“Quando pregate dite: Padre”. La preghiera di Gesù e la nostra

Foto: Gerusalemme, chiesa del Padre nostro

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli»”. Ed egli disse loro: “Quando pregate, dite: ‘Padre…'” (Vedi Vangelo di Luca 11, 1-13. Per leggere i testi liturgici di domenica 24 maggio, XVII del Tempo Ordinario, clicca qui).

Gesù ha appena finito di pregare il Padre e ora i suoi gli chiedono di insegnar anche loro a pregare. Forse c’è l’esigenza, per i discepoli, di avere le proprie preghiere, come avviene anche per altri gruppi religiosi.

GESÙ INSEGNA A PREGARE

Gesù, quindi, passa dal dialogo con il Padre al dialogo con i discepoli e insegna loro la sua preghiera: il Padre nostro. La “preghiera del Signore” ci è stata trasmesso in due versioni. Quella che recitiamo di solito si trova nel vangelo di Matteo. Quella di Luca, che ci viene proposta oggi, è la più breve ed è, probabilmente, quella più vicina alle parole stesse di Gesù.

Gesù, dunque, si rivolge a Dio chiamandolo “Padre”. Nella lingua aramaica usata da Gesù “Padre” è certamente Abbà. Nel “Padre nostro” di Matteo si aggiunge “che sei nei cieli”, che segnala la grandezza e la potenza di Dio. In Luca, invece, Dio è soltanto “abbà”, “papà”. Si ha quindi un senso di intimità molto profonda. Il termine “abbà”, come noto, è solo Gesù ad usarlo. In sintesi esso annuncia che Dio si è fatto molto vicino, è diventato “Padre”, anzi “papà”. Questa bella notizia viene ribadita dall’espressione che segue: venga il tuo regno: che veramente la vicinanza di Dio si realizzi, che Dio sia Padre per tutti e dappertutto.

A Dio Padre “vicinissimo” si chiede che “sia santificato” il suo nome. Santificare Dio o il suo nome significa che Dio viene riconosciuto come santo, cioè estraneo al peccato, unico, “Altro”. Ma “sia santificato il tuo nome” da parte di chi? Quando la bibbia non precisa da parte di chi, spesso si intende da parte di Dio. Quindi si chiede che sia Dio stesso a far sì che egli sia riconosciuto come santo. Solo lui può comunicarci il senso della sua santità, della sua unicità, della grandezza della sua paternità.

LE NECESSITÀ DEI FIGLI

Dopo le prime due domande che riguardano Dio, arrivano le domande che riguardano l’uomo. Del pane si dice che deve essere quello di “ogni giorno” e non soltanto di “oggi” come in Matteo. Il discepolo che segue Gesù ha lasciato tutto e quindi deve chiedere che sia Dio stesso a dargli il necessario.  Poi chiediamo a Dio di perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore. È quello che Gesù mette in scena con la parabola cosiddetta del servo spietato. Un signore condona un debito spropositato a un suo servo e questi, subito dopo, non è capace di perdonare un piccolo debito a un suo collega. Il padrone lo castiga duramente. Il perdono di Dio deve diventare perdono ai fratelli. Fa’, o Signore, che grazie al tuo perdono diventiamo capaci di perdonare a nostra volta.

E poi: “non ci indurre in tentazione”. La tentazione è da intendere come la grande tentazione che l’uomo di Dio deve affrontare, come Giobbe, come Abramo. E’ anche la “tentazione” di tutta la comunità: quella di rinnegare, di “perdere” Gesù e la sua Parola. Liberaci da questa tentazione, Signore, fa’ che restiamo sempre tuoi discepoli, non permettere che ci perdiamo.

L’AMICO CHE BUSSA A MEZZANOTTE

Gesù non si limita a insegnare la preghiera, ma vuole far capire quale deve essere lo stile del pregare e racconta la parabola dell’amico importuno, che va a svegliare un amico in piena notte. La famiglia ebraica dorme insieme in un’unica stanza, la casa è circondata da un muro che è stato chiuso da una sbarra. Di solito, quando si deve affrontare un viaggio, si parte al calare del sole, per evitare il caldo. Dunque un tale si è visto arrivare a casa, a mezzanotte, un amico che è in viaggio e che gli chiede ospitalità. Siamo in Medio Oriente: l’ospitalità non si può mai negare. Da notare nella preghiera di chi va a importunare un amico a mezzanotte è stato, a sua volta, importunato da un altro. Deve chiedere perché gli è stato chiesto. Chiede dunque, con insistenza e l’amico è costretto, anche solo per quell’insistenza, ad alzarsi e a dargli il pane che gli serve. Così deve fare il discepolo: chiedere senza mai stancarsi. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Le affermazioni di Gesù prolungano la parabola. Le domande dicono che sicuramente Dio ascolta, ma accennando allo Spirito Santo come al dono per eccellenza della preghiera, Luca vuole evitare l’idea un  esaudimento automatico.

DOMANDARE OSTINATAMENTE, COME ABRAMO

Le letture ci parlano, dunque della preghiera e soprattutto della preghiera di domanda. Abramo tratta ostinatamente con Dio: la sua povera parola umana ha, davvero, un potere straordinario. Il cristiano che prega, in effetti, sa di poter contare sulla stessa familiarità e ancora maggiore di quella goduta da Abramo davanti a Dio: può arrivare a chiamarlo Padre. Ma questo è possibile perché ha già ricevuto dei doni straordinari da Dio: il battesimo, come ci ricorda la seconda lettura. Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati, dice Paolo.

PREGHIERA CONCENTRATA SU DIO, NON SU NOI

Quante volte abbiamo avuto la sensazione di non essere stati ascoltati dal Signore? Ma come deve essere la preghiera, perché possiamo capire quando siamo ascoltati e quando no? Spesso, molto spesso, la nostra preghiera è ossessivamente centrata su di noi. Invece il Padre nostro incomincia da Dio: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno” (Come nel “Cantico delle creature” di s. Francesco: “Altissimu, onnipotente e bon Signore, tue so’ le laude e l’onore et omnes benedictione”… e solo dopo si loda per l’acqua, il fuoco, il sole…). E, anche quando preghiamo per noi, nella seconda parte, chiediamo, sì, il pane quotidiano, ma anche, insieme, il perdono dei peccati, come a dire che non abbiamo nulla da rivendicare e tutto, ma proprio tutto, da ricevere perché, appunto, siamo peccatori. Ecco la prima caratteristica della preghiera. Potremmo dirla, in sintesi così: la nostra preghiera deve essere una preghiera di figli. E poi, seconda caratteristica, deve essere insistente. Dio ci darà sicuramente… non tanto e non soprattutto quello che ci serve, ma lo Spirito Santo… Il “Padre nostro” fa nascere, inevitabilmente, la domanda: davvero è così la nostra preghiera?