Beppe Duci: “La pandemia mi ha spinto a lasciare il mondo della musica, ora mi occupo dei più fragili”

Venticinque anni di lavoro nel mondo della musica e dello spettacolo. Una passione che si è trasformata in una professione. Cresciuta sulle note dei sogni. Beppe Duci. Un nome, un volto, una voce che si sono fatti conoscere un po’ dappertutto, nel segno della simpatia, della professionalità e della capacità di far divertire. 

Una storia che nel 2020 ha vissuto una svolta radicale. La diffusione dell’epidemia con le relative norme anticontagio ha messo in soffitta l’organizzazione di feste e intrattenimenti. Beppe non ha reagito restando con le mani in mano a piangersi addosso, ma si è rimboccato le maniche e ha colto il momento giusto per solcare strade completamente nuove. 

“Sono partito nel 1995 lavorando con la mia grande passione: incantare, fare serate di animazione e canto – inizia a raccontare, ripercorrendo con il sorriso gli esordi della propria carriera -. Nel giro di due anni insieme ad un amico abbiamo creato un bel canale, con cui lavoravamo parecchio. Organizzavamo serate nei locali un po’ dappertutto, andavamo da Milano fino al lago. Quando queste sono diventate tante ho deciso di licenziarmi dal mio lavoro. Ho lasciato il mio posto in azienda, dove mi occupavo dell’ufficio spedizioni, e ho intrapreso a pieno questa strada, che si è rivelata subito ricca”. Feste private, matrimoni, serate nei locali. Beppe insieme ad un collega. “Facevamo ‘musicabaret’, portavamo l’ambiente del villaggio nei locali, intervallando canzoni a scenette e barzellette”.

Nel 2000 Beppe entra ancora di più in questo mondo. “Ho cominciato la direzione artistica di un locale vicino, La Cupola giorno e notte, e l’ho fatto per quattro anni. Ero direttore artistico e in certe occasioni anche dj, ma mi occupavo soprattutto di tenere i contatti con i gruppi e imbastire le serate. Facevamo tre o quattro serate a settimana. Ho avuto poi anche un mio locale a Bergamo, il Byron: la mia è stata l’ultima gestione prima della chiusura, nel 2006”.

Sempre lavorando in questo ambiente, Beppe parte per la Sardegna. “Sono rimasto tre anni, girando nel Sud della Sardegna: ho lavorato in situazioni diverse attraverso un’agenzia. Nel 2009 sono tornato in bergamasca, dove oltre a trovare tanto lavoro ho trovato anche mia moglie: da lì ho deciso di fermarmi e portare avanti l’attività che ho svolto fino a febbraio del 2020. Ho continuato a organizzare serate nei locali e feste private ma più vicino a casa, rimanendo sempre in bergamasca. Facevo dalle 180 alle 200 serate all’anno, sino al fatidico 22 febbraio 2020, giorno dell’ultima serata”.

Una data che ha fatto voltare pagina al mondo. E anche a Beppe. “Ho subito avuto l’impressione che le cose dovessero cambiare. Avevo la consapevolezza di aver dato e preso tanto dal mondo della musica e avevo l’idea di cambiare. Ho preso la palla al balzo e ho cominciato a mettere in giro il naso per cercare una nuova attività. Ho trovato nell’home-care una buona collocazione: era inizialmente un presentimento, ho fatto una formazione con un franchising, Teleserenità, a partire da giugno. Il 1° novembre ho aperto ufficialmente la mia agenzia Famiglia al centro, che ha sede ad Albino. La mole di lavoro è sicuramente importante, ma mi sembrano passati due giorni dall’apertura”. 

Un’agenzia che si occupa di home-care, assistenza a 360 gradi alle persone fragili.  “Si tratta di un lavoro complesso, si tratta di stipulare sia i contratti con i clienti sia quelli con le persone assunte (assistenti, operatori, badanti). Il mio franchising mi ha fatto un business plan in crescendo, attualmente sono in una fase di semina. Serve tanta conoscenza del territorio, anche attraverso enti e associazioni. Sto già lavorando con ATS e altri enti territoriali che si occupano di assistenza. Penso sia importante aprirsi un ampio orizzonte sul mondo della fragilità. Ho già avuto delle buone collaborazioni con associazioni come Conosci LIS: ho messo loro a disposizione il mio ufficio come vetrina per l’iniziativa delle maschere trasparenti che permettono di vedere il labiale e stiamo collaborando per riuscire ad avere interpreti del linguaggio dei segni in consigli e assemblee del territorio. Ancora, con la fondazione Grizzly che si occupa di bambini e ragazzi in difficoltà”.

Non è stato facile. Ma si è rivelata la strada giusta per reinventarsi dentro la crisi. “Sono partito da zero. Sicuramente c’è stato sconforto perché ho lasciato il mondo in cui ho vissuto per tanti anni, il coraggio della scelta si accompagna all’esigenza di uscire da uno stato di empasse che perdura”.

Un addio che non comporta il venire meno degli impegni già presi. “Tuttora ho delle date ancora aperte, in particolare feste private come i matrimoni: non si sa ancora se si faranno e in quali termini. Grazie a questa nuova attività io so di potermi gestire in modo da portare a termine anche il mio vecchio lavoro. Non verrò meno agli impegni presi, ma ho deciso che ormai questo è diventato il vecchio lavoro, non tornerò indietro”.

La nostalgia c’è. Ma la determinazione nelle proprie scelte anche. “Certo che manca quello che ho fatto per così tanto tempo. Ho la passione per il canto e per la musica, questa resta e resterà ma prenderà un’altra piega: il ritorno alle origini sarà possibile solo tenendola come passione”.