L’ordinazione sacerdotale alle donne. Cara suor Chiara, che ne pensi?

Vengono ordinati i nuovi sacerdoti. Sono pochi. Qualcuno, anche per questa ormai cronica scarsità, torna a parlare di ordinazione sacerdotale delle donne. Tu, donna e religiosa, che cosa ne pensi? Lucia

L’imminente ordinazione sacerdotale di cinque nostri giovani, cara Lucia, deve suscitare in noi un rendimento di grazie al Padre per il dono che essi ricevono e che fanno alla Chiesa intera: un dono immeritato, poiché la chiamata è sempre elezione, un “favore” di Dio da accogliere con stupore e gratitudine. Questo non nega la preoccupazione per la scarsità vocazionale che affligge la Chiesa e coinvolge anche la nostra diocesi, sempre caratterizzata da una presenza numerosa di giovani ordinandi.

IL RISCHIO DI UN FEMMINISMO ECCLESIASTICO DATATO

A questo proposito riflessioni e statistiche sovrabbondano e anche noi possiamo riflettere sull’identità del sacerdote in questo nostro tempo, su come può vivere il ministero, oppure come si dovrebbero coinvolgere laici e religiosi favorendo una maggiore corresponsabilità nel cammino delle comunità o, come tu dici, riconsiderare l’opportunità del sacerdozio alle donne. A me pare che, questa opportunità, che potrebbe colmare il calo vocazionale, non sia molto dignitosa e non renda giustizia a un cammino di emancipazione attraverso cui le donne hanno acquisito la loro autonomia e unicità nel rispetto della diversità col “mondo maschile”. Affermare il diritto del sacerdozio è indice di un femminismo nostalgico a imitazione del ruolo maschile, nella ricerca di fare le stesse cose che fanno gli uomini, per accedere a un ministero che può diventare anche un ruolo di potere. Ma prima di assumere dei ruoli bisogna rigenerarne il significato e dare loro la piena gratuità e autenticità. Al “pianeta donna” è stato riconosciuto un genio proprio, ricchezze intellettuali e di sensibilità, pari opportunità e dignità che includono anche la dimensione della diversità di funzioni come ricchezza. In un tempo nel quale si assurge a emancipazione la diversità in ogni ambito, perché disdegnarla quando la si afferma nella Chiesa nell’ambito di alcuni servizi e funzioni?

IL COMPORTAMENTO DI GESÙ

Chiamando solo uomini come suoi apostoli, Cristo ha agito in modo libero e sovrano. Ciò ha fatto con la stessa libertà con cui, in tutto il suo comportamento, ha messo in rilievo la dignità e la vocazione della donna, senza conformarsi al costume prevalente, alla tradizione e legislazione del tempo. Il sacerdozio ministeriale è uno dei mezzi che Gesù utilizza al servizio del suo popolo, ma la grande dignità viene dal Battesimo, dalle diverse vocazioni che da esso scaturiscono per la ricchezza di tutta la Chiesa. La presenza della donna nella vita della chiesa è assolutamente necessaria e insostituibile: per questo è auspicabile che diventi sempre più partecipe e protagonista nei diversi ambiti decisionali e progettuali. Ma è altrettanto necessario che ella si assuma anche la responsabilità di una formazione che renda ragione della fede professata, plasmi un pensare e un agire credente che si irradia in ogni ambito del vivere e testimoni, coraggiosamente, il vangelo dentro una società scristianizzata.

DONNA È BELLO. ANCHE NELLA CHIESA

Forse è giunto il tempo in cui le donne credenti restituiscano profondità alla vita e testimoniano la bellezza del femminile come contributo specifico al mondo, alla cultura, al pensiero, all’arte, alla teologia, alla dimensione spirituale, per dare colore e passione al mondo. Questo richiede molto coraggio, un’ interiorità profonda, e una mente che pensa rifuggendo i condizionamenti culturali e le mode che il mondo propone propinando, purtroppo, modelli femminili adolescenziali che le rendono schiave delle mode, dell’esteriorità e di una sensualità che le priva della propria dignità. La testimonianza di donne cristiane che nelle diverse parti del mondo lottano per acquisire diritti, per noi ormai scontati, per testimoniare la propria fede fino al dono della vita, devono svegliarci dal torpore spirituale nel quale rischiamo di essere avvolti e risvegliare coscienze critiche e propositive. Donne che partecipano attivamente alla missione della Chiesa con la loro specifica vocazione raccontando la bellezza della fede e la dignità che Cristo è venuto a donare. Certo, occorre essere convinte e contente del dono ricevuto posto nel nostro fragile vaso di creta, del ruolo determinante per l’umanizzazione della società e per la riscoperta, anche tra i credenti, del vero volto della chiesa. Occorre dare credibilità al vangelo delle donne, le prime che, anche oggi, sanno riconoscere il Risorto nelle ferite del nostro tempo e le sanano con l’olio dell’amore e con il profumo della vita. Sì, le donne possono ancora educare le giovani generazioni alla scoperta della vita come vocazione all’amore riconoscendo in essa la propria specifica chiamata, donne che sanno amare senza possedere e servire la vita in tutte le sue manifestazioni.
E allora diciamo: grazie a queste donne!