La Passione di Gesù: il volto di Dio che si dona e quello dell’uomo che tradisce

Foto: Georges Rouault, Ecce Homo

Cara suor Chiara, domenica, nelle chiese, si legge il racconto della passione. Mi piacerebbe sapere quale è il personaggio o il momento di quel racconto in cui ti senti maggiormente ‘presa’ e perché. Grazie. Luciana.

Cara Luciana, nella domenica delle palme o di passione, la chiesa ci ripropone la meditazione della passione del Signore per introdurci nel cuore della nostra esperienza credente: il mistero pasquale. Ogni anno questo itinerario suscita e ispira riflessioni e sentimenti diversi. Due sono i volti che oggi contemplo: quello di Dio e quello dell’uomo.

IL VOLTO DI DIO

Lo guardo e chiedo innanzitutto la grazia di entrare con stupore nel mistero di un amore per nulla scontato, ma totalmente nuovo e gratuito, nella forma della dedizione di Gesù al Padre. Il dono di intuire il mistero e la profondità del suo dolore, nell’evento drammatico nel quale Dio si mette in gioco con tutta la sua divinità e umanità. Gesù con la sua passione non salva il mondo facendo finta di soffrire, recitando un copione dal lieto fine. Egli vive in sé il dramma dell’uomo di fronte al dipanarsi della sua vicenda storica, dall’epilogo inatteso e violento. Assume su di sé la logica del seme che caduto in terra deve marcire per portare la fecondità del frutto. Il Figlio di Dio si assoggetta fino in fondo a un destino inatteso, nella libertà sovrana di aderire fino in fondo a quanto la vita gli presenta. Gli evangelisti ci presentano il dramma dell’uomo Gesù che suda sangue, che chiede la presenza degli amici, che accoglie la sua profonda solitudine di fronte all’incomprensione di tutti. Egli è colui che rinuncia alla realizzazione di un progetto che si compia nella logica della potenza e della spettacolarità, per abbracciare fino in fondo la dinamica dello spogliamento sino alla morte e alla morte di croce. Le forze ostile sembrano annullare la forza dell’amore di Dio, mostrando la fragilità, la debolezza, l’inutilità del progetto di vita. Gesù mostra la forza salvifica di ogni vicenda umana quando essa è accolta in tutta consapevolezza, abbracciata e voluta anche nei suoi tratti di drammaticità; una vicenda umana nella quale occorre immergersi fino in fondo e mai rimanere in superficie, per non giudicarla solo con criteri umani dettati dagli esiti gratificanti e immediati, ma per imparare a guardarla con gli occhi di Dio. Solo in un ascolto attento della vita, nella obbedienza ad essa in tutto ciò che si presenta, ci possiamo inserire nella dinamica della vita che non ha fine e che apre anche a noi la speranza del mattino di Pasqua. Il Dio di Gesù non toglie il dramma del dolore, della morte, ma chiede di attraversarlo fino in fondo; non fa sconti a nessuno e non vuole che la vita sia anestetizzata o edulcorata. Ci vuole figli liberi e dignitosi, responsabili e consapevoli dentro la propria esistenza. Ma il figlio di Dio svela anche che la via della vita è nel rapporto con il Padre, una relazione intima e fiduciosa che sfocia nella totale abbandono. È bellissimo l’atto di consegna che scaturisce dalla croce, dopo una motivata resistenza, che rivela, nella resa, la forza della fede nel Padre; è il segreto che ha animato tutta la sua vita e che gli fa attraversare la morte con estrema fiducia nella fedeltà del Padre. Il Dio di Abramo di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Gesù è il Dio dei vivi non dei morti, è il roveto ardente che brucia e non si consuma, perché è l’Amore più forte della morte. Dentro questa fiducia, Gesù si colloca nel momento terreno della sua apparente lontananza dal Padre. E dentro questa fiducia pone anche noi, chiamati a rimanere in una relazione credente con Dio che custodisce le nostre esistenze e le abita anche nei momenti che a noi appaiono di abbandono e tenebra, di prova o di sofferenza. Gesù continua a fidarsi dell’Amore, non cede alla tentazione zelota, non vuole il ricorso alla violenza o al compromesso ma vi si abbandona interamente . E il Padre sigillerà la sua consegna nel risorgerlo da morte.

IL VOLTO DELL’UOMO

La passione rivela in tutta la sua drammaticità la debolezza dell’uomo, del discepolo, che assume la forma del tradimento, del rinnegamento e dell’abbandono. È l’esperienza della Chiesa che rifiuta lo scandalo della croce e il volto di un Dio umile e umiliato; di un amore che non si impone con la violenza, non usa i miracoli per attirare e catturare proseliti, non vuole fare spettacolo, ma si propone, si offre, si dona, si consegna nelle nostre mani senza riserve o pretese. Il discepolo continua a cercare le consolazioni di Dio, eludendo la fatica del credere, l’esigenza di una sequela compromettente, ma gioiosa. Dio continua a donarsi come il Vivente, l’Amore, il Consolatore, colui che cammina ed è con noi sempre, perché ha attraversato la condizione umana fino all’esilio estremo della morte. Egli attende la nostra consegna quotidiana, feriale, in quella obbedienza alla vita che ogni giorno si presenta a noi, nell’ adesione interiore che ci immette nella sua volontà. La Resurrezione è per Gesù la Parola fedele del Padre che sigilla la sua consegna, e garanzia che, se non ha risparmiato il suo Figlio per noi, come non ci donerà ogni cosa con Lui?