I sacramenti a tutti? Da discutere

Un andazzo inaccettabile

Uno dei più urgenti problemi pastorali del nostro tempo è quello dell’ammissione ai sacramenti.

Si sa che la validità dei sacramenti non dipende dalla santità del celebrante né dalla volontà del ricevente, ma dipende dall’opera redentrice di Gesù. Tuttavia, siccome i sacramenti son segni della fede, è indispensabile che la richiesta e la ricezione di un sacramento avvengano nella fede. Ma, questo, lo vediamo, non è sempre il caso. I sacramenti son richiesti e ricevuti sempre più spesso per motivi di sola consuetudine.

È culturalmente normale infatti che alla nascita di un bimbo segua il battesimo, che pochi anni dopo seguano prima comunione, cresima, e, a suo tempo, il matrimonio, e tutto avviene in un contesto prevalente di festa esteriore che nella maggioranza dei casi non incide tanto sulla fede quanto sull’economia locale. Si pensi ai ristoranti, alle sartorie, ai gioiellieri, ai parrucchieri, ai fotografi, ai fioristi e quant’altro. Ragione per cui questo andazzo ha radici tenacissime.

Alla ricerca di un rimedio

Per questo, noi parroci da tempo stiamo insistendo sulla necessità di prepararsi a ricevere i sacramenti con la maggior convinzione possibile. Dopo un primo tempo di reazioni stupite da parte di molti, i fedeli credenti e praticanti seri han capito che la richiesta dei preti è saggia e utile, perché aiuta a “sapere e pensare ciò che nei sacramenti si va a ricevere”. Gli altri, sempre meno credenti, ma sempre praticanti per semplice tradizione, si adeguano, ma senza lasciarsi coinvolgere, tant’è che, per es., la cresima continua ad essere vista come…  l’ultima delle “vaccinazioni religiose” voluta dai genitori per i loro figli, i quali, in seguito, nella pratica religiosa, potranno fare ciò che vorranno, fino al matrimonio, che comunque, salvi casi particolari, dovrà ancora essere fatto in chiesa.

Col passare del tempo, questo andazzo è andato addirittura peggiorando, per cui alcuni parroci, tra i quali il sottoscritto, han pensato che fosse il caso di smetterla con l’amministrazione “multitudinista” dei sacramenti, specialmente di quelli dell’iniziazione cristiana (battesimo, cresima ed eucaristia) e han ritenuto che occorresse operare una selezione prima di ammettere ai sacramenti.

Che cosa pensare di una selezione in vista dei sacramenti?

Il parroco di Belsito, da amico, ha voluto sapere come sono andate le cose. Ho dovuto raccontargli come e perché, almeno nel mio caso, la faccenda è naufragata prima di iniziare. Non essendo dittatore, avevo sottoposto il progetto al consiglio pastorale e avevo spiegato così bene i dati allarmanti della situazione che, dopo breve discussione, si era profilato nettamente il consenso unanime dei presenti. Prima di passare al voto, però, alzò la mano un giovane, un catechista degli adolescenti, un vero campione nel suo difficilissimo compito. Ci disse poche parole: “L’esito della votazione appare scontato e probabilmente è giusto. Ma io vi faccio presente che, se, quando ho fatto la cresima io, si fosse escluso chi non era impegnato, io avrei dovuto essere escluso per primo…”. Un silenzio profondo cadde sulla sala. La votazione fu sospesa e non se ne parlò nemmeno più.  Ma tutti capirono che bisogna lasciare il suo spazio d’azione anche allo Spirito Santo, che “spira come vuole”,

Il problema però è reale

Si decise perciò di studiare un altro modo per far fronte al fenomeno dei “troppi sacramenti nulli e inconsistenti” per mancanza di fede. (L’espressione è di Papa Francesco). L’alternativa alla selezione autoritaria fu individuata in una preparazione ai sacramenti molto più seria e impegnativa, che portasse o a una maggiore consapevolezza o, se proprio, a un’autoselezione dei richiedenti.

L’amico di Belsito sorrise divertito quando seppe come io avevo dato seguito alla cosa. Gli dissi che la serie di incontri dei genitori che facevo, ad es., prima del battesimo la iniziavo chiedendo se il battesimo gliel’avesse ordinato il pediatra… Poi chiedevo loro che bisogno avesse il bimbo del sacramento che essi chiedevano per lui e se non fosse meglio che lo chiedesse lui stesso da grande. Procedimento simile per prima comunione e cresima. Per il matrimonio erano naturalmente interpellati i fidanzati. A loro in particolare chiedevo tre cose: innanzi tutto se erano lì per volontà loro o… delle loro nonne; poi perché si volevano sposare e non gli bastava la convivenza; in fine perché si volevano sposare in chiesa e non gli bastava il matrimonio civile.

Si trattava di conversazioni informali, ma tutt’altro che frettolose. Certo, non risolvevano il dilagare della scristianizzazione, ma, posso dirlo, aiutavano molti a “rendersi ragione della speranza” che era in loro. E spesso questo aveva un bel seguito nella loro vita personale e familiare. E ho visto che questo lavoro sugli adulti è uno dei punti proposti al prossimo Sinodo sulla pastorale giovanile.