I serpenti di Dario Righetti: l’arte attraversa i labirinti dell’inconscio. Al Centro San Bartolomeo

È un’indagine che affronta l’oscurità dell’anima quella di Dario Righetti, veronese, classe 1935. Le angosce più profonde diventano serpenti, o “bissi” come dice lui usando il dialetto veneto. Negli ultimi dieci anni questi bissi – che per Dario raffigurano le relazioni dolorose, le ferite inferte alla sua persona, coloro che gli hanno fatto del male e che popolano i tanti ricordi della segregazione in un ospedale psichiatrico – hanno dato forma a oltre seicento opere, un corpus imponente e psichedelico di serpenti esorcisti. La Fondazione Credito Bergamasco in occasione degli 80 anni di questo artista gli dedica una mostra particolare, aperta al Centro San Bartolomeo fino all’11 ottobre.

«L’esposizione dedicata a Dario Righetti» dichiara Angelo Piazzoli, Segretario Generale della Fondazione Credito Bergamasco e curatore della mostra «riassume il senso di una intensa vicenda esistenziale – segnata dalla malattia e dal dolore – nonché il significato di un personale e profondo itinerario di arte, inteso quale strumento di comunicazione, di espressione, di lotta, di liberazione, di redenzione. Antinomia certamente. I ricordi velenosi del passato sono una presenza esistenziale necessaria e, nel contempo, un tormento; tornando all’etimologia, sono pharmakon, veleno e medicina insieme.»

«Nostro auspicio e intendimento» prosegue il Segretario Generale della Fondazione Creberg «è che questa esposizione – ricca di colore, fascino e di suggestione – non si manifesti solo quale tributo ad un artista di eccellenti qualità, ma costituisca l’occasione per diffondere una cultura antistigma che educhi a considerare l’artista per il valore delle sue opere, essendo egli prima di tutto un artista con un vissuto di malattia e non un malato che fa arte». Righetti usa la tempera in modo insolito, denso e materico. Alterna i colori, anche quello è un percorso, tanto che in base alle caratteristiche cromatiche nella sua produzione si distinguono dei periodi “rosa”, “rosso”, “giallo”, “arancione”, “blu”, tutti rappresentati in questa esposizione.

Ha iniziato a dipingere da giovane nell’atelier aperto dallo scultore Michael Noble nell’ospedale psichiatrico di San Giacomo alla Tomba a Verona in cui è ricoverato. Come il famoso artista brut Carlo Zinelli – oggi noto a livello mondiale – anche Righetti entra a far parte del gruppo di pittori promossi da Noble che nell’atelier trovano una vera e propria oasi di libertà espressiva. Le loro opere saranno esposte a Milano e a Roma, oltre che a Verona, e di loro ebbero modo di parlare Alberto Moravia, Camilla Cederna, Alfonso Gatto e soprattutto Dino Buzzati che, in occasione della prima mostra tenutasi alla galleria La Cornice di Verona (1957), intitolò il catalogo da lui curato: Sono dei veri artisti.

L’esperienza manicomiale, iniziata a soli tredici anni (peraltro a causa di una malattia non psichiatrica) e segnata dal suo allontanamento dalla famiglia, fu traumatica quanto decisiva da un punto di vista artistico. Una volta uscito dall’ospedale, Righetti abbandona la pittura, che riprenderà solo nel 1985, all’età di settant’anni.

«Giorno dopo giorno, Righetti dipinge i suoi bissi. Solo la loro riproduzione artistica può esorcizzare tanto dolore» spiega Daniela Rosi, presidente del LAO, Laboratorio Artisti Outsider, e curatrice della mostra, «dipingerli è una necessità: per liberarsi dai serpenti è necessario evocarli con arte. Nella ripetizione quotidiana del rito, che dura ormai da un decennio, ci troviamo di fronte a una produzione straordinaria: una lunga teoria di opere astratte, di un’armonia e di una coerenza rare. Un esercizio davvero magistrale.»