I nuovi farmaci: innovativi ma troppo costosi. La sfida più urgente per il diritto alla salute è la sostenibilità

Il Rapporto OsMed 2015 “L’uso dei farmaci in Italia”, giunto alla XVI edizione, recentemente presentato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) si può ritenere al contempo specchio dei cambiamenti avvenuti e in corso, e indicatore delle trasformazioni future nell’ambito del settore farmaceutico-sanitario, economico e sociale nel nostro Paese. Lo conferma il dottor Mario Melazzini, Presidente AIFA, medico, ex assessore all’Università, ricerca e open innovation della Regione Lombardia, presidente di Arisla, la Fondazione italiana di ricerca per la sclerosi laterale amiotrofica. Nato a Pavia, Melazzini 57 anni, padre di tre figli, convive con la Sla da 12 anni. Si è ammalato quando di anni ne aveva 45 e ha scritto diversi libri in cui ha raccontato l’impatto della malattia sulla sua vita. Da noi intervistato ci dice che «I dati contenuti nel Rapporto OsMed, redatto nell’ottica di una continua attualizzazione, revisione e fruibilità, oltre a riflettere l’evoluzione della spesa e del consumo di farmaci nel nostro Paese, intercettano anche i cambiamenti e i big trend in atto nel mondo della medicina. Per accorgersene è sufficiente sfogliare le versioni che si sono susseguite, dalla prima edizione del 2000. I dati e i contenuti di cui il Rapporto si è nel tempo arricchito, sono, infatti, indicativi dei successi conseguiti nell’ambito della ricerca farmacologica, che si riflettono nelle conseguenti scelte e politiche attuate dai decisori pubblici con la finalità di garantire al cittadino il più ampio e sicuro accesso alle cure, con particolare attenzione ai medicinali innovativi per il trattamento di malattie rare. Il Rapporto OsMed, permettendo di immaginare scenari futuri, anticipandoli, rivela così tutta la sua validità come strumento fondamentale per i decisori pubblici nella programmazione politica in tema di Sanità. Nell’imminente futuro, ad esempio, è ipotizzabile che la sfida posta, per la prima volta, dai costosi farmaci antiepatite C, sia destinata a ripresentarsi con l’approdo di altre nuove molecole ad alto costo, che potranno modificare radicalmente sia le strategie terapeutiche sia, di fronte a risorse limitate, i paradigmi regolatori, affinché, adattandoli, l’innovazione possa sempre coincidere, a beneficio del paziente, con la sostenibilità».

Dal Rapporto OsMed 2015 “L’uso dei farmaci in Italia” recentemente presentato dall’Agenzia Italiana del Farmaco emerge che la spesa farmaceutica nazionale nel 2015 ha fatto registrare rispetto all’anno precedente l’aumento molto significativo dell’8,6%. Presidente Melazzini, a cosa è dovuto?

«L’incremento dell’8,6% fatto registrare dalla spesa farmaceutica nazionale – che nel 2015 ha raggiunto il volume di 28,9 miliardi di euro, circa l’1,9% del PIL – può essere interpretato analizzando le categorie di farmaci che, in termini d’impatto economico, hanno inciso maggiormente. Tra questi, al primo posto, seguiti dagli antineoplastici e immunomodulatori, troviamo gli antimicrobici, che rispetto al 2014 hanno fatto registrare un emblematico balzo passando dalla quinta alla prima posizione, spodestando i farmaci cardiovascolari. Questo, perché alla categoria degli antimicrobici afferiscono alcuni medicinali innovativi dal costo molto elevato, in particolare i nuovi farmaci ad azione antivirale diretta di seconda generazione (DAAs) per la cura dell’epatite C cronica. L’aumento della spesa farmaceutica può essere quindi in gran parte giustificato dall’immissione sul mercato di questi farmaci, che hanno inciso sul SSN per 1,7 miliardi di euro. Sono proprio simili terapie, la cui innovatività sotto il profilo scientifico spesso non è bilanciata dalla sostenibilità in termini economici, a porre le sfide più urgenti per le istituzioni e le agenzie regolatorie come l’AIFA, chiamate a scongiurare il paradosso del diritto alla salute che viene garantito, ma non può essere rispettato per carenza di risorse, affinché il SSN – che nel 2015 ha rimborsato oltre il 76% della spesa farmaceutica nazionale – possa continuare a adempiere alla sua vocazione solidaristica e universalista».

