Ancora attorno al Cocoricò. La libertà è una roba seria

Foto: un’immagine del Cocoricò, il locale di cui il questore di Rimini ha disposto la chiusura

Tutti gli organi di informazione hanno parlato a lungo del Cocoricò di Rimini e ha riferito delle voci – e di qualcosa di più delle voci – su quello che avveniva nel locale dove, pare, non ci si limitava a ballare e a cantare. I traffici di droga e di altro giustificherebbero ampiamente i quattro mesi di chiusura del locale decisi dal questore di Rimini Maurizio Improta.

REPRESSIONE”

Sembra di indovinare, tra le righe delle notizie e dei commenti, una specie di “era ora” e una neanche troppo reticente richiesta di una maggiore severità da parte di carabinieri e polizia. “Linea dura”. “Se non sono sicure le chiudiamo” si sente dire dal ministero dell’Interno. Qualcuno – per esempio Beppe Severgnini sul “Corriere” – ha parlato di repressione.

LA LIBERTÀ  NON BASTA

Avevamo arrischiato nel nostro commento a caldo il termine impegnativo di “libertà” e del suo buon uso da parte di tutti, giovani e adulti. Anche il piccolo capitolo delle discoteche si inserisce in una costante tipica delle nostre moderne società. Siamo affascinati e preoccupati della nostra libertà. La prima richiesta che facciamo alla società, alla politica e alle strutture che le governano è che quella libertà sia assicurata al più alto livello possibile. Ma quella libertà è sempre la mia libertà, non la nostra. In altre parole: è il bene mio che domando, non il bene di tutti. Con qualche eccezione, anche in questo caso, limitata e sospetta. Il gestore del Cocoricò ha alzato il suo grido di dolore sostenendo che duecento persone rischiano, dopo la chiusura del locale, di restare senza lavoro. Curioso che si sia così sensibili ai problemi sociali solo ora e non prima, quando bisognava evitare che i ragazzi morissero per una overdose. Ed è strano che questa sensibilità sociale serve, guarda caso, per ottenere la riapertura del locale. Per fare cosa? Per tornare a fare quello che si faceva, in barba alle responsabilità verso la salute e la vita dei ragazzi?
Bisognerebbe ricordare al gestore del Cocoricò, assurto a dignità di sindacalista, che succede, spesso, che qualcuno usi male il bene della libertà la quale diventa allora il male di alcuni, di molti, spesso di tutti. Allora, solo allora ahimè, ci si accorge che limiti e limitazioni a quella stessa libertà che avevamo reclamato, sono necessari. Per essere più sicuri si è costretti a essere meno liberi, tutti meno liberi, anche il Cocoricò e il suo gestore.

SULLA STESSA BARCA

SE ci si accorge anche di un fatto semplice che nessuno nota prima che qualche Lamberto ci lasci le penne. Questo: che o si accetta di essere tutti imbarcati sulla stessa nave o si rischia di non arrivare da nessuna parte, prigionieri come siamo delle nostre contraddizioni tra la molta libertà che si desidera e la poca libertà che si riesce ad avere, tra la libertà rischiosa e facile e la liberà responsabile e difficile.