Moroni, maestro del ritratto. Una grande mostra alle Gallerie d’Italia di Milano

Giovan Battista Moroni (Albino 1521-1580 circa) Devoto in contemplazione del battesimo di Cristo 1555 circa Olio su tela, 104,5 x 112,5 cm Collezione Gerolamo e Roberta Etro

Un’esposizione imperdibile, la prima dedicata alla sua carriera, protagonista un pittore innovatore e moderno. Stiamo parlando della mostra “Moroni (1521-1580). Il ritratto del suo tempo”, che si sta svolgendo presso le sale espositive delle Gallerie d’Italia in Piazza della Scala a Milano fino al 1° aprile 2024, cheintende celebrare l’artista bergamasco (Albino, 1520/1524 – 5 febbraio 1578/1579), tra i maggiori interpreti della pittura rinascimentale lombarda.

Autore anche di significative opere devozionali, presenti in mostra (numerose in prestito da parrocchie della diocesi di Bergamo), Moroni è noto soprattutto per la sua innovativa attività di ritrattista. Molti i ritratti realizzati dall’artista esposti definiti “ritratti in azione”, moderne raffigurazioni di personaggi, che, attraverso un gesto, uno sguardo, entrano in contatto con lo spettatore superando la lontananza emotiva e la staticità della ritrattistica ufficiale.

La mostra milanese, curata da Arturo Galansino e Simone Facchinetti, raccoglie oltre cento opere, distribuite in nove sezioni. Intende restituire un’immagine a tutto tondo del pittore a partire dai suoi esordi presso la bottega del Moretto per proseguire con il confronto con altri artisti contemporanei attivi in area lombarda quali Lorenzo Lotto, Gerolamo Savoldo e Moretto. Al fine di raggiungere la massima completezza espositiva, i dipinti sono affiancati a opere di Tiziano, Veronese e Tintoretto, per delineare un dialogo con le produzioni artistiche del tempo spaziando anche oltre i confini regionali. 

Prestigiosi i prestatori, fra i quali si annoverano sia importanti istituzioni italiane, come Accademia Carrara di Bergamo e Fondazione Brescia Musei, che sono anche partner della mostra, Gallerie degli Uffizi, Pinacoteca di Brera, Gallerie dell’Accademia di Venezia, sia istituzioni internazionali di grande rilevanza, come The National Gallery di Londra, Musée du Louvre, Museo Nacional del Prado, Kunsthistorisches Museum di Vienna, Gemäldegalerie – Staatliche Museen di Berlino, National Gallery of Art di Washington, Philadelphia Museum of Art. Ne parliamo con il curatore Simone Facchinetti.

  • Moroni si formò presso il pittore Alessandro Bonvicino, di Brescia, chiamato il Moretto da Brescia (1498-1554). Fu un’opportunità particolarmente favorevole? 

«Fu una grande opportunità per Moroni. In quel momento storico Bergamo viveva, a livello di cultura figurativa un periodo di grande crisi. Lorenzo Lotto aveva lasciato il territorio ormai da molti anni, la principale bottega attiva era costituita da questi pittori che si chiamavano Marinoni, originari di Desenzano, frazione del Comune di Albino, portatori di un modello di conservazione, non a caso, nei successivi decenni, questa bottega si sarebbe estinta. Quindi l’occasione di Moroni, di formarsi nella bottega di Moretto, considerato uno dei tre grandi maestri del primo Rinascimento bresciano, assieme al Romanino e al Savoldo, è stata irripetibile». 

  • Cosa rende unici i ritratti di Moroni, pensiamo per esempio al dipinto ad olio “Ritratto di giovane di profilo” conservato presso l’Accademia Carrara di Bergamo (1557-1559)? 

«Pittore anche di significative opere devozionali, Moroni è però noto soprattutto per la sua innovativa attività di ritrattista. I suoi ritratti sono unici, perché Moroni si applica in un ritratto molto specifico, che nel Cinquecento era chiamato “ritratto al naturale”. Significa un ritratto che non abbelliva, non migliorava le sembianze umane, non cercava neanche di aumentarne le qualità del carattere, la gravità del ruolo. Questo elemento del naturalismo oggi lo percepiamo come straordinariamente moderno. Questo è l’aspetto che ce lo rende così vicino, perché questo tipo di ritratto al naturale riduce i filtri di diversi secoli di distanza, che ci separano da questi personaggi e nell’osservarli, sembra quasi di averli conosciuti. Questo modo di fermare un istante, scattare l’istantanea di un volto, l’indagine di Moroni si concentra particolarmente sul volto». 

  • Quando avviene la riscoperta di Moroni? 

«Avviene nell’Ottocento, quando si crea un fenomeno di collezionismo delle sue opere, concentrato prevalentemente nei ritratti. Questo tema spiega la ribalta che avrà Moroni nel corso del tempo successivo. Finora mancava l’occasione di rappresentarlo nella giusta misura storica, la mostra è l’occasione che aspettavamo per celebrare nel modo più adeguato uno dei più importanti ritrattisti del Cinquecento». 

  • In quale anno Moroni dipinge “Madonna con il Bambino” conservato in Svizzera a Basilea presso il Kunsmuseum? 

«È un dipinto abbastanza giovanile, non sappiamo esattamente la data, ma supponiamo che sia stato realizzato nel quinto decennio del Cinquecento. L’opera risente profondamente del magistero di Moretto e si rifà al modello di un pittore del primo Cinquecento, che si chiamava Andrea Solari,  uno dei grandi pittori della cerchia leonardesca. La Madonna, che ha un viso molto giovane, sta allattando il Bambino, dietro di loro c’è una finestra, dove appare un albero di piccolo formato, che potremmo definire come una rappresentazione simbolica dell’albero della vita. Sul tavolo, di fronte alla Madonna c’è un libro dalla copertina di pelle rossa, probabilmente un libro di preghiere». 

  • La sezione dedicata alle pale appare veramente grandiosa. Ce ne vuole parlare? 

«È una sezione molto bella e riuscita, perché il tema è quello del ritratto all’interno della pala d’altare. Questo è rappresentato in mostra attraverso due dipinti che precedono Moroni: “Lo stendardo dell’esaltazione delle croci” di Moretto e “L’elemosina di Sant’Antonino” di Lorenzo Lotto, dove per la prima volta in un dipinto dei poveri in carne e ossa, delle persone vere, hanno posato per offrire il ritratto al naturale documentario. Questi due dipinti sono due straordinari precedenti». 

  • “Ritratto di sarto. (Il tagliapanni” 1572-1575 circa) è una sorta di immagine iconica di Moroni? 

«È uno dei suoi dipinti più celebri proveniente dalla National Gallery di Londra. Attraverso questo ritratto abbiamo sviluppato il tema della moda. Nel Cinquecento c’è questa moda del nero come colore etico, come colore che rappresenta anche comportamenti etici e si diffonde grazie all’uso del nero negli abiti che ne fa l’Imperatore Carlo V. Grazie a Carlo V il nero diventa il colore delle corti e per esempio anche quello dei mercanti veneziani. I tessuti per essere dipinti di nero hanno bisogno di una lavorazione particolare e Moroni è molto abile nel rappresentare queste diverse fatture di nero nei tessuti».