Nel 2015 ogni cittadino ha assunto in media poco più di 1,8 dosi di farmaci al giorno. Qual è il rapporto degli italiani con i farmaci?

«Dal punto di vista dei consumi, i dati del Rapporto OsMed 2015 mostrano un andamento sostanzialmente stabile rispetto al passato, confermando la differenza di genere per cui le donne presentano una prevalenza d’uso – ossia la percentuale di assistibili che hanno ricevuto almeno una prescrizione nel corso dell’anno – maggiore rispetto agli uomini, pari al 10% nella fascia compresa tra i 15 e i 64 anni. Immutata resta anche la categoria di farmaci che primeggia tra i consumi, quella dei cardiovascolari, seguiti dai farmaci dell’apparato gastrointestinale e metabolismo, dai farmaci del sangue e organi emopoietici e dai farmaci per il sistema nervoso centrale. Analizzando i consumi a livello territoriale, invece, il Lazio risulta in testa, seguito dalla Puglia e dalla Sardegna, mentre sul versante opposto, nella Provincia autonoma di Bolzano e in Piemonte si sono registrati i livelli di consumo inferiori».

Risulta dal Rapporto OsMed 2015 che gli antibiotici sono i farmaci più frequentemente usati in modo sbagliato. Vi sono troppe prescrizioni facili? 

«Tanto il consumo quanto la spesa di antibiotici, in controtendenza rispetto alle rilevazioni degli scorsi anni, nel 2015 sono risultati in calo, con una diminuzione, rispettivamente, del 2,7 e del 3,2%. Per quanto sia un risultato indubbiamente incoraggiante, l’utilizzo inappropriato di questa classe di farmaci si attesta ancora intorno al 30% in tutte le condizioni cliniche studiate, soprattutto nella cura delle infezioni acute delle vie respiratorie e nelle infezioni acute non complicate delle basse vie urinarie, un livello troppo alto per abbassare la guardia. Nel caso degli antibiotici, pertanto, è indiscutibile che spesso ci troviamo di fronte ad un uso eccessivo e non corrispondente alle necessità terapeutiche, essenzialmente a causa della sussistenza di un problema di natura culturale nell’approccio a questa classe di farmaci. Da un recente sondaggio commissionato dalla Commissione europea, ad esempio, è emerso quanto anche nel nostro Paese siano ancora scarse la consapevolezza relativa agli effetti derivanti dal loro uso, soprattutto se inappropriato, e la comprensione dei meccanismi d’azione, con il 60% degli intervistati convinti che “gli antibiotici uccidano i virus” – e quindi siano “efficaci contro raffreddori e influenza” (38%) – e il 21% del campione dell’idea che il trattamento con antibiotici si possa interrompere “quando ci si sente meglio”. Ciò che manca è dunque una matura cognizione dell’aderenza terapeutica, da parte dei pazienti, e dell’appropriatezza da parte dei medici prescrittori. È necessario allora perseverare – come l’AIFA sta facendo sin dal 2008, attraverso una campagna annuale per sensibilizzare cittadini e operatori sanitari – nella diffusione del messaggio sull’importanza di ricorrere agli antibiotici solo quando necessario e dietro prescrizione del medico che ne accerti l’effettiva utilità, di non interrompere mai la terapia prima dei tempi indicati dal medico o, comunque, solo dietro suo consiglio e di non assumere antibiotici per curare infezioni virali».

É vero che spesso l’abuso di farmaci riguarda anziani e bambini?

