L’inglese Michael Nyman è sinonimo di minimalismo. Una sorta di auto-battesimo, perché il termine “minimalismo” è uscito dalla sua stessa penna, negli anni Sessanta, quando Nyman faceva il critico musicale.
Nyman ha raccontato la sua musica a un folto ed entusiasta pubblico nel grande hangar di Casa Dalmine per BergamoScienza e Contaminazioni contemporanee. Un luogo ideale e simbolico per proporre la sua musica la sua Band – undici musicisti ben divista tra archi e ottoni (tromboni e sax) – oltre che il pianoforte, suonato dallo stesso Nyman.
“Minimalismo”, utilizzato per i colleghi americani Reich e Riley, funziona bene per definire il compositore inglese, oggi il più noto e popolare tra tutto l’arco angloamericano contemporaneo. Un compositore piazzato trasversalmente tra i generi musicali, “classico” e il pop, colto e colonne sonore.
Una musica che rassicura con la “ripetizione” ostinata, progressivamente cangiante, in una sorta di lento, estenuante scivolamento. Nella quale l’ascoltatore si trova a suo agio, ben orientato entro ritmi definiti, spunti o melodie brevi e chiari e, soprattutto, ripetuti fino alla saturazione dolcemente ossessiva.
Rivisitazione del pop?
Messa così si potrebbe dire che le coordinate sono perfette per il pop o una musica commerciale qualsiasi. Generi che Nyman ha ben presenti, ma la sua musica è altro. Anche solo perché è inconfondibile, la sua cifra è originale e si distingue facilmente. Perché i tragitti melodici aprono orizzonti emotivi pregnanti – proprio come certe inquadrature (è vero, la musica di Nyman può avere un importante componente visiva e immaginativa) ma per almeno un altro paio di motivi.
Primo: sotto una calma olimpica, quella che esibisce, scorre un fiume sotterraneo di energia , con un entusiasmo per la musica contagioso. Lo si avverte, ed è il racconto avvincente dei suoi brani.
Secondo: l’interesse che lo anima è prima di tutto “trasformare, manipolare la materia musicale”. E dunque, come ancora scrive lui stesso “Tutta la mia musica, anche quella apparentemente più semplice, è in realtà molto difficile da eseguire”. Tanto che un Kronos Quartet ha declinato l’invito ad eseguire i suoi primi due quartetti. Una musica immediata, forse, ma non “facile” come spesso si dice, magari per liquidarla, con un velo di snobismo.