Gli esordi nel segno della risata. Certamente l’essere figlio di Steno è stato un punto di partenza importante per Carlo Vanzina, influenzato dallo sguardo irriverente e acuto del padre – tra i tanti titoli della sua filmografia si ricordano “Un giorno in pretura” (1953), “Un americano a Roma” (1954), “Piccola posta” (1955) o “Febbre da cavallo” (1976) – che ha donato spensieratezza al Paese negli anni della ripresa economica dopo le devastazioni della guerra. Ma è soprattutto la formazione sul campo con l’altro grande autore della commedia italiana, Mario Monicelli, a rafforzare l’estro e il metodo creativo di Carlo.

Con Monicelli fa l’aiuto regista in una serie di film all’inizio degli anni Settanta, tra cui “Brancaleone alle crociate” (1970) e “Amici miei” (1975). Carlo Vanzina trova poi l’idea giusta insieme al fratello Enrico per l’esordio dietro alla macchina da presa nel 1976 con “Luna di miele in tre”. È l’inizio di una feconda collaborazione lavorativa tra i due Vanzina, stabile e rigogliosa sino al 2017, con l’ultimo film realizzato “Caccia al tesoro”.

Il boom degli anni Ottanta nella “Milano da bere”. Carlo Vanzina aveva un legame particolare con la città di Milano, la “Milano da bere”, proposta in più di un film per il suo dinamismo, la capacità attrattiva e allo stesso tempo dispersiva, illusoria. A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta Carlo ed Enrico mostrano i volti di una gioventù rampante, centrata su se stessa e lontana dai grandi problemi della vita reale. Li vediamo infatti sognanti e alla moda in località balneari in “Sapore di mare” (1983), passando poi a una montagna esclusiva con “Vacanze di Natale” (1983) – film che apre il ciclo dei “cinepanettoni” con la coppia Massimo Boldi e Christian De Sica – sino alle avventure professionali in un mercato del lavoro sempre più incalzante con “Yuppies. I giovani di successo” (1986). Spazio anche alle vanesie avventure d’azzardo in “Montecarlo Gran Casinò” (1987). Negli stessi anni Carlo ed Enrico disegnano personaggi sopra le righe, enfatizzando stereotipi nascenti come in “Eccezzziunale… veramente” (1982), film che regala grande popolarità al giovane comico Diego Abatantuono.

Gli anni della maturità. La carica creativa e irriverente dei fratelli Vanzina, provocatoria sì ma mai pienamente sregolata o grossolana, non si interrompe alla fine degli anni Ottanta, bensì trova continua linfa per alimentarsi. Nei decenni successivi, infatti, a partire dagli anni Novanta, i due Vanzina mettono a segno una serie di titoli di richiamo, provando a esplorare anche generi diversi.Pensiamo all’omaggio al modello “I soliti ignoti” di Monicelli con il film “I mitici. Colpo gobbo a Milano” (1994), dove propongono una giovanissima Monica Bellucci, oppure “Selvaggi” (1995), nell’Italia segnata dal clima di “mani pulite”.
Certo, non sono mancati titoli più leggeri, allegri ma poco incisivi, come “Io no spik inglish” (1995) o “A spasso nel tempo” (1996). I Vanzina riscoprono poi le atmosfere degli anni Sessanta, con il film “Il cielo in una stanza” (1999) e la fiction tv “Anni Sessanta” (1999). Con la televisione proseguono poi con il ciclo per Mediaset “Un ciclone in famiglia” con Massimo Boldi, Barbara De Rossi, Maurizio Mattioli e Monica Scattini.
Entrando a passo deciso nel nuovo millennio, Carlo ed Enrico non hanno rallentato il loro ritmo produttivo, rispolverando grandi cult del passato come “Febbre da cavallo. La mandrakata” (2002) – dove ritrovano Gigi Proietti e omaggiano il cinema del padre Steno – oppure cimentandosi in commedie dalle tinte mélo come “Il pranzo della domenica” (2002).
Negli ultimi anni, infine, hanno mantenuto il loro modus creativo, puntando sempre a coinvolgere in ogni progetto un gran numero di attori italiani. Vediamo così in “Ex. Amici come prima!” (2011), “Mai Stati Uniti” (2013), “Un matrimonio da favola” (2014) o nell’ultimo “Caccia al tesoro” (2017): Vincenzo Salemme, Carlo Buccirosso, Serena Rossi, Stefania Rocca, Emilio Solfrizzi, Adriano Giannini, Giorgio Pasotti, Ricky Memphis, Paola Minaccioni, Ambra Angiolini, Anna Foglietta, ecc.

Non c’era Carlo senza Enrico. Nel ricordare il contributo cinematografico di Carlo Vanzina in più di 60 film tra cinema e fiction tv, non si può fare a meno di rimarcare il sodalizio familiare e artistico con il fratello Enrico.

Il segreto del loro successo è stato probabilmente quel legame granitico, presente, in famiglia e sul set. Ognuno aveva il suo specifico, il proprio compito in totale autonomia, ma nessuno dei due lavorava bene da solo. Non c’era Carlo senza Enrico, e non ci poteva essere Enrico senza Carlo. Si tratta di uno di quei straordinari e rari sodalizi creativi nel cinema e nell’industria culturale che hanno mantenuto la forza e la lucidità della loro intesa per oltre quattro decenni. Con la speranza ora che Enrico si faccia testimone del fratello, proseguendo nel regalare sorrisi e spensieratezza al pubblico italiano.