Quando si parla di comandamenti biblici e non, subito ci sentiamo mancare di libertà.
Spesso si pensa che essi come imperativi comprimano la nostra autodeterminazione e ci impongano alcune regole.
In realtà se riusciamo a guardarli con occhio più distaccato ci accorgiamo che essi sono strumenti per essere ancora più liberi.
“Aderire ancora oggi alla provocazione del Decalogo significa liberarsi o rimanere schiavo, riconoscersi creatura o credersi creatore” riporta nella bella prefazione Padre Francesco Occhetta , sociologo gesuita, insegnante e giornalista.
I comandamenti dilatano la nostra libertà. Parole originarie e originanti dettate da Dio a Mosè che risvegliano la coscienza personale e sociale e che sono state vissute e amate da molte persone nel corso dei secoli.
Formare una coscienza sociale matura
Parole che offrono la possibilità di un discernimento che porta a sua volta ad una coscienza sociale matura in cui vengono custoditi il sapere pratico, la memoria e il patrimonio di valori di una comunità.
Infatti è proprio del discernimento portare la persona ad alcune domande fondamentali:
“Chi sono chiamato ad essere? Quale decisione è per il bene di tutti? Come evitare il Male sociale e costruire il Bene comune?
Con questo intento alcuni intellettuali, parlamentari, giornalisti, laici, hanno provato a rileggere il Decalogo alla luce delle loro esperienze e ne è scaturito un curioso libro pubblicato di recente.
“Comandamenti per la libertà” è un testo a più voci.
Per ognuno un tema una domanda legata alle leggi contenute nel Deuteronomio.
Ecco che “non dire falsa testimonianza” nella situazione Pandemica e confusa di oggi soprattutto per gli operatori della comunicazione, ma non soltanto per loro, è un monito a silenziare sul nascere le fake news.
Un modo per essere generativi senza nascondere la verità
È un modo per essere generativi, senza mai nascondere la Verità, anzi cercandola continuamente e senza aver paura di essa.
Poi l’invidia ai tempi dei social. si collega inevitabilmente al tema dei desideri malati.
E ancora il non rubare ha un accezione molto più ampia di quanto non indicato nei catechismi per i ragazzi.
Rubare come corruzione, come furto della democrazia, come sottili sotterfugi che sotto una patina di finta legalità, sotraggono risorse, denaro, contributi che dovrebbero andare ad altri.
E poi il giorno di festa, diventa occasione per liberare il tempo.
Quello che troppo spesso sprechiamo in cose futili e inutili e che non accrescono il nostro stare in famiglia, con gli amici e con i figli.
Anche il concetto di festa risulta cosi svilito, tanto da diventare un giorno “vuoto” da riempire spesso solo con svaghi annoiati e shopping compulsivo.
Il Decalogo riguarda la dimensione religiosa e civile
Persino l’adulterio, è qualcosa di molto più ampio del tradimento del coniuge. C’è un tradimento dei figli, il negare ai giovani e ai figli un affetto e un futuro che incide sulla loro crescita umana e affettiva.
Un tradimento anche nei confronti di chi ci ha cresciuto e fatto crescere: i nostri genitori che ormai anziani sono spesso affidati ad altri perché noi dobbiamo lavorare, viaggiare, trafficare.
Basterebbe fare un giro nelle nostre RSA per capire che non c’è piu legame fra le diverse generazioni che insieme vivono l’esperienza di famiglia e di vita nei suoi diversi aspetti e nei suoi inevitabili momenti critici.
La solitudine e la perdita di senso aleggia in questi luoghi perché, pur con tutta l’attenzione del personale, si è spesso perso il gusto della vita.
Veramente un libro che vale la pena di leggere perché in fondo il Decalogo non riguarda solo la dimensione religiosa ma anche e soprattutto quella civile.
Pensieri che provocano le nostre coscienze tra il dire e il fare perché non è mai semplice tradurre in azioni, le buone intenzioni.
Indicazioni senza tempo e senza scadenza che ci possono anche creare disagio e a volte contrarietà ma che non posso lasciarci indifferenti.