Anonimo bergamasco – Torna Pane e Noci

Don Biagio ha appena incominciato a prendere confidenza con il telefonino nuovo, quando incominciano ad arrivargli degli strani (ma provvidenziali) sms anonimi…Chi sarà mai a spedirglieli? Ecco a voi l’ottava puntata del nostro feuilleton 2.0 “Pane e Noci”. Il testo è dello scrittore Alessio Mussinelli, l’illustrazione è affidata a Matteo Gubellini. Buona lettura. E se vi siete persi l’inizio, nessun problema. In fondo trovate tutti i link.

Da quando aveva acquistato il telefonino, don Biagio riceveva messaggi su whatsapp e twitter di continuo. Applicazioni di cui non aveva ancora capito il funzionamento nonostante i ragazzi dell’oratorio glieli avessero spiegati a più riprese.
– Fammi un po’ capire – ripeté per l’ennesima volta don Biagio a Angelo mentre ripitturava la facciata della biblioteca imbrattata da Ennio Entropy. – C’è un tale che si fa chiamare santalessandro che mi scrive i messaggi-.
– Già –
– E chi è? –
– Provi a chiederglielo –
– Già fatto, non mi ha risposto –
– Sono i misteri della tecnologia – ipotizzò Angelo, da settimane alle prese con la lavastoviglie che funzionava solo su comando di sua moglie Rita. -Vi dà così noia? Sono sicuro che ci sia un’opzione per bannarlo-.
– O santo cielo, Angelo, già Sant’Alessandro fu decapitato, non mi pare il caso di fargli quella cosa che avete detto-.
– Si dice bannare, è un modo per proibirgli di contattarla, non è un’esecuzione-
– Mi pare tuttavia una cattiveria, è stato così gentile. Non vorrei che lassù qualcuno se la prendesse – disse indicando il cielo.
I messaggi ricevuti fino a quel momento si erano rivelati buoni consigli e, chiunque si celasse dietro il profilo, provenivano da una persona che lo conosceva per filo e per segno.

– È finita la tempera – constatò Angelo.
-Vado io – si offrì don Biagio che non aveva la passione da imbianchino.

La piccola ferramenta che vendeva di tutto un po’, ad eccezione di pane e prosciutto, aveva la saracinesca abbassata. Così come il bar, il negozio di biciclette, la macelleria e il deposito dell’idraulico che si affacciavano sulla stessa via. Tutto intorno don Biagio notò un’insolita tranquillità, come quella che nei film di Sergio Leone precede il duello finale a colpi di pistola.

Unica bottega aperta, un centinaio di metri giù lungo la strada, era una piccola sartoria, gestita da due giovani che avevano ritirato il negozio della madre.

– Don Biagio, che piacere, che possiamo fare per lei?- lo accolse la più giovane che era una volontaria della chiesa.
-Ecco, mica sapete perché c’è tutto chiuso? C’è più gente viva in cimitero che qui-.
Le due ragazze sorrisero.
– Chi lo sa. Sono alcuni giorni che è tutto chiuso-
– Hanno anticipato le ferie?-
– Macché, ogni tanto li si vede in giro. Il macellaio, il ragazzo della ferramenta. Tutti quanti in bicicletta. Vanno e vengono per qualche minuto, poi spariscono-.
-Sa cos’è?- commentò la seconda giovane, che era timorata di Dio quanto un leone era timorato della gazzella, -con la crisi tenere aperto è un costo, non un guadagno- e lì per lì cacciò un’occhiata al reverendo come a dire che stava dando impiccio ai loro affari.
Don Biagio masticò a vuoto, si girò verso la porta e al primo passo ricevette un nuovo messaggio dal cellulare.

Hai la tasca da rammendare diceva santalessandro.

– Giusto – rispose don Biagio.
– Giusto cosa?- chiese la giovane.
– Avrei una tasca da rammendare-.
Una mezz’ora più tardi, il reverendo tornò in biblioteca a mani vuote.
– Don Angelo, s’è scordato la tempera- notò Angelo.
– In paese non c’è un negozio aperto. Tutti spariti nel nulla. L’unico con la saracinesca alzata è quello delle sarte che per fare un orlo m’hanno chiesto dieci euro. Voglio dire, ventimila lire sono sempre ventimila lire-.
Angelo lo lasciò sfogare, che a parlare con chi non ha orecchie per ascoltare si perde solo tempo. Una volta terminato lo sproloquio, don Biagio si sedette sul pavimento della biblioteca togliendosi il telefono dalla tasca.

– E questo santalessandro continua a scrivermi. Mi segue minuto per minuto -.

– Dia un po’ qui-.

Angelo prese il cellulare con le mani luride di tempera, smanettò qualche secondo con i tasti, poi lo ridiede al reverendo.

– Che hai fatto?-

– Gliel’ho levato dai piedi, così non la tormenterà più-.

Don Biagio piegò la testa verso destra. -Peccato- disse con un pizzico di dispiacere. -Pareva un bravo ragazzo-.

Non fece a tempo a finir la frase che il suo telefono tornò a squillare.

Alzati e pittura diceva il messaggio.

Così don Biagio, che nei lavori manuali aveva la sua valvola di sfogo, prese in mano un pennello e aiutò Angelo con la poca tempera che era rimasta.

 

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