Vacanze. Cara suor Chiara, silenzio e meditazione non sono un lusso da monaci?

Foto: scorcio del monastero della Clarisse di Via Lunga

Cara Suor Chiara, in questi giorni di ferie, ho sentito un paio di volte, in chiesa, parlare delle vacanze come di periodo non solo di riposo, ma anche di preghiera, di silenzio e meditazione. Finché si tratta di preghiera, più o meno so di che cosa si tratta. Ma “silenzio e meditazione” mi lascia un po’ perplesso. Il silenzio per me è sempre un lusso e quando penso a qualcosa mi viene di chiedermi come andrà la borsa il giorno dopo (faccio il promotore finanziario). Scusami, ma non ti sembra che il silenzio e soprattutto la meditazione sono un lusso di voi monaci e monache che noi, poveri cristi, non ci possiamo permettere? Grazie della tua risposta. Roby

La sua affermazione, caro Roby, è pertinente! Chi più di noi, monaci e monache, può godere di queste due dimensioni, così necessarie alla vita come il respiro? Chi più di noi, suore di clausura, può beneficiare di questo “lusso”, negato alla maggioranza delle persone? Non posso darle torto. Tuttavia vorrei portare la sua attenzione ad alcune considerazioni che potrebbero esserle di aiuto al fine di comprendere la necessità di ricercare e di vivere congrui tempi di silenzio e di meditazione, compatibili con il suo stato di vita.

LA CURA DELLA PROPRIA INTERIORITÀ

Se consideriamo gli impegni, le attività, le emergenze che quotidianamente tutti siamo chiamati ad affrontare, questi momenti di “stacco” costituiscono una sorta di pausa rigenerativa per vivere consapevolmente il nostro quotidiano e per riprendere il contatto con la nostra interiorità, lasciando che la Parola di Dio raggiunga gli abissi profondi del cuore.
La cura della propria interiorità non è un lusso di pochi, esclusiva dei monaci e delle monache, ma è un dono che, offerto a tutti, richiede impegno e risposta, apertura e docilità interiore.
Ogni cristiano, infatti, a seconda della propria vocazione, è chiamato a “staccare la spina” dal vortice delle numerose attività e dei diversi impegni per sostare in preghiera, coltivando e ricercando anche momenti preziosi di ritiro e di riflessione nei quali poter ritrovare il proprio “io” più profondo. Anche Gesù non ha avuto timore di prendersi dei tempi di preghiera, soprattutto notturni, nei quali immergersi nella solitudine a colloquio con il Padre!

IL SILENZIO DEL MONASTERO E IL FRASTUONO DEL MONDO

In monastero, il silenzio è parte integrante della giornata: i tempi di preghiera silenziosa e personale, la liturgia delle ore, i momenti di studio e di formazione, le giornate di ritiro ecc., in un contesto di raccoglimento interiore e di preghiera sono la caratteristica principale.
Nelle realtà del mondo, invece, é difficile trovare spazi di tempo per ritemprare il cuore: il ritmo della società, come un vortice, trascina tutti in una corsa disumana.
Coloro che desiderano uscire da questo affanno per sostare un poco in preghiera e in meditazione sono chiamati, perciò, a compiere scelte coraggiose e, a volte, faticose che integrino il bisogno dell’anima con l’adempimento dei propri doveri, delle proprie responsabilità familiari, lavorative e sociali.

A OGNUNO IL PROPRIO SILENZIO

Come fare a conciliare queste due realtà? È possibile farle dialogare? Un promotore finanziario, ad es., è chiamato a vivere il silenzio al modo dei monaci? O non piuttosto a trovare la propria modalità per vivere un poco, forse anche solo per qualche “assaggio”, il valore di questo ingrediente spirituale? È possibile che anche all’uomo contemporaneo sia donata l’opportunità di sperimentare il beneficio di qualche giorno di ascolto e di meditazione? Credo proprio di Sì!
San Francesco di Sales esortava ogni persona, di ogni ceto sociale, in ogni stato di vita, in ogni professione a coltivare la devozione proporzionata alle forze, alle occupazioni e ai doveri dei singoli: il gentiluomo, l’artigiano, il domestico, il principe, la vedova, il soldato, la nubile…e, diremmo oggi, il promotore finanziario, il mediatore culturale, il tecnico del computer, la badante, il docente universitario, il commesso ecc. possono vivere e coltivare una profonda interiorità, che si alimenta anche attraverso momenti specifici di ascolto e di riflessione, secondo la propria vocazione e nel giusto equilibrio: “Ti sembrerebbe cosa fatta bene che un Vescovo pretendesse di vivere in solitudine come un Certosino? – scrive ancora Francesco di Sales – “E che diresti di gente sposata che non volesse mettere da parte qualche soldo più dei Cappuccini? Di un artigiano che passasse le sue giornate in chiesa come un Religioso? E di un Religioso sempre alla rincorsa di servizi da rendere al prossimo, in gara con il Vescovo? Non ti pare che una tal sorta di devozione sarebbe ridicola, squilibrata e insopportabile?”.

UN TEMPO PER L’ANIMA. NECESSARIO

Nessuno è dispensato dal vivere tempi di grazia, come quelli citati, secondo modalità giuste e consone ai propri impegni di famiglia e di lavoro. Accogliamo, perciò, l’invito che sovente risuona nelle chiese, a prenderci del tempo anche per “l’anima”, recuperando la dimensione interiore della nostra vita e sintonizzando i battiti del cuore con quello di Dio che non cessa di pulsare di amore per ogni uomo e per l’intera umanità. L’occasione è “d’oro”: non lasciamola sfuggire!!!