza.

L’aumento di suicidi e degli omicidi tra gli adolescenti inquieta l’opinione pubblica. Leggiamo sui giornali: “Hanno un lavoro, una famiglia, tanti amici e si annoiano. Così alcuni ragazzi di provincia ammazzano il tempo gettando sassi dal cavalcavia”; “I giovani nella spirale della violenza. Baby killer aggrediscono, commettono stupri di gruppo, rubano”; “Un adolescente chiede scusa ai genitori e si ammazza”. Una cronaca davvero spaventosa.

Chi, per professione, si occupa di adolescenti sa per esperienza diretta che l’adolescente è solo. Gli incontri, le amicizie chiassose, sono modi per far tacere l’angoscia interiore che lo rode. La solitudine per l’adolescente ha motivazioni precise e complesse: ignorarle equivale a lasciarlo a se stesso, nel suo mondo d’incertezze e perplessità, ed esporlo, quindi, ai pericoli e ai rischi che possono comprometterne il futuro.

Come prevenire tale “strage”? forse sarebbe utile conoscere i lineamenti più caratteristici della psiche dell’adolescente, così da favorire un rapporto educativo intelligente, capace di liberarlo durante l’inserimento nel contesto amicale, sociale.

Vale la pena tentare di tratteggiare le caratteristiche dell’adolescenza, di questo mondo in cui, spesso, ombre e luci si susseguono. L’adolescenza è soprattutto un periodo di disadattamento. Il bambino presenta un buon adattamento ai genitori, al gruppo di pari. L’adolescente non sa più rapportarsi, coglie ovunque impedimenti, conflittualità, inadeguatezze.

CARLO DICE: “Mi accorgo che sono solo e non riesco a capirmi e a capire gli altri”.

Mi sembra utile esemplificare alcune situazioni di solitudine con cause diverse. O meglio, cercare di spiegare che la solitudine è solo un sintomo di cause diverse.

Esiste, nell’adolescente, uno stato di solitudine dato dalla perdita di motivazioni. Nel periodo della fanciullezza alcuni valori ricevuti dai genitori sostengono le azioni, spingono all’attività, al gioco, alle mille avventure. Improvvisamente questi incentivi diventano sfuocati e insignificanti.

L’equilibrio ne risente: viene meno la spinta, l’input ad agire e subentra uno stato di abulia, di passività sconcertante. Ne consegue la caduta dei sentimenti, dei desideri: è la “malattia demotivazionale”. La malattia guarisce se noi adulti insistiamo nel presentare all’adolescente la vita in termini reali.

Mi piace paragonare questa età ad un aquilone che spazia ovunque, tenuto a bada da un filo sottile. Troppo spesso l’adolescente non conosce la presenza di adulti che lo costringono a “scendere”, a toccare terra, a conoscere la legge della vita che, purtroppo, è fatta di quella grettezza e stupidità che amareggia e delude. Il consiglio che do, non lo vado a cercare nei “santuari” della psicologia, è un consiglio semplice e pratico: fare in modo che l’adolescente prenda, pian piano, “zuccate” benefiche. Qualche cerotto in testa non gli farà male.

  1. bene le zuccate,le pedate…ma consapevoli della cura che, invisibile è dentro di ognuno, il mistero di cui siamo eredi e,ci vuole tutta la vita per “scoprirlo” per viverlo poi in pace….
    L’adolescenza? Soli a scoprire che tutto quel che “vogliamo” noi adulti è *che vedano solo il bello della vita .Spiegare le brutture non è facile per niente,<ancora più cercare di farne bellezza.Eppure il tempo dell'adolescenza tutti l'hanno passato e lo passano. Gesù stesso si è allontanato dai genitori ed appena lo hanno trovato li ha zittiti…La fanciullezza è tempo di formazione per un'adolescenza *sicura*.
    Non bastano i genitori,i nonni,ma, con la scuola,la catechesi , tutte le persone in cui si ha a che fare per un lazzo di tempo ,insieme per ogni bambino, fanciullo, adolescente…Tutti sono speciali hanno solo da trovare la loro specialità nel condividere con gli altri.

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