Dall’orto al panificio, nei laboratori si intessono percorsi di formazione e integrazione sociale

Ci sono laboratori dove si lavora il legno e si produce speranza. Dove si creano oggetti e si fabbrica futuro. Il lavoro qui ha il sapore della crescita. Un’industria della carità che è uno dei centri dove la vita della comunità don Milani è più attiva durante il girono. Mattina e pomeriggio tanti dei ragazzi ospiti della comunità, maggiorenni e minorenni, sono impegnati nell’orto, nella falegnameria, nell’assemblaggio, o nelle altre attività che hanno sede in diversi luoghi del Patronato di Sorisole.

Un’esperienza che ha sempre animato la linea educativa della comunità. Don Fausto Resmini sin da quando ha assunto la guida della casa ha voluto mettere all’opera i suoi ragazzi. Ora a coordinare i laboratori c’è Luca Ronzoni, presidente della cooperativa Il Mosaico.

“I laboratori a Sorisole ci sono da sempre, con un duplice obiettivo – inizia a raccontare -. C’è innanzitutto quello più semplice di fare una proposta di attività durante il giorno, evitando di lasciare a far nulla gli ospiti della comunità. All’inizio i laboratori nascono molto artigianali: c’erano l’intarsio, la legatoria, la ceramica; l’obiettivo principale era fare acquisire delle competenze per permettere agli ospiti di muoversi nel percorso di reintragrazione sociale. Nel tempo le attività proposte sono cambiate: alcuni di quelli artigianali sono cessati, spesso per il venir meno dei maestri d’arte che li proponevano, ma anche per le difficoltà di organizzazione delle attività in termini numerici. La ceramica e l’intarsio, per esempio, non ci sono più, la falegnameria invece sta continuando tuttora. Ne sono subentrati altri, come quello di assemblaggio, che in termini numerici risponde di più alle nostre necessità perché permette di impiegare mediamente 20/25 ragazzi ogni giorno. Pur non trasferendo magari delle competenze artigianali, aiuta nell’acquisizione delle competenze trasversali, che sono proprio il secondo obiettivo dei laboratori. È importante imparare aspetti come la gestione dei tempi e delle relazioni, il rispetto degli orari”.

Forme che cambiano e obiettivi che restano. “Tutti sono gestiti in modo che gli oggetti prodotti non vengano buttati via. Per restare vicini alla realtà, si ragiona in termini di ordinazione del cliente e consegna”. 

Un impegno che ha animato anche uno degli ultimi progetti avviati da don Fausto. “Alla fine del 2019 abbiamo acquisito un fornaio a Lallio, nella logica di avere qualcosa una proposta professionalizzante da offrire ai ragazzi: insegnare a fare il pane. A inizio 2020 abbiamo così inaugurato il panificio Doppio Zero, dove ad oggi hanno lavorato quattro persone, tra cui un ex detenuto. È un’iniziativa volta a favorire la prospettiva lavorativa dei ragazzi, costruendo direttamente dei posti dove andare a collocarsi nel mondo del lavoro. Don Fausto era partito anche con l’idea della riparazione delle biciclette, un po’ più difficile da sviluppare, ma l’idea comunque è di favorire il reinserimento, anche nell’ottica della popolazione straniera. Ci sono ragazzi che possono tornare al proprio paese avendo imparato un mestiere che rappresenta una competenza preziosa da spendere in un mondo meno sviluppato del nostro a livello produttivo”.

Una delle attività che si svolgono dentro la comunità è quella legata alla terra, anche in questo caso in prospettiva di espansione. “L’attività agricola trasferisce competenze legate alla terra e agli animali, dove il prendersi cura ha un grande significato – continua Luca -. Tra i progetti che stiamo sviluppando, oltre al panificio, ci sono proprio l’agricoltura e la manutenzione del verde: ne siamo talmente convinti che siamo passati da mezzo ettaro di terra coltivata alla fine del 2019 alla prospettiva di sei ettari”.

Legatoria, falegnameria, assemblaggio, serigrafia, attività agricole: tra maggiorenni e minorenni ogni giorno a Sorisole ci sono una quarantina di persone impegnate nei laboratori. Una macchina non facile da gestire. “Nei laboratori ci sono gli operatori della comunità, raramente dedicati esclusivamente a quello: generalmente gli educatori vivono anche la dimensione del laboratorio, che rappresenta un contesto più destrutturato, dove è possibile lavorare a livello educativo con i ragazzi. Poi tendiamo anche a responsabilizzare alcuni ospiti: per moltiplicare i luoghi dove si svolge il lavoro è necessario affidare un livello di responsabilità ai ragazzi più grandi, che rispondono bene, sono capaci anche di farsi accettare dagli altri”.

Il salto nel mondo del lavoro al di fuori dalla comunità, tuttavia, non sempre è facile. “Per i nostri ragazzi è sempre più faticoso trovare lavoro: molti partono da situazioni di fragilità personale e vanno a finire in una situazione di sfruttamento o si ritrovano ad essere sotto-pagati. Proprio per evitare queste situazioni spiacevoli, l’idea che stiamo cercando di portare avanti è di aumentare i posti di lavoro che noi direttamente siamo in grado di creare”.

Così è nato nei mesi scorsi il forno che sforna il pane a Lallio, così continua a dare forma a nuovi progetti la comunità.