Giovani, politica, fede: gli elementi di un “ritiro sociale”. Fuggire in un altrove che non c’è

Nell’intervista fatta da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera di domenica 19 maggio, il cantautore Niccolò Moriconi, in arte “Ultimo”, 28 anni, dichiara: “Essere giovani oggi è tremendo”. Da prendere sul serio, perché si tratta di un esponente “intellettuale”, lo dico senza ironia, della generazione Zeta, quella che decorre dal 1995.

Intellettuale, perché fornisce autocoscienza e materiali per la costruzione del Sé a milioni di ragazzi-follower, più di 3 milioni e 600 mila. Canta “l’ira funesta”, le pulsioni belliche, il nazionalismo aggressivo, le velleità rivoluzionarie, la volontà di rivolta di una generazione? No, ne canta “il disagio”, la depressione, il ritiro dal mondo verso la propria interiorità…

Dice Ultimo: “… la realtà non è sensata. La realtà è tremenda. È schifosa. Guerra, paura, sottomissione, chiusura… Per questo ci costruiamo un altrove”. Perché, siamo tutti dominati dal Mercato. 

Le uniche forze che potrebbero fornire un senso allo stare nel mondo sono la religione e la politica. Ma in chiesa non ci va più nessuno.  Quanto alla politica, Ultimo confessa di non avere mai votato: “…siamo stufi di questa spaccatura tra destra e sinistra… sono contrapposizioni che hanno stancato. Fascisti e comunisti: i giovani non ne possono più. Cos’è la sinistra? L’ipocrisia del buonismo? Cos’è la destra? Il cattivismo di chi chiude i porti a coloro che muoiono in mare?”.

Liquidata così la politica, prigioniera degli opposti estremismi del buonismo e del cattivismo, che cosa resta ad un ragazzo? Beh, un universo di universi, à la Matrix, il mondo virtuale dei social, di Tik Tok, di Instagram. Ma, osserva Ultimo, “i social ti anestetizzano… ti stuprano il cervello”.

Così “… ci stiamo addormentando… stiamo diventando amebe”. Che cosa resta, infine? “L’interiorità, l’idea di superare se stessi”. O la generosità dell’impegno personale. Resta il privato dei buoni sentimenti, di una carezza all’alba, prima che “lei” se ne vada e tu resti nel tuo letto – così nella canzone “Alba” -, magari avvinto ad un social. Qualora non bastasse, c’è sempre uno psicoterapeuta con cui fare quattro chiacchiere. Oppure, e qui Ultimo cita Carl Gustav Jung, restano “le sincronicità: come incontrare la persona giusta al momento giusto”. 

Alla domanda “Qual è l’altrove per lei?”, Ultimo risponde: “Bere un buon vino con i miei amici. Guardare Shameless, una serie americana, con la mia fidanzata Jacqueline. Le canzoni. Non è scappare dal mondo; è guardarlo con gli occhi dell’altrove”. Questo è quanto. 

Si potrebbero avanzare maliziose considerazioni sulla redditizia industria del disagio, che fa la fortuna di cantautori e rapper. Ma il disagio è un fatto. È quello dei nostri ragazzi, che sono l’avvenire delle nostre famiglie e, in ogni caso, dell’Italia. 

Intanto, occorre, in prima istanza, circoscrivere l’area geopolitica del disagio. Si tratta dell’Occidente. I giovani cinesi o indiani o iraniani o africani non paiono soffrire della “sindrome del non-senso”.

Si confrontano direttamente con un mondo scabro, con una storia dura. Secondariamente, e nonostante le retoriche sulla povertà e sulla disoccupazione giovanile, il disagio in Occidente non nasce da ragioni economico-sociali, benché esistano, ovviamente, fasce minoritarie “povere”.

La gioventù italiana e occidentale di oggi, se paragonata a quella delle generazioni precedenti, non è mai stata così opulenta, così benestante, così assistita, così protetta.  

Mi sarei aspettato che l’intervistatore Cazzullo, in quanto giornalista e persona adulta, movesse una contestazione elementare: “Sei proprio sicuro che la realtà sia così schifosa, tremenda, insopportabile?”. “Guerra, paura, sottomissione, chiusura” sono fenomeni apparsi solo dopo il 1996, anno della tua nascita? 

Perché è mancato il coraggio di far notare a Ultimo che la sua percezione della storia e del mondo è radicalmente falsa? Forse la Storia del ‘900 e dei secoli precedenti è stata più sensata?  Donde viene questa visione del mondo, per la quale ci si attende un improbabile l’Eden, così che la Storia reale che ci viene incontro è vissuta come un Inferno?  

La mancanza di senso dei giovani non nasce dallo stomaco, ma dal loro cervello e da quello dei loro padri/madri. 

È una crisi metafisica. È effetto della caduta della Fede e della Ragione. Per chi ha Fede, il senso della Storia è già dato. Devi solo decidere se stare o no nella corrente di senso, che Dio immette nella storia, da sempre. Per chi ha solo la fede nella Ragione, la Storia si presenta certo come Caos e come Caso, ma alla Ragione è attribuita la capacità di individuare e di introdurre delle nervature di senso nella Storia. Così dal Caos si passa al Cosmos, dal Caso al Destino.  Le tre virtù teologali – fede, speranza, carità – sono sempre state il motore della Storia umana, perché sono le leggi della vita, dei corpi viventi, dell’evoluzione autocosciente. Solo che la Storia come la Vita ha anche un’altra faccia: dello scacco, della lotta violenta per l’esistenza, della morte. In una parola, della finitudine. La Storia reale è questo intreccio. È la condizione umana. Non ce n’è un’altra. 

