Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. Sulle tracce di Telemaco, in viaggio per ritrovare la propria storia

Ritorno di Telemaco a Itaca e incontro con Penelope. Bassorilievo in gesso (1787-1790) - Antonio Canova

“Uomo non vidi mai così somigliante ad altro uomo,
né donna ad altra donna, si ch’io nel mirare stupisco,
come a Telemaco questi mi par che somigli, al figliuolo
d’Ulisse, animo eccelso, che in Itaca il figlio lasciava,
nato da poco, quando, per me, cagna senza pudore,
mossero a Troia gli Achivi, cercando la guerra feroce”.

E Menelao chioma bionda con queste parole rispose:
“Anch’io penso così, sposa mia, come tu congetturi:
ché tali e quali sono i suoi pie’, tali e quali le mani,
e come volge gli occhi, e il capo, e su, fino i capelli.
Ed ora appunto a Ulisse divin m’era corso il pensiero,
e ragionavo di lui, quanto ebbe a stentare, a soffrire,
per mia cagione (…)”

E Menelao chioma bionda con queste parole rispose:
“Caro, davvero hai parlato cosí come un uomo di senno

anche piú innanzi di te negli anni direbbe e farebbe.
Figlio di tanto padre davvero ti mostri parlando:
subito si riconosce la stirpe d’un uomo a cui Giove
e nelle nozze e nei figli concedere vuole fortuna”.

(Omero, Odissea, Canto IV, passim)

Prima di portare in scena in primo piano il protagonista che dà il nome all’opera, l’Odissea presenta in azione il figlio di Odisseo, Telemaco. Un adolescente di una ventina d’anni, che ha salutato il padre, in partenza per la guerra di Troia, quando era praticamente un neonato. Vive con la madre in una casa assediata dai pretendenti alla mano di Penelope e al trono di Itaca, che occupano la reggia cercando di usurpare il potere di Odisseo e violentarne la memoria. 

Telemaco vive quella straordinaria avventura di diventare grande attraverso una serie di passaggi densi di significato. Afferma la propria posizione in casa, imponendo la sua volontà alla madre (per difendere la libertà di espressione dell’aedo) e ai pretendenti (convocando un’assemblea che cambi la situazione, facendo cessare le gozzoviglie alle spalle di Odisseo). 

Poi parte. Ispirato dalla dea Atena, viaggia fuori da casa per recuperare notizie del padre, visitando gli amici che già hanno fatto ritorno dalla guerra. Ascolta i loro racconti, ma soprattutto si vede riconosciuto come simile al padre. Nestore (a Pilo) e Menelao (a Sparta) riconoscono in Telemaco gli stessi tratti di Odisseo. È l’occasione per ricostruire il ritratto del padre e insieme per costruire la propria personalità. Un viaggio che fa diventare grandi. Un viaggio che non è sinonimo di fuga, ribellione, sradicamento; anzi, all’opposto, è un’esperienza che fa ritrovare le proprie radici, fa recuperare la propria storia. Telemaco grazie alla restituzione della propria immagine fornita dagli altri passa dall’identità di un orfano, di uno sradicato a quella di degno figlio di un grande eroe. 

È un modello di formazione opposto rispetto allo schema tipico del Bildungsroman ottocentesco, in cui il selfmade man borghese si costruisce da solo, in opposizione alla sua famiglia. Qui non c’è una fuga dal padre bensì un viaggio verso il padre. Proprio mentre il padre sta ritornando verso casa.

Viaggiare è un momento imprescindibile nel percorso di crescita per tutti. Ma non necessariamente si tratta di una fuga dalla propria storia, anzi può essere un modo per recuperarla in modo autentico. Ed essere liberi davvero.