La parrocchia non è in vendita. E non è previsto che Berlusconi o De Benedetti la possano comprare

Foto: Berlusconi, da presidente del Consiglio, incontra Papa Ratzinger

C’è una “Fin” (credo stia per “finanziaria”) che con caparbia sistematicità manda anche ai parroci la sua pubblicità che inizia con la domanda a caratteri cubitali: «VOLETE VENDERE LA VOSTRA ATTIVITÁ OTTENENDO IL MASSIMO DEL VALORE? Per informazioni rivolgersi a noi».

STRANE IDEE SULLE PARROCCHIE

L’intraprendenza dei finanzieri è proprio senza limiti! E poi questi signori hanno un concetto ben buffo di noi parroci, e un concetto non molto… cattolico delle parrocchie. Di noi parroci pensano evidentemente che siamo della specie degli imprenditori, artigiani o industriali a seconda della stazza dell’impresa, ai quali è consentito di ampliare, mantenere, ridurre o anche liquidare l’impresa relativamente all’andamento del mercato. Alla parrocchia pensano come ad un’impresa finanziariamente stimabile e, in caso di crisi interna o esterna, cedibile al miglior offerente.

E poi i dirigenti della “Fin” in questione sono evidentemente convinti che la scristianizzazione sia tale che molti parroci possano verosimilmente sentirsi tentati di disfarsi della loro impresa. Ma fa ridere soprattutto che per loro ci possa essere chi abbia interesse a cimentarsi là dove i parroci sarebbero invece propensi a dichiarare fallimento.

Jannaci cantava: «Si potrebbe andare tutti insieme al tuo funerale…e vedere di nascosto l’effetto che fa». In questo caso, si potrebbe stare a vedere un Berlusconi o un De Benedetti acquistare una diocesi o, perché no?, tutta la Chiesa cattolica e gestirla con criteri nuovi, i loro criteri, e vedere di nascosto l’effetto che fa”.

“Oh Dio! – esclamò il parroco di Belsito quando gliene parlai – Io credo che, tutto sommato, sarà meglio che le cose restino così come sono”.

UNA PARROCCHIA ALLA BERLUSCONI?

“Certamente! Riesci a pensare una catechesi organizzata e diretta da Maria De Filippi? E le liturgie celebrate sotto la direzione di Sgarbi? E la pastorale progettata da Bruno Vespa?

Se voleva le cose alla Berlusconi, il Signore, quel giorno che ne ebbe l’occasione, non avrebbe rifiutato di buttarsi giù dal pinnacolo del tempio. Avrebbe anzi organizzato un lancio così spettacolare, che, al confronto, la famosa discesa dal cielo in elicottero di Maradona al San Paolo di Napoli sarebbe apparsa una bazzecola. E non sarebbe nemmeno scappato, quando, dopo la moltiplicazione dei pani, la folla cercò di farlo re». «E se voleva fare le cose alla Berlusconi, mica andava a reclutare un’armata Brancaleone come quella dei dodici Apostoli. Non ti pare?”.

MEGLIO ANCORA QUELLE ALLA GESÚ CRISTO

Tacemmo a lungo, come càpita spesso quando ci troviamo perplessi. Poi gli chiesi: “Ma perché mai il Signore l’ha messa in questi termini così poco efficientisti, anzi, proprio controproducenti?”.

Non rispose subito. Continuò per un po’ a tormentarsi in silenzio la punta del naso, sorridendo di tanto in tanto. Poi la sentenza arrivò immancabile: “Per me lo stile di Dio è molto più convincente e alla fine più produttivo di quello di Paperon De Paperoni”. Io non dissi nulla. Aspettai che riprendesse, perché evidentemente non aveva finito. Di fatti poco dopo riprese: “Vedi? Per esempio, per promuovere prodotti di bellezza nella pubblicità che cosa si fa? Ti prendono un fiore di fanciulla, che è già bella di suo senza bisogno di quei prodotti, e la portano come prova inverosimile delle virtù di questo o quel cosmetico. Il Signore invece, per far pubblicità alla sua grazia, prende delle persone veramente disgraziate e ne fa dei santi. Allora sì che si vede la potenza del prodotto”.

“Il Signore sì che se ne intende” ironizzai io.
“Secondo me, – concluse lui – lasciamo perdere quella sciocca pubblicità e teniamoci la nostra ditta, per quanto scalcinata. Fa acqua da 2000 anni, sembra sempre sull’orlo della bancarotta, ma mi sa tanto che questo rientri nei piani”.