Quaresima. Gesù tentato. Il diluvio e l’arca

Immagine:  Giacomo Borlone (1470), Cristo tentato da Satana (particolare), Chiesa di San Bernardino, Clusone

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano (Vedi Vangelo di Marco 1, 12-15. Per leggere i testi di domenica 22 febbraio, prima di Quaresima “B”, clicca qui).

È la scena abituale di inizio Quaresima: le tentazioni di Gesù. Che cosa significa che Gesù è tentato?

IL DESERTO, LE TENTAZIONI

Israele aveva passato quarant’anni nel deserto per il lungo viaggio verso la terra promessa, dopo la liberazione dall’Egitto. Era stato tentato, aveva voluto, più volte, tornare indietro verso la prigionia e aveva mormorato contro Dio che lo aveva chiamato verso quella difficile e rischiosa libertà.

Anche Gesù, come Israele, va nel deserto, lì fa l’esperienza forte e diretta di Dio, ma anche lui è tentato. Tentato da Satana, dice Marco. Satana: il tentatore, colui che istiga l’uomo a comportarsi in maniera difforme dalla volontà di Dio. Così ha fatto fin dagli inizi, fin dal peccato originale. Che Gesù sia tentato da Satana significa che egli è davvero in mezzo agli uomini e ne condivide la condizione: anche lui, infatti, è tentato come loro. Ma Gesù non è soltanto tentato, ma sta anche con le fiere, racconta Marco. L’evangelista racconta l’esperienza di Gesù ricordando la situazione del paradiso terrestre, quella che l’uomo viveva prima di ribellarsi a Dio che, così assicura la bibbia, sarebbe tornata con l’arrivo del Messia. «Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà.  La vacca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti»(Isaia 11, 6-8). «Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi» (Salmo 91, 13).

Gesù sta con le fiere, come Noè nell’arca (di Noè parla la prima lettura di oggi). Un nuovo mondo inizia. Una nuova nascita. Si torna al paradiso terrestre.

L’ARCA CHE GALLEGGIA SUL MONDO DEVASTATO

L’Arca di Noè è stata vista spesso come l’immagine della Chiesa. L’arca con gli animali in pace annuncia la Chiesa-arca che accoglie tutti i popoli riconciliati. Noè è l’Adamo provvisorio, in attesa dell’Adamo definitivo, Gesù. L’Adamo definitivo non vendicherà Abele, ne prenderà il posto. Sarà l’agnello. L’agnello non uccide nessuno. Viene solo ucciso. E’ il Gesù crocifisso di cui parla la prima lettera di Pietro. Più i cristiani sono pochi più devono diventare profeti, profeti di un’umanità diversa che galleggia sulle rovine di un’umanità violenta, oppure sta nel deserto, “a parte” rispetto all’umanità che non accoglie il messaggio della fraternità e della pace. Gli uomini hanno bisogno di questa arca… anche se talvolta essa appare a loro strana, come è strano Gesù nel deserto. La Chiesa, cioè, deve avere la forza di prendere le distanze per potere annunciare, anche grazie a questa “distanza”, la novità sconvolgente della bella notizia, la vicinanza di Dio, la sua presenza in mezzo a noi.

IL MONDO SPAVENTATO HA BISOGNO DI SPERANZA

In questi giorni ci assillano molte paure per il futuro, la violenza truce della guerra e delle decapitazioni ci spaventa. Il mondo non è un paradiso terrestre. È anzi un mondo sommerso dalla violenza: una forma nuova, inquietante di diluvio. Eppure, proprio perché la violenza è dappertutto e proprio perché spaventa abbiamo bisogno di annunciare un mondo diverso, dove è possibile la pace. Il mondo disperato ha bisogno di speranza.