Case di riposo: il contatto coi cari solo tramite videochiamate. Ma la vicinanza è importante.

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Le case di riposo hanno chiuso nuovamente le loro porte, e i familiari dei parenti che si trovano in queste strutture possono comunicare con i propri cari solo tramite videochiamate. “Il problema è che non si vede la fine di questa situazione – racconta Mistica, la cui madre, 90 anni, si trova in una casa di riposo in media Val Seriana -. L’anziano ha paura di morire, come tutti. Ma togliergli l’aspetto di vicinanza è da valutare bene: così facendo non morirà di Coronavirus, ma lo si potrebbe far morire di solitudine, con il timore di essere abbandonato. Quando si parla degli aspetti sanitari ci si dimentica degli aspetti emotivi. L’emotività incide sulla salute, ma di questo non si tiene conto”.

La madre di Mistica si trova nella struttura da dicembre 2019: in precedenza le tre figlie si alternavano andando a casa sua  a dormire, compatibilmente con gli impegni lavorativi e familiari. Poi la scelta di inserimento in casa di riposo, dapprima mezza giornata, poi anche la notte. “Ci alternavamo e andavamo a trovarla tutti i giorni, per almeno un’ora – continua Mistica -. Questa casa di riposo era aperta al paese: la sera, quando andavamo a trovarla, sembrava quasi di essere in  piazza, potevi vedere  bambini, chi giocava a carte, chi guardava la tv, e altri che se ne stavano tranquilli a godersi il panorama. Vi erano tanti volontari che aiutavano, e nel piano dove si trova mia madre, che è quello in cui ci sono gli anziani più autonomi, le animatrici organizzavano diverse attività, dalle carte, alla proiezione di un film, al disegno e alla lettura dei libri. Il giovedì mattina li portavano a fare un giro al mercato e a bere il caffè al bar; si facevano anche diverse uscite, come in occasione delle feste patronali. Si festeggiavano i compleanni, si giocava a tombola. Ora invece le animatrici devono andare  su tutti i piani per effettuare le varie chiamate alle famiglie”.

Nonostante la situazione, Mistica riferisce che da parte della struttura c’è sempre stata molta disponibilità e flessibilità. Se da marzo e maggio, in piena emergenza, la struttura è stata chiusa, da giugno una volta a settimana si poteva andare a visitare i propri familiari, per circa mezz’ora, tempo che poteva allungarsi se non c’erano altri familiari in attesa. “C’è un buon clima e il personale cerca di fare il massimo. Ora, per quanto riguarda la videochiamata, si può fare anche tutti i giorni, mandando un messaggio e accordandosi con loro. Si può anche tentare di chiamare senza accordi precedenti, e quando loro trovano la chiamata ci scrivono dando la disponibilità per sentirci. Noi chiamiamo un giorno sì e uno no, per non sovraccaricare il personale. Credo che lasciare la responsabilità decisionale solo alla struttura sia un po’ rischioso. A livello regionale bisognerebbe creare la figura del volontario garantito, intendo controllato a livello sanitario, che possa fare da accompagnamento o supporto in questo momento in cui c’è carenza e sofferenza anche del personale”.

La quotidianità in questo periodo non è più come quella pre Covid: “Non so nel dettaglio cosa facciano tutto il giorno. Mia madre va a momenti: ci son giorni in cui capisce la gravità della situazione e dice di accettare ciò che sta succedendo, altri in cui si avvicina al tablet con il viso e ci chiede di riportarla a casa. L’ultima volta che ci siamo sentite era di buonumore. Dipende molto dal carattere della persona. Di sicuro togliere loro l’aspetto della vicinanza non è una cosa da poco. Bisognerebbe permettere di vivere bene il tempo che rimane loro su questa terra”. E conclude: “Negli ultimi quarant’anni ho visto molti cambiamenti a livello sanitario e sanitario – assistenziale, e non mi pare che siamo andati al passo con aspetti umani e culturali. Magari anche nelle istituzioni sanitarie, si potrebbe ripensare ad organizzarsi in piccoli nuclei, o magari riunire parenti e amici anziani per aiutarsi e farsi compagnia. Anche da questa crisi, mi auguro, si possa uscire con pensieri rinnovati”.