Diario di Ramadan: la festa di Eid el Fitr in un Paese diverso

Proponiamo anche quest’anno una rubrica per raccontare il Ramadan e capire meglio e più da vicino che cosa accade in questo periodo nelle comunità musulmane che vivono tra di noi. L’iniziativa nasce in collaborazione con l’Ufficio diocesano per il dialogo interreligioso di Bergamo: un approfondimento culturale a sostegno della conoscenza reciproca e del dialogo. Protagonista di questo “diario” è una giovane studentessa universitaria che vive e lavora nella nostra provincia. 

Questo episodio è arrivato un po’ tardi lo so.  L’ho anche scritto qualche giorno dopo l’Eid-al-saghir (la festa piccola che corrisponde alla fine del mese di Ramadan chiamata anche Eid-el-Fitr: festa della rottura del digiuno), lo ammetto. Ma sono stati giorni intensi.  

Questo episodio già ce l’avevo in mente. Volevo parlare di come il giorno del Eid ci si alza a fare colazione. Di come i bambini ricevono i regali. Ci si veste con vestiti nuovi. Si condivide il cibo, si fa la beneficenza. Di solito ci si riunisce in famiglia.  La famiglia allargata. Cosa che per molti qui in Italia non è  possibile e quindi è un giorno di chiamate e videochiamate. Gif su WhatsApp e tag su Facebook da familiari di cui non ricordi neanche il nome. Volevo riflettere sul fatto che nonostante le celebrazioni, si va comunque a scuola (se ci assenta ci si giustifica con “motivi familiari”), si va al lavoro.  E un po’ il peso dell’immigrazione si fa sentire.  Il giorno di Natale 2020 ricordo di aver sentito il mio amico ligure che si era da poco trasferito a Tokio. Mi raccontò di come lì non si fosse neanche accorto che eravamo in tempo di festività natalizie. Non lo sentiva.  Era un mese e un giorno come tutti gli altri. Era un po’ triste a pensare di non essere con la famiglia. Ed avevo empatizzato con lui perché conoscevo in parte quella sensazione. In parte perché comunque io durante le feste stavo coi miei genitori, erano loro quelli lontani dalle loro sorelle  e fratelli. Ecco volevo parlare di tante cose ma come ho detto, sono stati giorni intensi. Nell’ultimo mese ho seguito le vicende in Palestina e ho accumulato così tanta tensione che sono arrivata alla fine di Ramadan un po’ stremata. Mentre io il 13 me ne stavo tranquilla a mangiare un pasto caldo in compagnia di amici e famigliari, in quella striscia di terra dimenticata dall’umanità le persone non potevano festeggiare perché venivano tirate da sotto le macerie a decine. Non voglio trasformare questo racconto in un racconto di cronaca. Volevo solo  esporre la mia riflessione e farvi riflettere con me su quanto siamo fortunati di doverci preoccupare di cose come il nostro sushi preferito che chiude, o quella multa inaspettata o di quel Eid in un paese diverso. Detto questo vi saluto.

È stato bello parlare con voi e vi lascio con l’augurio che prima o poi potremo festeggiare il Natale, l’Eid e l’Hanukkah tutti assieme, gli uni accanto agli altri. 

Assalamu ‘Alaikom (che la pace sia con voi).

Noha Tofeile