Alla domanda sul perché questo motore si stia spegnendo nel cervello collettivo dell’Occidente bianco sono state date molte risposte, da Friedrich Nietzsche in avanti. Qui le by-passiamo, tanto sono note.

Anche perché sono costretto a confessare di non avere risposte né per il destino dell’Occidente né per quello dell’umanità né per Ultimo. Ma mi soccorre il racconto che san Gregorio Magno (540-604) nel Secondo libro dei Dialoghi – riportati dalla grande Patrologia del Migne – fa della vita del giovane quasi suo contemporaneo Benedetto da Norcia (480-547), mandato dalla sua nobile famiglia di provincia a studiare a Roma.

Trovatosi nella Roma del declino dell’Impero, tra la jeunesse dorée della dissoluta aristocrazia romana, Benedetto “retraxit pedem”: “ritrasse il piede che aveva appena posto sulla soglia del mondo per non precipitare anche lui totalmente nell’immane precipizio. Disprezzò quindi gli studi letterari, abbandonò la casa e i beni paterni e volle far parte della vita monastica”.

Ne scaturì quell’” Ora et Labora” che ha fondato l’Europa. Tradotto: “Ora” – prega – significa andare verso il mondo con il senso del proprio limite e della propria finitudine. Quanto al “Labora”: lo si può tradurre con la stoica esortazione che Max Weber rivolse ai suoi studenti a Monaco nel tragico inverno del 1918: “Ci metteremo al nostro lavoro e adempiremo al ‘compito quotidiano’, nella nostra qualità di uomini e nella nostra attività professionale”.

Aggiungo un consiglio accorato ai genitori degli Ultimo: accompagnateli nel mondo, non proteggeteli dal mondo. E ai figli: non disprezzate gli studi letterari. Lo studio della Filosofia, della Storia, degli scrittori e dei poeti vi fa vedere la storia umana così com’è e come possiamo, ogni generazione che viene al mondo, renderla abitabile per ciascuno di noi. L’Altrove non esiste. “Il ritorno all’interiorità”, vuota della Storia reale, è solo narcisismo. 

  1. Sono abbastanza anziano: ho ormai una certa età, come Giovanni Cominelli, che prova a discettare sul disagio dei giovani d’oggi. Personalmente, non me la sento.

  2. Sempre grato fui a questo eterno … osservatore! Felici considerazioni -come Leopardi che mentre negava l’esistenza di un senso ti faceva amare la sua mancanza- qui il buon Giovanni ti scatena la voglia di interessarti a quel che accade al nostro povero mondo e a raccogliere la sfida per un giudizio. Grati anche a Ultimo e non al “suo” altrove… Tu dici di non avere risposte e poi ci fai appassionare alla storia bellissima di Gregorio Magno e Benedetto. Si vede che speri (sbaglio?)che riaccada per noi quel che ci è già accaduto…quindi una mezza risposta ce l’hai. Epperò “ti avverto” che il bravo Scola (un altro grande intervistato da Cazzullo) in non so più quale libro ( forse in “Ho scommesso sulla libertà” ) mette sul chi va là sul modo di concepire i gruppi alla Benedetto. Veniamo al…bello! Ultimo e l’altrove, ovvero la sua percezione del reale smentita dalla storia? concordo! Cazzullo senza coraggio? vero! cosa ci rimane? ci rimane che …ci rimane l’io! E siccome le forze che governano la storia sono le stesse che governano l’uomo, io dico che su puntiamo sull’io la speranza è ben posta. Quale io? quello di Rebora: l’io che “vede” – ed oggi accade sempre più se non a tanti a non pochi(sì)- vede che può dire Tu a Uno che è accanto a lui: “Nell’imminenza di Dio/ la vita fa man bassa sulle riserve caduche”: è l’io che fuoriesce dal nichilismo ( mi spiace per IL Montale del “Forse un mattino…”) cioè quello che non è ossessionato dalla propria autosufficienza e illusoria autonomia e vuole affermare il proprio successo nella vita per rivendicare (ma verso chi?) alle proprie mani la propria consistenza: l’io decide che affermare la realtà è affermare non la dipendenza creaturale appena, non la propria derivazione dal nulla ma la comunione con Dio, che è tutto, misterio dell’esser nostro, amico: punto! Basta, come dice Ultimo sta follia destra e sinistra così come basta con il pensare l’uomo senza Dio o Dio senza l’uomo. Oggi si vanno preparando i tempi di un nuovo mondo, di un nuovo rinascimento grazie a chi sta vivendo la rinascita di un rapporto nuovo dell’Io col mistero di sempre che abita la storia. Non sarà una passeggiata ma è risurrezione sicura.

  3. Sempre interessante leggere Giovanni Cominelli, Cazzullo fa una o due interviste al giorno e questo limita molto le sue scelte, spesso dovute a richieste degli editori e del sistema mediatico a cui appartiene, c’è tutto un mondo di giovani “italiani e non” meno “disagiati” che fa ben sperare, il vento dell’est, ma anche del sud soffia sempre più forte e rappresenta 2/3 dell’umanità. Fa bene Giovanni a commentare Cazzullo, ma farebbe bene a farsi qualche giretto altrove e non “altrove”. Bruno

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