Criteri di discernimento ecclesiale

Leggendo gli "Atti degli Apostoli"

Come leggere i tempi che viviamo in modo buono e alla luce della fede? Me lo domando tante volte. Un ottimo spunto mi sembra essere quello che sta emergendo da un esercizio che, in accordo con il mio padre spirituale, st portando avanti, ossia la lettura, un capitolo al giorno, degli Atti degli Apostoli, unitamente a un po’di meditazione su questi testi.

Sono giunto al capitolo 14. Mi entusiasmano sempre i capitoli 13 e 14 degli Atti, dove si descrive la missione di Paolo e Barnaba. Ci sono passaggi splendidi: la vicenda del mago Elimas, la predicazione ai Giudei, la scelta di rivolgersi ai pagani, la guarigione del paralitico fino alla lapidazione di Paolo, alla quale egli sopravvive, descritta in conclusione al capitolo 14.

Ho provato a domandarmi: pensando a quanto fin qui letto, quali criteri buoni emergono per fare un buon discernimento della pastorale della Chiesa di oggi? Provo a suggerire qualche spunto, magari molto semplice, ma frutto della meditazione che ho cercato di fare.

Tutta la comunità evangelizza

Innanzitutto, emerge bene dagli Atti che, anche se ad operare sono due persone, resta comunque la comunità intera il soggetto dell’evangelizzazione. È responsabilità di tutti, non solo di qualcuno o dei preti la trasmissione della fede.

Quanto viene agito, poi, necessita di un raccontarsi le varie vicende, come fanno gli apostoli quando si incontrano, per verificare, fare un bilancio di quanto si è messo in atto. Questo, però, non va fatto per stabilire chi è stato più bravo, chi ha superato più brillantemente l’esame di apostolato, ma per  mettere in luce quanto Dio opera nella storia.

Che bello sarebbe, pensavo, se le nostre riunioni iniziassero con la domanda: “Cosa ha operato Dio di buono nella nostra comunità dall’ultima volta che ci siamo incontrati?”.  

Un passaggio ulteriore. Negli Atti degli Apostoli emerge fortemente la questione dei carismi e delle capacità personali di ciascuno.

Le capacità di ciascuno vengono valorizzate

Una Chiesa che agisce secondo il Vangelo deve valorizzare le capacità di ciascuno, evitando di cadere nell’ingenuità pseudodemocratica di pensare che, in fondo, l’uno vale l’altro, che tutti siano tra loro intercambiabili. No, affatto.

C’è chi è portato per fare il parroco o il curato e chi non lo è, chi è portato per un lavoro d’ufficio e chi no, chi per fare il cappellano d’ospedale e chi no.

Su questo, credo anche il parere della gente conti: la gente sa e sa dire quali sono le capacità e le fatiche dei suoi preti, su quali ambiti si sono sentiti aiutati e quali no; forse, l’ascolto della gente, della gente più semplice e per questo spesso più vera,  potrebbe essere una strada buona. Poi, una grande consolazione… a volte il lavoro pastorale sembra non portare a nulla, anzi, come capitato a San Paolo, finisce pure che si prendono sonore e dolorose bastonate.

È la logica del granellino di senape, allora, che deve guidarci; è il criterio di Gesù piuttosto che il numero di battesimi, matrimoni, cresime (per carità, i numeri dicono cose importanti, ma non tutto… e non possono essere l’unico criterio per prendere decisioni!).

Gli insegnamenti sono forti, ricchi, efficaci

Un altro passaggio mi ha colpito, leggendo gli Atti: la sinteticità degli insegnamenti che venivano impartiti dagli apostoli. Concisi, forti, ricchi, efficaci! Nulla a che vedere con certi “polpettoni teorici” con cui, forse per acquietare la coscienza di noi preti e collaboratori, riempiamo i nostri ragazzi appena si affacciano alla proposta religiosa. Possiamo pensare a qualcosa, a tal proposito? 

A livello pedagogico, un altro dato è emerso nella mia meditazione: il continuo ritorno da parte degli apostoli, Paolo in particolare, nei luoghi dove è già stato, per verificare come stanno le persone, se ce la fanno, come vanno le cose. È uno dei passaggi sui quali sto cercando di maturare io: l’accompagnamento che non abbandona, ma pur lasciando che ciascuno dei volontari si esprima secondo le sue capacità e il suo stile, continuamente accostarsi, chiedere, proporre aiuto, anche solo con qualche parola in più nell’informalità.

Infine, un passaggio per me decisivo, sul quale ammetto di far ancora molta fatica: la diversificazione delle proposte. Non tutti i bambini riescono a stare in un’aula per la catechesi, non per tutti gli adolescenti vanno bene i percorsi che proponiamo, non per tutti gli adulti vanno bene le proposte che facciamo. Ci sarà molto da lavorare, ma prima da pregare… perché il Signore ci illumini.. e noi ci lasciamo illuminare da Lui.