Il prete cambia parrocchia. Ed è crisi

Sono catechista in una parrocchia della provincia. Il mio parroco si deve dimettere per raggiunti limiti di età. Siamo tutti un po’ preoccupati sul dopo. Ma tu non credi che questo legame alla persona del prete sia un elemento in fondo negativo della comunità cristiana? Gigi

Se il legame alla persona del prete ci chiude alla novità che la provvidenza ci pone accanto, o peggio, ci irrigidisce sugli schemi già collaudati, non può che essere negativo, caro Gigi!

Il Vangelo rende liberi

L’annuncio della Buona Notizia, infatti, non “lega a nessuno”, neanche al prete che ne è lo strumento. Diversi episodi evangelici ci mostrano quanto Gesù, educatore per eccellenza, sia stato capace di non “legare” a sé nessuno: “Torna a casa tua…” oppure, “Va’ a casa tua…” ha affermato a quanti sono stati da Lui guariti!
La libertà del cuore è uno dei frutti più squisiti che lo Spirito fa germogliare nel cuore dei credenti, segno di crescita umana e di maturità di fede.
Anche nella Chiesa, nelle parrocchie, nelle comunità religiose e nei movimenti ecclesiali, è estremamente faticoso “crescere” personalmente e “far crescere” nella libertà, nella corresponsabilità, nella comunione e nell’autonomia! Spesso, infatti, “il gregge” sceglie, inconsapevolmente, di rimanere “bambino” dipendente, in tutto e per tutto, dall’autorità, preti compreso, mentre, dal canto suo, il “il pastore” cade nel rischio di compiacersi nel sentirsi “indispensabile” in tutto e per tutto nella propria comunità, alimentando il senso di dipendenza dei propri laici. Tale atteggiamento, né umano né tanto meno cristiano, va superato se non vogliamo rendere sterile la nostra testimonianza.

Il pastore educa cristiani liberi

Ciò non significa che non si instaurino relazioni positive e costruttive di amicizia e di vicinanza cordiale; e nemmeno che si rimanga indifferenti alle svolte significative della propria comunità, ma che ci si ponga, con cuore aperto e responsabile, di fronte al “nuovo” che ci attende, mettendo a disposizione l’esperienza vissuta, perché possa divenire ricchezza condivisa per l’intera comunità. Se, al di là delle preoccupazioni, (sempre lecite ad ogni “cambio di guardia”), i cristiani affronteranno il cambiamento con senso di corresponsabilità e maturità, il ministero del sacerdote avrà raggiunto l’obiettivo; se invece si chiuderanno a riccio, impermeabili e resistenti ad ogni forma di novità, allora si dovrà constatare, con molto dispiacere, che resta ancora molta di strada da percorrere!
Senza attribuire ogni genere di responsabilità al pastore, rimane comunque vero che “il coltello dalla parte del manico” sta dalla sua parte! È, infatti, suo compito educare e formare i suoi cristiani alla libertà e insieme all’obbedienza e alla comunione, in modo tale che sappiano camminare con le proprie gambe, senza troppo clericalismo, sempre eccessivo nella nostra terra! Forse più che un capo cordata, il sacerdote è chiamato ad essere un buon direttore di coro, desideroso, soprattutto, che ciascun corista dia il meglio di sè nell’esecuzione e capace di armonizzare le diverse voci affinché il brano musicale sia ricco e corale.
La sfida è estremamente attuale e va affrontata con coraggio e audacia da ambo le parti!
E allora…, buona esecuzione!!!