Idomeni e Calais. Gli immigrati di fronte all’Europa e alla sua “anima”

Foto: Calais, la “giungla”

MACEDONIA E CALAIS

Ormai non ci sono più argini. Siamo ancora in inverno e le ondate di immigrati continuano. Ci si può chiedere che cosa succederà con la primavera e il mare calmo. Una delle immagini che ha più impressionato, nei giorni scorsi, è stata quella dei migranti che, a Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia, hanno cercato di sfondare le barriere di filo spinato. Come hanno impressionato le ruspe che, a Calais, hanno iniziato a smantellare “la giungla”, il villaggio dei migranti che stanno aspettando il miracolo di un passaggio alla sognata Inghilterra.

GLI ARGINI NON FUNZIONANO

Lo spettatore, di fronte ai due “casi” si chiede: ma ci riusciranno le autorità della Macedonia e quelle della Francia a arginare il fenomeno? È difficile immaginare che gli immigrati arrivati alla barriera di Idomeni, tornino a casa. Ritenteranno da un’altra parte o imboccheranno la variante “italiana”. Ed è altrettanto difficile immaginare che i 5.000 di Calais rinuncino al sogno inglese. Si impianteranno da un’altra parte e nascerà un’altra giungla, a Calais, o altrove.

SPARARE NON SI PUÒ

Insomma, il fenomeno non solo è epocale, ma irreversibile. I migranti sanno che quelli che li vogliono ricacciare indietro possono costruire barriere o distruggere baracche, ma non possono sparare. Quella gente muore come mosche nei propri paesi ma, arrivati in Europa, la loro morte diventerebbe un caso internazionale. Perché questa è l’Europa: per le sue tradizioni culturali, l’Europa continua a coltivare una strana passione per le vittime. Se l’Europa perde quella passione, perde se stessa. Per cui, se qualcuno dei paesi europei, per ipotesi del tutto assurda, decidesse di sparare sugli immigrati, potrebbe, forse, evitare un’invasione, ma si metterebbe, automaticamente fuori dall’Europa: avendo uccido delle vittime, avrebbe ucciso se stesso.

Per questo l’unica strada percorribile è quella degli accordi che permettano di prendere in mano il fenomeno, distribuendosi pesi e costi. È la più difficile, ma non ce ne sono altre.  Altrimenti avremo da ospitare molte altre Idomeni e molte altre Calais.