«L’andamento della spesa e dei consumi medi è fortemente dipendente dalla fascia d’età in cui è compreso il paziente. È in alcune di esse, infatti, che si concentra in maniera significativa l’utilizzazione dei medicinali. L’analisi per classi di età emergente dal Rapporto OsMed rivela in realtà che i dati relativi a queste due fasce della popolazione, bambini e anziani, non sono sovrapponibili. La prevalenza d’uso, infatti, passa da circa il 50% nei bambini e negli adulti fino ai 54 anni, a quasi il 90% nella popolazione anziana con età superiore a 74 anni. Questo significa che la metà dei bambini e la quasi totalità degli over 74, nel 2015, ha assunto almeno un medicinale».

Come ridurre il fenomeno della cosiddetta “inappropriatezza”, cioè delle terapie non adatte al tipo di patologia ma anche cure seguite male da parte dei malati? 

«L’analisi del consumo e della spesa farmaceutica non può prescindere dall’esame dei profili di appropriatezza, il cui monitoraggio, nel Rapporto OsMed 2015, si consolida ed estende a nuove aree terapeutiche. Per dirsi appropriata, una prescrizione farmacologica deve essere effettuata all’interno delle indicazioni cliniche per le quali il farmaco si è dimostrato efficace e all’interno delle sue indicazioni d’uso in riferimento sia alla dose sia alla durata del trattamento. Quantificarne la diffusione è la premessa per contrastare efficacemente il fenomeno dell’inappropriatezza, per questo il Rapporto OsMed si è da tempo dotato di indicatori idonei a sintetizzare sia le scelte prescrittive del medico sia le modalità di utilizzazione del farmaco da parte del paziente, con lo scopo di evidenziare la distanza rispetto ad un parametro di riferimento considerato il livello appropriato. Per ciascuno di questi indicatori, da quest’anno, viene inoltre riportata una valutazione del valore regionale, fondamentale per comporre dei benchmark utili alla programmazione regionale. Il principale strumento per garantire la massima appropriatezza, insieme ai Piani Terapeutici e alle Note AIFA, è rappresentato dai Registri di monitoraggio, introdotti dall’AIFA alla fine del 2007 e che vede il coinvolgimento di diversi stakeholders (medici, farmacisti, aziende farmaceutiche e Regioni).

Generalmente i medicinali sono inseriti nei Registri immediatamente dopo la loro autorizzazione a immissione in commercio, oppure dopo l’autorizzazione di una estensione delle sue indicazioni terapeutiche. Essi rappresentano un metodo nuovo che ha apportato un profondo cambiamento culturale, incrementando sia la corretta presa in carico del paziente sia il consolidamento del processo di health technology assessment, attraverso il quale l’AIFA coniuga la valutazione del profilo beneficio/rischio di un medicinale con quella del rapporto costo/efficacia. Tali strumenti si rivelano dunque fondamentali per favorire sia l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti farmacologici sia l’efficientamento del SSN attraverso una migliore allocazione delle risorse disponibili, in un contesto caratterizzato da risorse scarse. Accanto ad essi, tuttavia, resta imprescindibile per favorire l’appropriatezza, l’impegno culturale dei medici e la loro disponibilità a un aggiornamento continuo, affinché si diffondano tra i prescrittori strategie coordinate e approcci condivisi nella gestione dei pazienti, nella consapevolezza che nessun farmaco prescrivibile è banale.

L’atto prescrittivo, infatti, è essenzialmente l’assunzione di una responsabilità professionale ed etica da parte del medico nei confronti del paziente, soggetto unico e irripetibile, e in quanto tale non può prescindere da una diagnosi circostanziata, esito di una lettura consapevole e realistica della situazione del paziente. Ciò favorirà sicuramente il rafforzamento dell’alleanza terapeutica tra medico e paziente, argine all’autoprescrizione, ulteriore causa dell’inappropriatezza».