Una vedova poverissima e ostinata ottiene l’impossibile. Così con la preghiera

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai… (Vedi Vangelo di Luca 18, 1-8. Per leggere i testi liturgici di domenica 16 ottobre, ventinovesima del Tempo Ordinario “C”, clicca qui)

IL GIUDICE POTENTE E INIQUO, LA VEDOVA DEBOLA E INSISTENTE

La parabola gira attorno a due protagonisti: il giudice senza scrupoli, da una parte, e la vedova dall’altra. Bisogna ricordare che la vedova era la figura povera per eccellenza in una società che non aveva nessuna forma di assistenza. Dunque, all’inizio, i due personaggi sono squilibrati: il giudice potentissimo, anche perché non teme nessuno, e la vedova debolissima, perché non ha nulla e non ha nessuno.

Lo squilibrio viene eliminato, non perché la vedova diventa forte, o perché il giudice diventa debole, ma solo perché la vedova insiste, fino a sfiancare il giudice. La vedova “vince” con le armi povere di cui dispone: la sua parola e il suo coraggio.

IL RITORNO DEL FIGLIO DELL’UOMO  E L’INCERTA FEDE DEGLI UOMINI

Gesù ha raccontato la parabola in modo tale che l’ascoltatore è quasi costretto a dargli ragione: ma certo, è così, non può essere che così. La comunità cristiana che, pochi anni dopo la pasqua di Gesù, ricorda le sue parole spesso è perseguitata, attraversa difficoltà innumerevoli e si scoraggia, perde la fiducia. La risposta di Gesù è rassicurante: il Padre non abbandonerà mai i suoi. Se c’è una differenza fra lui e il giudice è che, mentre il giudice fa penare la vedova e la fa aspettare, egli “farà giustizia prontamente”.

Tutto rassicurante, dunque. A parte, però, quella improvvisa, inquietante domanda finale: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” Perché quella domanda e che senso darle?

INSISTO CON DIO PERCHÉ SONO SUO FIGLIO

Forse si riesce a capire il senso di quella domanda se si risponde a un’altra: che cosa è la preghiera per Gesù. Soprattutto per il Gesù del vangelo di Luca la preghiera è una cosa sola con la fede. Non è una devozione che si aggiunge quasi dall’esterno. No, è l’espressione stessa della fede. Se ho fede, prego.

In questo contesto si può capire anche l’insistenza. Se mi rivolgo a mio padre per avere qualche cosa posso insistere molto, ripetere la mia richiesta, tornare alla carica parecchie volte. Lo posso fare perché è mio padre. Non posso comportarmi allo stesso modo con una persona che non conosco. La differenza che fa buona l’insistenza con mio padre e fuori posto l’insistenza con un estraneo è il legame che c’è fra me e mio padre, il bene che ci vogliamo. Così con il Signore. Se davvero Dio mi è padre, è nella logica che io insista, proprio e precisamente perché lui è mio Padre e io sono suo figlio.