Uomini di Dio. Di ogni fede. Mussulmani e cristiani, tolleranti e martiri

Foto: Khurram Zaki, assassinato il 7 maggio scorso

L’ultimo post su Facebook parlava dell’elezione a sindaco di Londra di Sadiq Khan, cittadino britannico musulmano originario del Pakistan. “In quest’era di terrorismo wahhabita e di islamofobia, Londra ha sollevato un passo oltre la discriminazione e le visioni bigotte ed è emersa come un grande centro di civiltà offrendo un grande esempio a tutto il mondo. Potremo mai in Pakistan eleggere un ahmadi, un indù o un cristiano? Dimenticatevelo”. A scriverlo è stato il pachistano di fede mussulmana Khurram Zaki, giornalista e attivista per i diritti umani. Poche ore dopo è stato assassinato: gli hanno sparato mentre si trovava seduto ai tavolini di un ristorante sulla strada e per lui non c’è stato scampo. Zaki un paio di anni fa, per solidarietà con la vessata minoranza cristiana, aveva letteralmente alzato e mostrato una croce, manifestando fianco a fianco con i cristiani attaccati e massacrati nelle loro chiese da fanatici islamici legati al movimento taleban. E si era idealmente caricato sulle spalle la croce della battaglia per la difesa dei diritti delle minoranze, reclamando soltanto di poter onorare il dovere di “costruire il Pakistan”, secondo libertà, giustizia, rispetto reciproco, fraternità. La sua storia ricorda quella del governatore del Punjab, Salma Taseer, ucciso nel 2001 dalla sua guardia del corpo perché aveva difeso Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte con l’accusa di aver offeso il profeta Maometto, e perché disapprovava la cosiddetta “legge nera”, la dura legge sulla blasfemia che umilia i non mussulmani e prevede punizioni severe per i trasgressori, fino all’ergastolo e alla pena capitale.

MUSSULMANI CHE NON FANNO NOTIZIA

Mussulmani coraggiosi che spesso non fanno notizia. Che raccontano con la vita e il martirio un’altra idea di Islam che conosciamo troppo poco. Come quel gruppo che in Kenia lo scorso dicembre ha evitato un’ennesima carneficina di cristiani ad opera del gruppo jihadista al Shabaab. I miliziani hanno assalito un bus intimando ai musulmani di separarsi dai cristiani per ucciderli, ma nessuno si è mosso. Anzi, secondo testimoni, la risposta è stata: “Uccideteci tutti o lasciateci andare”. Non solo: quando i passeggeri del pullman si sono resi conto che lungo la strada c’era un ostacolo e che si trattava di un agguato, le donne islamiche si sono tolte in fretta i loro chador e li hanno passati alle donne cristiane, dicendo: “Indossateli, così vi scambiano per musulmane e non vi fanno niente”. Di essere musulmane – hanno spiegato in seguito – loro avrebbero potuto dimostrarlo anche senza il velo, recitando un versetto del Corano o delle preghiere.

VEDERE CON GLI OCCHI DI DIO

Sono i giorni del ventesimo anniversario della morte dei monaci di Tibihrine. Martiri capaci di scrivere con il sangue una lettera viva della vicenda cristiana. Uomini tessitori di legami fecondi con il villaggio mussulmano che li ospitava. Monaci che nella vita comune hanno affinato lo sguardo, portandolo al cuore profondo della vicenda cristiana: “Vedere ogni uomo, anche il nemico, ogni cosa –tutte le cose, anche la morte violenta, con gli occhi di Dio” (Enzo Bianchi). Basta rileggere uno dei documenti spirituali più grandi del Novecento, il testamento di frère Christian, priore della piccola comunità: “Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito. (…) La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: ‘Dica adesso, quello che ne pensa!’. Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze.”
Dei sette monaci sono state trovate le teste ma non i corpi. Non sapevano i carnefici che questi erano già nella gloria di Dio.