Enzo Romeo racconta «Papa Francesco e le donne» nella Chiesa: «Una sfida non più rinviabile»

Enzo Romeo, vaticanista del Tg2, ha scritto Francesco e le donne (Paoline Editoriale Libri 2016, pp. 192, 23,00 euro, prefazione di Paloma García Ovejero, con interventi di Francesca Ambrogetti e Vania De Luca), nel quale il giornalista e saggista, attraverso una serie di figure femminili fondamentali nella vita di Papa Francesco, chiarisce il motivo per il quale «la questione della donna nella Chiesa sia destinata a rimanere centrale durante e dopo il pontificato bergogliano». Infatti «la strada da fare è tanta e siamo appena all’inizio del cammino. È anacronistico il ruolo ancillare che una parte del clero continua a ritagliare per le donne. E non so se basti la distinzione spesso fatta da Francesco tra “dimensione petrina” – quella degli apostoli e quindi dei vescovi – e “dimensione mariana”, che sebbene spiritualmente elevata, nei fatti costringe le donne a una posizione “collaterale” nella Chiesa», spiega Romeo, nato a Siderno nel 1959, il quale per la Rai (Tg1, Rai International e Tg2) ha seguito i principali avvenimenti internazionali e i pontificati di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e, ora, di Francesco.
Nella Premessa al testo scrive che «Papa Francesco ha confidato di ascoltare il parere di una donna prima di prendere decisioni importanti, perché la visione femminile completa lo sguardo sulla realtà e sui suoi problemi». È anche per questo che Bergoglio ha deciso di istituire una Commissione di Studio sul Diaconato delle donne?
«Non credo che sia stata una donna a suggerire l’istituzione della Commissione sul diaconato femminile. Scherzando il Papa ha detto che in America Latina quando si vuol affossare un progetto, si crea subito una commissione… Battute a parte, la decisione è stata presa dopo l’ultima udienza con le Superiore generali, in cui si parlò anche della possibilità del diaconato alle donne, ma l’idea era da tempo nella mente di Papa Francesco».
Rosa Vassallo Bergoglio, la nonna paterna del Santo Padre, che Lei definisce come una “luchadora”, una “lottatrice”, è stata fondamentale per la trasmissione della fede al piccolo Jorge. Ce ne vuole parlare brevemente?
«Tutti consideravano Rosa una “luchadora” per la determinazione e il coraggio con cui aveva affrontato le vicissitudini che l’avevano condotta col marito dal Piemonte a Buenos Aires. Ad Asti era stata un’attivista dell’Azione Cattolica, ed erano tempi difficili, perché Mussolini aveva proibito le adunate dei circoli giovanili dell’associazione. In Argentina nonna Rosa si concentrò sulla famiglia, pur restando una donna aperta al mondo. I nipoti erano spesso a casa sua e ricevettero la sua impronta educativa, dove l’attenzione agli altri e la carità cristiana erano elementi essenziali. Nonna Rosa ha insegnato a Jorge Bergoglio la vera misura delle cose. “Il sudario non ha tasche” diceva per rammentargli che ciò di cui preoccuparsi non sono i beni materiali, che non ci porteremo certo nell’aldilà».
Invece chi era la mamma di Jorge Bergoglio ed è vero che all’inizio non fu contenta della scelta del figlio di diventare sacerdote?
«Regina Sivori era anche lei figlia di immigrati italiani. La sua famiglia era originaria di Santa Giulia, un paesino in provincia di Genova, da cui proveniva anche il nonno paterno del calciatore Omar Sivori. Regina era una ragazza molto graziosa, ben curata, dall’aria un po’ civettuola. Ma aveva idee chiare e una solida fede cattolica. Conobbe il marito, Mario Bergoglio, all’oratorio salesiano. Brava sarta e ottima cuoca, sapeva ricavare il meglio dal poco che c’era. E aveva anche un certo eclettismo: ascoltava con i figli l’opera e la “traduceva” per loro, andava al cinema a vedere i film di Anna Magnani e allo stadio col piccolo Jorge a tifare per il San Lorenzo. Per il figlio maggiore aveva immaginato un futuro da medico o da biologo, anche Jorge a casa aveva detto di voler studiare materie scientifiche tenendo nascosta l’intenzione di entrare in seminario. Quando la mamma se ne rese conto, gli chiese arrabbiata perché avesse mentito. «Non ti ho mentito, io studio medicina, la medicina dell’anima» rispose il futuro papa. Regina soffrì il distacco del figlio che si trasferì a Cordoba presso il noviziato dei Gesuiti. Ma quando fu ordinato sacerdote, la mamma s’inginocchiò davanti a lui e gli chiese la benedizione».
Il primo “capo” di Jorge Bergoglio è stata una donna: Esther Ballestrino. Chi era la “Prof marxista”?
«Era una paraguayana laureata in biochimica e farmacia. Attratta dal marxismo, si batteva per i diritti delle donne e dei lavoratori, pronta a compromettersi per la causa che riteneva giusta. In Paraguay fece parte del Partito Rivoluzionario, ma un colpo di stato mise fine a quell’esperienza. Così la Ballestrino riparò in Argentina, dove cominciò a lavorare in un laboratorio di analisi cliniche, si sposò ed ebbe tre figlie. Jorge Bergoglio la conobbe all’inizio degli Anni Cinquanta, mentre stava per diplomarsi alla Scuola tecnica. Iniziò a frequentare il laboratorio della Ballestrino, per perfezionarsi nell’analisi sull’igiene alimentare. Severa ma fraterna, Esther insegnò al suo allievo a essere metodico e preciso. Gli trasmise anche il gusto dell’impegno per gli altri e il fervore per i valori a cui si crede. Esther e il marito accoglievano in casa esuli del Paraguay o del Cile, senza chiedere a quale partito appartenessero. Nella seconda metà degli Anni Settanta, con la dittatura militare, iniziarono i problemi. Fu sequestrato prima il genero e poi una delle figlie della Ballestrino, che riuscì a salvarsi anche con l’interessamento di padre Bergoglio. Ma alla fine fu Esther stessa a finire tra i desaparecidos».
La questione femminile per il Pontefice appare come “una sfida non più rinviabile” nella Chiesa, anche perché la presenza femminile nella Chiesa va scemando come sottolinea nel volume?
«Il problema dell’indifferentismo religioso non riguarda solo o tanto le donne, ma tutta la società nel suo complesso. Il fatto è che, fino a ieri, le donne erano la principale cinghia di trasmissione della fede. La madre trasmetteva le nozioni cristiane ai figli, dalle preghiere ai modelli di comportamento. E così le catechiste in parrocchia. Adesso non è più così e quindi cresce quella che è stata definita “la prima generazione incredula”. C’è, però, una questione più generale, che qui più interessa: la possibilità per le donne di offrire a pieno il proprio contributo nella Chiesa, anche ai livelli decisionali più alti, da dove sono in genere escluse. Il collegio apostolico è maschile, ma bisogna trovare comunque delle modalità perché la donna faccia sentire a pieno la sua voce e porti la propria visione e sensibilità, fattore che Francesco considera indispensabile».

Foto Siciliani/Gennari Sir