Stai dormendo. Profondamente. Sei in quella fase nella quale se ti svegliassero all’improvviso confonderesti realtà e sogno. E’ in questo preciso istante che senti un fruscio, socchiudi un occhio, vedi un’ombra. Nel buio ti appare una figura che si staglia in controluce, capelli arruffati, orso sottobraccio, dito in bocca. Rischi l’infarto ma riesci a biascicare qualche parola. “Oddio Alice, che c’è?!”.
“Mi fa male la pancia”. Se potessi descrivere ciò che scatta nel giro di due secondi nel cervello credo che uniresti il concetto di terrore a quello di sonno, il desiderio di far finta di non aver sentito alla sovrumana capacità di soccorrere tua figlia anche quando il tuo corpo non è ancora connesso. “Ok ok, vieni qui”. “Mamma mi fa maaaa…”. La frase non finisce, vomita. Ovviamente il getto finisce sul piumone ancora profumato di lavanderia tirato fuori dall’armadio il giorno stesso.
A quel punto sei già in modalità “agisco in automatico”. Togli la coperta, porti Alice in bagno, la consoli. “Dai tesoro, so che è fastidioso, ma vedrai che poi starai meglio”. E così ha inizio una nottata fatta di continui su e giù dal letto, il tutto accompagnato dal tentativo di non svegliare il fratello, che insomma, poverino, poi domani deve andare a scuola.
Quando scopri che è già mattina speri solo che un caffè possa fare l’impossibile. Ti organizzi, Alice sta a casa. La giornata corre come sempre, a sera lei sta meglio, tu speri di dormire. E sta lì l’errore. Perché verso le due inizi a sentire l’inconfondibile tosse “a foca” di quando a tuo figlio, una volta l’anno, arriva improvvisa quella forma d’asma che fa mancare anche a te il respiro. Corri al suo letto, lo calmi, lui è in tilt. Ci vogliono ore perché il respiro torni normale.
E anche ‘sta volta si dorme domani. Al mattino li spedisci a scuola entrambi, tu ti immergi in una giornata intensa senza alcuna corazza capace di difenderti. A sera crolli incrociando le dita. E niente, in piena notte Tommy ti fa capire che no, le dita incrociate non servono. E’ la volta della diarrea. E’ incredibile quanto i figli rendano capaci i genitori di affrontare cose che prima ritenevi insuperabili.
Giunti al mattino è evidente che Tommaso dovrà starsene a casa. Giunta a sera ti è chiaro invece che ora tocca a te. Terribile, ‘sta cosa che su di te i loro mali si scatenino amplificati non la butti giù facilmente. Alla fine, in quale modo, sopravvivi. Pian piano tutto torna nella norma, la notte riacquista la sua pace.
Ogni giorno all’ingresso della materna trovi un nuovo cartello ad accoglierti a suon di “si avvisa che si è verificato un caso di streptococco”. Ma tu non ci fai caso. “Specchio riflesso”, gli gridi tra te e te. Eviti la linguaccia e scappi via. Non si sa mai, i batteri, è assodato, di ironia ne hanno ben poca.