Trentanove morti in un camion. L’orrore infinito del traffico di esseri umani

Hanno perso tutto, perfino i loro nomi. Hanno passato i loro ultimi giorni di vita in un camion-congelatore: trentanove persone, trentotto adulti e un adolescente, stipati in pochi metri quadrati, al buio, al freddo, rubandosi a vicenda l’ultimo respiro. Li hanno trovati in un parcheggio, nella notte tra martedì e mercoledì, in un’area di stazionamento del Waterglade Industrial Park, a Grays, a circa 35 chilometri da Londra. Un doloroso groviglio di corpi senza nome, che vanno ad aggiungersi a quelli che ogni giorno finiscono in fondo al mare, e a quelli che semplicemente spariscono nel nulla.

Seguivano la cosiddetta “rotta balcanica”, dalla Turchia, forse dalla Siria, dal Medio Oriente o dall’Asia, diretti nel Regno Unito (la loro terra promessa) attraverso la Bulgaria.

Gli hanno portato via tutto, compresa la vita

Un itinerario forse meno appariscente di quello dei barconi, ma altrettanto drammatico. Anche su quelle strade scorre un flusso indomabile di persone armate di disperazione e di sogni, che non hanno altra scelta che affidarsi a spietati trafficanti di uomini: gli portano via tutto ciò che hanno, compresa la vita. Le loro esistenze non hanno alcun valore, spesso neppure la dignità di un ricordo.

E’ così facile per noi riportare fatti come questi in calce a una fila di numeri, nella tabella delle morti dei migranti, inserire il dato nella lunga lista delle questioni politiche irrisolte, e poi esporre i cadaveri alla vergogna dei commenti sui social network. Sono tutti modi per crearci una corazza e difenderci dal senso di ingiustizia che inevitabilmente nasce di fronte a un fatto orribile come questo. A guidare il camion era un giovane di 25 anni. Se n’è rimasto lì al volante, chissà se sapeva quale fosse il suo carico, quanto gli peserà addosso per il resto della vita. Chissà se li ha sentiti gridare, implorare, prima che l’aria finisse.

Ognuna di queste persone aveva una madre, un fratello, un figlio, un amico. Aveva uno sguardo, un sorriso, una voce, una preghiera. Aveva un valore non misurabile, non quantificabile nella definizione “nord e sud del mondo”.

Questo “incidente” riporta alla memoria crimini terribili, ricorda le immagini degli scompartimenti dei treni merci carichi di ebrei durante la Shoah. Solo che oggi sono i poveri ad essere mandati allo sterminio dai trafficanti. Chissà se l’orrore sarà abbastanza da spingere tutti noi – la comunità internazionale, l’Occidente – a prendere provvedimenti, a fare davvero qualcosa per fermarli. O se anche noi dovremo prima perdere tutto, perfino la nostra umanità.