Un piccolo caso, esemplare. Torniamo alla preghiera dell’Alpino

Foto: mons. Corrado Piziolo, vescovo di Vittorio Veneto

Alcuni giorni fa, il santalessandro pubblicava un articolo del nostro collaboratore don Giacomo Panfilo.
Si è sviluppato un dibattito
interessante non solo per il tema in sé, ma per i suoi risvolti.
Nessuno ce l’ha con gli Alpini. 
Ma a nessuno, tanto meno a Salvini,
deve essere consentito di usare gli Alpini
per le loro posizioni anti immigrati

NESSUNO CE L’HA CON GLI ALPINI

Avvenire, il 20 agosto, pubblicava in  bella evidenza una  mia lettera in cui riassumevo il mio articolo apparso su questo nostro giornale due settimane fa col titolo “Nessuno ce l’ha con gi Alpini”.

All’origine di tutto, si ricorderà, stava il fatto che alla Messa dell’Assunta a S. Pietro di Boldo (TV) il celebrante agli Alpini presenti, che volevano recitare la loro preghiera, aveva chiesto di omettere la frase, secondo lui inopportuna, che chiede “Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera,la nostra millenaria civiltà cristiana”. Essi si erano rifiutati ed erano usciti clamorosamente, recitando poi in polemica la loro Preghiera all’esterno della chiesa.

Nel mio articolo commentavo lo sproporzionato clamore mediatico che ne era venuto e dicevo appunto che “Nessuno ce l’ha con gli Alpini”. Mi permettevo  però di segnalare che la Preghiera dell’Alpino era già stata modificata dagli Alpini stessi, e proprio nel senso richiesto da quel sacerdote, nel 1972  con approvazione definitiva nel 1985. Invitavo inoltre a fare ricerche molto facili in internet in merito alla storia di questa discussa Preghiera.

UNA MALRIPOSTA FEDELTÀ AI NOSTRI AVI DA PARTE DEGLI ALPINI

Avvenire del 21 agosto pubblica la riposta alla mia lettera da parte del capogruppo dell’ANA di Genova Centro, il quale afferma: “A poco valgono le proposte modifiche del 1972 e del 1985 che D. Giacomo pubblica sul vostro apprezzato quotidiano: queste valgono per i reparti in armi, semmai. La nostra Preghiera è quella recitata dai nostri avi e dai nostri veci e tale deve rimanere“.

Non è finita. Nel pomeriggio dello stesso giorno, una lettrice di Avvenire, che mi conosce, mi ha fatto avere il suo commento a quanto scritto dall’alpino genovese.

La riposta che le ha mandato Roberto Martinelli in merito alla Preghiera dell’Alpino, apparsa su Avvenire di oggi, a me pare un vero e proprio autogol. In internet la storia della Preghiera dell’Alpino dice che la prima Preghiera (quella proprio degli avi) non è quella che dice il Martinelli, ma un’altra precedente, che è stata frettolosamente modificata subito dopo la guerra. Se si è accettata la modifica di quella preghiera, che era proprio quella recitata dai nostri avi sui campi di battaglia, perché non si accetta la modifica introdotta del 1972 e resa definitiva nel 1985, per motivi che a me sembrano validissimi (vedasi art. 11 della Costituzione)? Ma come si può come cristiani continuare a chiedere al Signore nella preghiera: “Rendi forti le nostre armi…?”.

DISSIPIAMO FINALMENTE OGNI OMBRA

La mia amica non si dilunga a descrivere ciò che ha trovato in internet. Ci pensa il Vescovo di Vitt.Veneto, Mons. Corrado Pizziolo, nella cui diocesi s’è consumato il “misfatto” dell’Assunta e che io avevo contattato per inviargli il mio articolo. Mons. Pizziolo mi ha segnalato che, in un intervento sul Corriere del 23 agosto, Antonio Stella afferma che la prima formula della Preghiera, per quanto veneranda (perché era appunto quella recitata dai nostri avi sui campi di battaglia di Russia, Balcani, Grecia, Francia e Africa), era stata cambiata dopo la guerra, perché conteneva frasi fuori tempo, come l’invocazione di protezione sul Re e sul Duce, ma anche perché stonava il fatto che l’autore, il colonnello bergamasco Gennaro Sora, nella guerra d’Africa, (a difesa della nostra millenaria civiltà cristiana??), aveva attuato orrende stragi all’iprite non solo di militari, ma anche di civili, bambini compresi.

Qualcuno, dopo l’intervento del celebrante della Messa dell’Assunta, ha avuto da ridire perché il reverendo non voleva che, recitando la preghiera nella vecchia forma, si mancasse di rispetto agli extracomunitari. Evidentemente il sacerdote, di fronte alla dilagante ostilità verso gli extracomunitari, intendeva correggere il nostro atteggiamento nei loro riguardi: in un luogo caratterizzato da una millenaria civiltà cristiana come una chiesa, soprattutto durante la Messa davanti al Signore che nel Vangelo ha detto: “Ero straniero e mi avete ospitato”, la chiusura del cuore è del tutto fuori luogo. Lodi perciò, e non vilipendio come c’è stato, per il celebrante di S. Pietro di Boldo.

Ma per favore, non venite a dirci che gli Alpini son pronti ad imbracciare le armi e a usarle, con la pretesa della benedizione del Signore, contro i miserabili che con i loro sgangherati barconi assalgono la nostra “ex-millenaria civiltà cristiana”. Forse lo pensano quelli che erano a Messa a S. Pietro di Boldo, forse lo pensa Salvini, ma, per carità: gli Alpini, come li conosciamo noi, sono forti, concreti e generosi, “armati di fede e di amore” come dice la loro Preghiera, insuperabili soprattutto nel mettere in pratica il motto del 5° Reggimento, ma che secondo me vale per tutti i reggimenti delle Penne Nere, e dice: “Mia per parì, ma per èss” (= Non per sembrare, ma per essere).