San Francesco di Sales: troppe parole nella società di oggi, usiamole per portare speranza

«Oggi, il potere delle parole è immenso. Anzi, nella società di oggi ci sono troppe parole. Alcune parlano di bene e di speranza, ma altre purtroppo parlano soltanto di male. Ecco perché, oggi più che mai, è necessaria una comunicazione del bene, fatta con il cuore, nella verità e a servizio della società».

Sono le parole di don Michelangelo Finazzi, vicario episcopale per i laici e la pastorale, che ha presieduto la Concelebrazione eucaristica, mercoledì mattina 24 gennaio nella cappella del Patronato San Vincendo, in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli operatori nel mondo delle comunicazioni sociali. Con lui hanno concelebrato monsignor Giulio Dellavite, delegato vescovile per relazioni istituzionali ed eventi diocesani; don Davide Rota Conti, direttore dell’Ufficio diocesano cultura, beni culturali e comunicazioni sociali; monsignor Andrea Paiocchi, parroco emerito di Santa Caterina, in passato impegnato nell’ambito del giornalismo; don Mattia Magoni, già direttore dell’Ufficio diocesano pastorale comunicazioni sociali. «A nome del vescovo Francesco Beschi — ha detto don Rota Conti all’inizio della Messa — vi ringrazio per la vostra presenza e per il vostro lavoro. Parlando di San Francesco di Sales, Papa Francesco l’ha definito “un vescovo che parla con il cuore”. Per questo santo, la comunicazione era un riflesso dell’animo. In questa Eucaristia vogliamo ricordare tutti i giornalisti del mondo, soprattutto quelli che stanno operando in zone pericolose e insieme ricordare anche tutti i giornalisti defunti, fra cui il vostro collega Marco Dell’Oro, scomparso recentemente». 

Al centro dell’omelia di don Finazzi il potere buono e cattivo delle parole. «La parola è un potere, un clima, una direzione. È incredibile il potere di una parola nel bene e nel male. Il potere delle parole rappresenta la realtà. Un potere che però può alimentare catastrofismo, pessimismo e dispersione, invece che alimentare speranza, fiducia e cultura. Le parole devono essere a servizio del bene e della verità, altrimenti sono a servizio di potere, ideologie, guadagno, ricerca di applausi. La parola vera, libera e autentica è un grande servizio alla società».

Don Finazzi ha poi ricordato l’azione episcopale di San Francesco di Sales nella sua diocesi di Ginevra, dove molti cattolici avevano abbracciato il protestantesimo, per esempio distribuendo opuscoli e foglietti anche sotto le porte delle case, o affissi ai muri. «Aveva un’intelligenza e una creatività non comuni. A chi gli diceva di poter usare i cannoni nelle dispute religiose, rispondeva che, per far breccia nel cuore delle persone, preferiva usare mitezza e dolcezza, che alla sua epoca erano parole rivoluzionarie». Fra l’alluvione di parole che caratterizza il nostro oggi, bisogna far spazio a un’unica parola, quella di Dio.

«È la bussola della vita anche per chi non è credente — ha aggiunto don Finazzi —. Pensiamo alla parabola del seme: anche uno solo può portare a un risultato straordinario. Non dobbiamo scoraggiarci se la Parola di Dio non arriva a buon fine, oppure viene soffocata o dispersa. Non bisogna mai stancarsi di seminare il bene e la speranza, nella certezza che i risultati arriveranno, magari anche in modo straordinario».

Don Finazzi ha concluso con tre inviti. Il primo è «non sottovalutare mai il potere della Parola di Dio anche nella nostra società, in cui si trova una pluralità di voci». Il secondo è «non sottovalutare il potere delle nostre parole, che devono essere sempre coniugate nella bontà». Il terzo è «non sottovalutare la potenza di un seme che porta sempre frutto».