Servirsi della Chiesa o servire la Chiesa. A proposito di periferie

SONO DIVENTATO LEGHISTA

Daniele Belotti, il segretario provinciale della Lega, mi ha ingaggiato: sono diventato leghista. Il motivo: ho fatto alcune osservazioni sulla difficoltà dell’islam a integrarsi nella cultura occidentale. Niente di speciale: sono verità che molti commentatori vanno ripetendo, spesso con motivi che non sono direttamente religiosi. Detto fatto. Il solerte segretario della Lega Nord ha salutato la mia conversione e mi ha ingaggiato delle file del suo partito. Ha perfino minacciato di leggere il mio articolo in un raduno di Pontida. Gli ho risposto con la necessaria chiarezza. Soprattutto gli ho fatto notare che guardare in faccia ai grossi problemi posti dall’Islam non significa ignorare che i disperati che arrivano sulle nostre coste sono prima di tutto disperati e come tali bisogna guardarli in faccia e non come musulmani o cristiani. Dunque io non mi sono convertito alla Lega, ma temo che neanche Belotti si sia convertito a una visione un po’ diversa del cristianesimo. Anche perché se questa conversione fosse avvenuta, Daniele Belotti dovrebbe rinunciare alla sua poltrona di segretario provinciale della Lega. E questa sarebbe un bel guaio. Per lui. Per gli elettori di altri partito molto meno, ovviamente. Per la cronaca il botta e risposta è stato pubblicato sull’Eco di Bergamo dello scorso 12 agosto.

UN CRISTIANESIMO UTILE E UN CRISTIANESIMO APERTO

Ho ricordato questo piccolo fatto locale, perché avviene quasi in corrispondenza con un grande evento: giovedì 15 agosto Papa Francesco parte per la Corea. Lo fa in obbedienza alla sua passione per le “periferie”. Nel cristianesimo arroccato della Lega e del suo segretario provinciale sta un’idea chiarissima: Vangelo, Gesù Cristo, Chiesa servono se ci compattano, se ci tirano insieme. Quindi il cristianesimo va usato per noi, anzitutto per noi, fino a farlo diventare un bastone da menare contro gli “altri” che ci minacciano. L’Islam è tra questi, naturalmente.
Il Papa parte per la Corea. Non è da pensare che sia così ingenuo da non accorgersi dei limiti dell’Islam e da non vedere le persecuzioni di cui sono vittime i cristiani in Iraq da parte di fondamentalisti islamici. Ma la sua prima preoccupazione non sono i limiti dell’Islam, ma i doveri “missionari” della Chiesa. Gli interessa di più l’apertura su mondi nuovi che la chiusura su quelli antichi. Mentre  la Lega difende il nostro orticello, Papa Francesco lo apre. Il Papa, di conseguenza, non chiede alla Chiesa di combattere i nemici, ma di farsi nuovi amici, anzi: di fare nuovi amici al Vangelo.
Il paragone fra le sgangherate dichiarazioni del segretario provinciale di un partito e il Papa non avrebbero senso se non mettessero in luce un problema molto più vasto. Che potrebbe essere detto anche in altro modo. Così, per esempio: il cristianesimo che si chiude su di sé ha la sensazione di sopravvivere meglio; ma, alla lunga, finisce per morire di asfissia. Un cristianesimo che si apre ha la sensazione di morire, perché deve lasciar perdere tutte le sue sicurezze. Ma alla fine vive, perché va ricordata una verità semplice semplice: quella apertura è il senso stesso della missione della Chiesa: la Chiesa cattolica infatti o è universale (“cattolica” significa infatti universale”) o non è.