Incapaci di aspettare il Natale

Mi è necessaria una premessa alla riflessione che intendo proporre: quanto esporrò è il mio parere personale su una questione che mi sta a cuore e non intende in alcun modo configurarsi come un giudizio nei confronti di alcuno. Ciascuno, come è giusto che sia, fa le sue scelte, soprattutto in casa sua. Io suggerisco soltanto alcuni spunti, con la massima disponibilità ad accogliere modi diversi di vedere le cose e proposte di confronto.

Una questione seria: gli alberi di Natale

La questione sta… negli alberi di Natale. Banale, penserà qualcuno. No, rispondo io, questione seria, serissima. Provo a illustrarla.

Ho visto in questi giorni fotografie, postate sui social o inviatemi da persone delle mie comunità, che mostrano gli alberi di Natale allestiti presso le abitazioni di queste famiglie, unitamente alle frasi di commento che accompagnano le immagini. Queste parole fanno riferimento alla felicità provata nell’allestire gli alberi, al pensiero sotteso alle decorazioni appositamente scelte e al senso di pace e di gioia che questo tradizionale simbolo natalizio suscita.

In particolare mi ha colpito il fatto che in diversi abbiano sottolineato che il desiderio di preparare l’albero luminoso e decorato già i primi giorni di novembre fosse quasi irrefrenabile.

Una incomprensibile frenesia

Ora, personalmente io ho provato un senso di fatica, con qualche sconfinamento nella tristezza, dinanzi a tutta questa frenesia. Non sto a riprendere i discorsi che ogni anno inesorabilmente ritornano sulla questione della perdita del senso autentico del Natale: abbiamo coscienza che nella nostra cultura il Natale è per molti un evento prettamente commerciale. Non solo, ma, purtroppo, è altrettanto fragile il senso di crescita nella bontà connesso a questo concetto umano, che al massimo concede un senso di tenerezza alla nascita del bambino Gesù. Non si coglie in questo evento storico il venire di Dio ad abitare tra gli uomini. Può perfino ridursi a essere una pura illusione, perché già il 26 dicembre ripartono quelle conflittualità che, se non sono state risolte con volontà e determinazione, dopo la breve pausa natalizia riesplodono con il loro carico distruttivo.

L’attesa si svuota

Sappiamo bene tutto questo. Quello che personalmente mi spaventa di più, però, è lo svuotamento dell’attesa, che va a braccetto con la cultura contemporanea dei tempi costantemente accelerati, che fanno assaggiare tutto ma non fanno gustare niente. Questo sì, mi preoccupa e mi impaurisce.

Il non saper aspettare mi fa paura, anche perché, connesso a questa incapacità, vedo avanzare un crescente senso di insoddisfazione nelle persone, che inevitabilmente scaturisce dal non soffermarsi mai a godere  del raggiungimento di quanto desiderato per tanto tempo (perché tutto viene subito conseguito!).

Non può che essere così: nella fretta di arrivare a Natale, non si gusta nulla: quando sarà Natale si vorranno le colombe e le uova di Pasqua, a Pasqua le spiagge e gli ombrelloni delle vacanza al mare di luglio, al mare il corso di snowboard delle vacanze natalizie successive. Stanti così le cose, quando è davvero il tempo della felicità? 

I saggi ritmi dei tempi liturgici

Da parte mia, preferisco restare fedele al coraggio dell’attesa trasmessami dai miei genitori. I primi di novembre si contemplano i Santi e si rivolgono i pensieri e le preghiere ai nostri cari che sono in Paradiso. Poi ci sarà la solennità di Cristo Re, che ci farà ricentrare l’attenzione sul senso della vita di tutti e ciascuno. L’8 dicembre, ad Avvento iniziato, sotto la protezione della Vergine Maria, a casa mia si allestirà il presepe, con i re magi ben lontani dalla capanna e la culla col Bambino coperta. Forse ci sarà anche l’albero, che con mio fratello Luca volevamo da piccoli accanto al presepe.

E vivremo l’attesa. Faremo fatica, a volte desidereremo che il tempo passi più in fretta.  I giorni scorreranno come sempre, insegnandoci la pazienza necessaria alla perseveranza, per condurci, il 25 dicembre, dinanzi a quella mangiatoia dove l’Infinitamente Piccolo ha trovato la sua prima dimora sulla terra e dove i pastori hanno potuto contemplare Colui che ha voluto salvarci condividendo con noi l’umanità.